Sebbene a partire dal Consiglio europeo di Lisbona (2000) l’incremento del «tasso di occupazione» abbia assunto una rilevanza centrale tra gli obiettivi delle istituzioni titolari delle competenze di politica del lavoro, questo indirizzo coesiste con la strategia della BCE di mantenere un elevato «tasso di disoccupazione» ai fini del contrasto ai fenomeni di instabilità monetaria prescritto dall’art. 127 del Trattato. In questo lavoro si argomenta che, dietro questo contorto dispositivo di comunicazione istituzionale si cela, in realtà, l’intento di accrescere la partecipazione al mercato del lavoro a fini di disciplinamento della dinamica salariale. Si sostiene inoltre che, per fornire incentivi adeguati alla mobilitazione delle forze di lavoro, le istituzioni dell’UE si sono servite di due diversi strumenti a seconda delle specificità istituzionali dei singoli Paesi. Nei Paesi dotati di un sistema di ammortizzatori sociali ad elevato grado di copertura, l’attivazione al lavoro ha fatto leva sull’istituzione di un nesso di sinallagmaticità tra erogazione dei sussidi e assunzione di un impegno dei beneficiari alla ricerca attiva di un lavoro. Al contrario, nei Paesi privi di programmi generalizzati di contrasto alla povertà come l’Italia, il focus è stato posto sulla compressione della spesa pensionistica, «colpevole» di alimentare un tessuto di micro-agenzie di assicurazione sociale a base familiare causa di presunti effetti distorsivi sull’offerta di lavoro

Linguaggio e governo della società. Riflessioni sul lessico delle politiche del lavoro delle istituzioni europee

Salvatore D'Acunto
2024

Abstract

Sebbene a partire dal Consiglio europeo di Lisbona (2000) l’incremento del «tasso di occupazione» abbia assunto una rilevanza centrale tra gli obiettivi delle istituzioni titolari delle competenze di politica del lavoro, questo indirizzo coesiste con la strategia della BCE di mantenere un elevato «tasso di disoccupazione» ai fini del contrasto ai fenomeni di instabilità monetaria prescritto dall’art. 127 del Trattato. In questo lavoro si argomenta che, dietro questo contorto dispositivo di comunicazione istituzionale si cela, in realtà, l’intento di accrescere la partecipazione al mercato del lavoro a fini di disciplinamento della dinamica salariale. Si sostiene inoltre che, per fornire incentivi adeguati alla mobilitazione delle forze di lavoro, le istituzioni dell’UE si sono servite di due diversi strumenti a seconda delle specificità istituzionali dei singoli Paesi. Nei Paesi dotati di un sistema di ammortizzatori sociali ad elevato grado di copertura, l’attivazione al lavoro ha fatto leva sull’istituzione di un nesso di sinallagmaticità tra erogazione dei sussidi e assunzione di un impegno dei beneficiari alla ricerca attiva di un lavoro. Al contrario, nei Paesi privi di programmi generalizzati di contrasto alla povertà come l’Italia, il focus è stato posto sulla compressione della spesa pensionistica, «colpevole» di alimentare un tessuto di micro-agenzie di assicurazione sociale a base familiare causa di presunti effetti distorsivi sull’offerta di lavoro
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