Il contributo propone una riflessione sulle attività inerenti alla comunicazione degli archivi: quali sono stati e sono gli approcci descrittivi e comunicativi tra tradizione consolidata e nuove prospettive; quali ricadute hanno su una comunità che desidereremmo si allargasse dalla cerchia ristretta dell'utenza scientifica alle più ampie fasce della società. Comunicare gli archivi ha significato, per lunghi anni, comunicare il patrimonio archivistico. Comunicare il patrimonio archivistico ha significato, per lunghi anni, mettere a disposizione di un'utenza esperta e scientificamente motivata forme sempre più omogenee e standardizzate di strumenti per la ricerca. Compito “istituzionale”, nobilissimo ed indispensabile che però sconta, per la sua stessa intrinseca specificità, il limite della divulgazione selettiva e della mancata contribuzione alla diffusione di valori e contenuti civili e sociali di cui gli archivi sono intrisi, a saperli vedere e veicolare. La necessità di rendere accessibile ai più il patrimonio archivistico, di comunicare e comunicarsi, superando la cerchia degli addetti ai lavori e delle funzionalità di mera ricerca scientifica, è esigenza che dopo episodiche sperimentazioni si è andata imponendo con sempre maggior frequenza e ha trovato prime forme di esplicitazione nelle mostre documentarie, nei laboratori didattici, in quelli di scrittura narrativa e in quelli di teatralizzazione documentale, nell'istituzione di musei aggregati agli archivi  quasi esclusivamente agli archivi d'impresa, attori di pratiche di heritage culturale . Tutte attività impostate alla luce del massimo comun denominatore dell' intercettazione di un pubblico più ampio a cui offrire chiavi di lettura alternative attraverso un diverso approccio ai documenti. Ma si può fare di più. Si può spostare il focus sulla scala valori del cittadino-visitatore-fruitore.

La memoria rappresentata: dalla descrizione inventariale agli archivi narranti

Damiani Concetta
2019

Abstract

Il contributo propone una riflessione sulle attività inerenti alla comunicazione degli archivi: quali sono stati e sono gli approcci descrittivi e comunicativi tra tradizione consolidata e nuove prospettive; quali ricadute hanno su una comunità che desidereremmo si allargasse dalla cerchia ristretta dell'utenza scientifica alle più ampie fasce della società. Comunicare gli archivi ha significato, per lunghi anni, comunicare il patrimonio archivistico. Comunicare il patrimonio archivistico ha significato, per lunghi anni, mettere a disposizione di un'utenza esperta e scientificamente motivata forme sempre più omogenee e standardizzate di strumenti per la ricerca. Compito “istituzionale”, nobilissimo ed indispensabile che però sconta, per la sua stessa intrinseca specificità, il limite della divulgazione selettiva e della mancata contribuzione alla diffusione di valori e contenuti civili e sociali di cui gli archivi sono intrisi, a saperli vedere e veicolare. La necessità di rendere accessibile ai più il patrimonio archivistico, di comunicare e comunicarsi, superando la cerchia degli addetti ai lavori e delle funzionalità di mera ricerca scientifica, è esigenza che dopo episodiche sperimentazioni si è andata imponendo con sempre maggior frequenza e ha trovato prime forme di esplicitazione nelle mostre documentarie, nei laboratori didattici, in quelli di scrittura narrativa e in quelli di teatralizzazione documentale, nell'istituzione di musei aggregati agli archivi  quasi esclusivamente agli archivi d'impresa, attori di pratiche di heritage culturale . Tutte attività impostate alla luce del massimo comun denominatore dell' intercettazione di un pubblico più ampio a cui offrire chiavi di lettura alternative attraverso un diverso approccio ai documenti. Ma si può fare di più. Si può spostare il focus sulla scala valori del cittadino-visitatore-fruitore.
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