Nella concezione classica, si ritiene che i sensi servano da semplici sensori biologici e che la funzione principale individuata per la percezione e per la rappresentazione sia quella di garantire la nostra conoscenza del mondo. Ad esempio, la stessa rappresentazione visiva si formerebbe nel nostro cervello quando vediamo e riconosciamo un oggetto (es., una tazza), e quando decidiamo di afferrarlo. Su questa base si è, tradizionalmente, pensato che questi due tipi di percezione (riconoscere e agire) utilizzassero le stesse rappresentazioni e gli stessi processi sensoriali. In base a questo approccio teorico, le informazioni provenienti dai nostri sensi sono così elaborate e sintetizzate dal cervello allo scopo di generare una rappresentazione del mondo esterno, degli oggetti ed eventi che lo popolano e della loro disposizione nello spazio. Tuttavia, questo livello di analisi rivela limiti per le neuroscienze cognitive che cercano di comprendere la percezione come processo cognitivo globale (Bruno & Franz, 2009). Recenti evidenze hanno, difatti, dimostrato che questi due aspetti della percezione, spesso definiti percezione per il riconoscimento e percezione per l’azione, dipendono da vie nervose e meccanismi funzionali distinti (Bruno & Franz, 2009; Creem-Regehr & Kunz, 2010; Gallese, 2007; Milner & Goodale, 1995, 2008; Rizzolatti & Matelli, 2003; Schenk, 2006). Accanto a queste evidenze, inoltre, si statuiscono lungo un continuum i contributi scientifici che affermano l’importanza della rappresentazione dello spazio e degli elementi che lo occupano nel controllo delle azioni. Su queste basi teoriche, in questo contributo, verranno prese in esame le principali caratteristiche del sistema percettivo che guida l’azione illustrando i principali studi sperimentali con soggetti normali e con pazienti neurologici che hanno consentito di formulare e approfondire l’ipotesi di due sistemi visivi separati: percezione per il riconoscimento e percezione per l’azione (Milner & Goodale, 1995, 2008; Rizzolatti & Matelli, 2003; Perenin & Vighetto, 1998), e dei disturbi che provocano alterazioni selettive nella capacità di rappresentare le informazioni dello spazio esterno (Berti & Frassinetti, 2000; Buxbaum & Coslett, 1997; Buxbaum et al., 2004; Creem-Regehr & Kunz, 2010; Iachini & Ruggiero, 2006; Iachini et al., 2008; Vallar et al., 1999). Si farà, a questo proposito, riferimento all’atassia ottica (incapacità di coordinare movimenti verso oggetti), all’agnosia (incapacità di riconoscere oggetti), all’eminattenzione spaziale unilaterale (negligenza dello spazio controlesionale), ai disturbi topografici (incapacità di orientarsi nello spazio), e alle alterazioni visuospaziali conseguenti all’insorgenza di malattie neurodegenerative (Possin, 2010).
Alterazioni della percezione e rappresentazione dello spazio acquisite
G. Ruggiero
Writing – Original Draft Preparation
2011
Abstract
Nella concezione classica, si ritiene che i sensi servano da semplici sensori biologici e che la funzione principale individuata per la percezione e per la rappresentazione sia quella di garantire la nostra conoscenza del mondo. Ad esempio, la stessa rappresentazione visiva si formerebbe nel nostro cervello quando vediamo e riconosciamo un oggetto (es., una tazza), e quando decidiamo di afferrarlo. Su questa base si è, tradizionalmente, pensato che questi due tipi di percezione (riconoscere e agire) utilizzassero le stesse rappresentazioni e gli stessi processi sensoriali. In base a questo approccio teorico, le informazioni provenienti dai nostri sensi sono così elaborate e sintetizzate dal cervello allo scopo di generare una rappresentazione del mondo esterno, degli oggetti ed eventi che lo popolano e della loro disposizione nello spazio. Tuttavia, questo livello di analisi rivela limiti per le neuroscienze cognitive che cercano di comprendere la percezione come processo cognitivo globale (Bruno & Franz, 2009). Recenti evidenze hanno, difatti, dimostrato che questi due aspetti della percezione, spesso definiti percezione per il riconoscimento e percezione per l’azione, dipendono da vie nervose e meccanismi funzionali distinti (Bruno & Franz, 2009; Creem-Regehr & Kunz, 2010; Gallese, 2007; Milner & Goodale, 1995, 2008; Rizzolatti & Matelli, 2003; Schenk, 2006). Accanto a queste evidenze, inoltre, si statuiscono lungo un continuum i contributi scientifici che affermano l’importanza della rappresentazione dello spazio e degli elementi che lo occupano nel controllo delle azioni. Su queste basi teoriche, in questo contributo, verranno prese in esame le principali caratteristiche del sistema percettivo che guida l’azione illustrando i principali studi sperimentali con soggetti normali e con pazienti neurologici che hanno consentito di formulare e approfondire l’ipotesi di due sistemi visivi separati: percezione per il riconoscimento e percezione per l’azione (Milner & Goodale, 1995, 2008; Rizzolatti & Matelli, 2003; Perenin & Vighetto, 1998), e dei disturbi che provocano alterazioni selettive nella capacità di rappresentare le informazioni dello spazio esterno (Berti & Frassinetti, 2000; Buxbaum & Coslett, 1997; Buxbaum et al., 2004; Creem-Regehr & Kunz, 2010; Iachini & Ruggiero, 2006; Iachini et al., 2008; Vallar et al., 1999). Si farà, a questo proposito, riferimento all’atassia ottica (incapacità di coordinare movimenti verso oggetti), all’agnosia (incapacità di riconoscere oggetti), all’eminattenzione spaziale unilaterale (negligenza dello spazio controlesionale), ai disturbi topografici (incapacità di orientarsi nello spazio), e alle alterazioni visuospaziali conseguenti all’insorgenza di malattie neurodegenerative (Possin, 2010).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.