In uno dei passaggi-chiave della sentenza n. 141/2019, la Corte costituzionale italiana ha ritenuto che la decisione di prostituirsi è, quasi sempre, una scelta non libera, in quanto condizionata da fattori -economici, sociali, affettivi etc.- che non possono non influenzare la libera autodeterminazione dell’individuo. La Corte ha pertanto dichiarato non fondate, nella sentenza poc’anzi citata, le questioni sollevate dalla Corte d’appello di Bari in riferimento alle disposizioni della “legge Merlin”, che puniscono il reclutamento e il favoreggiamento della prostituzione (v. nota 1). A parere della Corte costituzionale, tali disposizioni mantengono intatta la propria validità dal momento che esse, incriminando le condotte di reclutamento e il favoreggiamento della prostituzione, sono volte a tutelare i diritti fondamentali delle persone vulnerabili e la dignità umana. Per quanto la libertà sessuale sia senz’altro un diritto fondamentale, essa non vale però anche a giustificare quelle condotte, tuttora previste come reati dalla legge Merlin. Dell’intera questione, noi vorremmo qui isolare un singolo profilo, concernente il principio di offensività. Più precisamente, il tentativo perseguito in questa sede mira ad approfondire il giudizio di entrambe le Corti sulla concreta offensività della norma penale impugnata. Ciò vorrà dire orientare la lettura del principio in base al quale non può esservi reato senza offesa a un bene giuridico (il principio di offensività, appunto) verso una considerazione dei fatti rilevanti per il diritto ancor più accentuata di quanto non emerga dall’ordinanza della Corte di Bari e dalla sentenza della Corte costituzionale

Del reclutare escort per un Premier: chi offende cosa? Riflessioni sul rapporto tra diritto e fatto in un affaire giudiziario

daniela bifulco
2021

Abstract

In uno dei passaggi-chiave della sentenza n. 141/2019, la Corte costituzionale italiana ha ritenuto che la decisione di prostituirsi è, quasi sempre, una scelta non libera, in quanto condizionata da fattori -economici, sociali, affettivi etc.- che non possono non influenzare la libera autodeterminazione dell’individuo. La Corte ha pertanto dichiarato non fondate, nella sentenza poc’anzi citata, le questioni sollevate dalla Corte d’appello di Bari in riferimento alle disposizioni della “legge Merlin”, che puniscono il reclutamento e il favoreggiamento della prostituzione (v. nota 1). A parere della Corte costituzionale, tali disposizioni mantengono intatta la propria validità dal momento che esse, incriminando le condotte di reclutamento e il favoreggiamento della prostituzione, sono volte a tutelare i diritti fondamentali delle persone vulnerabili e la dignità umana. Per quanto la libertà sessuale sia senz’altro un diritto fondamentale, essa non vale però anche a giustificare quelle condotte, tuttora previste come reati dalla legge Merlin. Dell’intera questione, noi vorremmo qui isolare un singolo profilo, concernente il principio di offensività. Più precisamente, il tentativo perseguito in questa sede mira ad approfondire il giudizio di entrambe le Corti sulla concreta offensività della norma penale impugnata. Ciò vorrà dire orientare la lettura del principio in base al quale non può esservi reato senza offesa a un bene giuridico (il principio di offensività, appunto) verso una considerazione dei fatti rilevanti per il diritto ancor più accentuata di quanto non emerga dall’ordinanza della Corte di Bari e dalla sentenza della Corte costituzionale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/450623
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