Il tradizionale inquadramento teorico della funzione giustiziale si innesta all’interno di una visione gerarchica e marcatamente autoritativa dell’amministrazione, ormai del tutto inattuale. Ciò trova riscontro nell’analisi degli istituti classicamente ricondotti alla suddetta funzione: al di fuori del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica – che come noto è stato di recente oggetto di un’ampia riforma – i ricorsi amministrativi rivelano da tempo la loro inidoneità a svolgere un ruolo determinante sia in termini di effettiva deflazione del carico giurisdizionale, sia in funzione di una concreta e più immediata tutela del cittadino. Il fallimento dei tradizionali rimedi giustiziali contemplati dall’ordinamento non autorizza, tuttavia, ad assestarsi su posizioni di netta chiusura nei confronti di un’ipotesi di valorizzazione (su nuovi e più attuali presupposti) della funzione giustiziale. A tal fine appare innanzitutto necessario chiarire l’assoluta estraneità di quest’ultima rispetto all’esercizio del potere di riesame, nella misura in cui l’interesse pubblico perseguito in sede giustiziale non è rappresentato dal medesimo interesse perseguito con il provvedimento oggetto del ricorso, bensì dall’interesse alla correzione di una precedente decisione pubblica ingiusta (dimensione oggettiva). A ciò deve aggiungersi, sotto il profilo organizzativo, la garanzia che l’amministrazione titolare di un potere giustiziale agisca in completa indipendenza da qualsiasi indebita ingerenza e che ad essa vengano forniti strumenti, risorse e regole procedimentali tali da segnare il passaggio da attività imparziale ad attività neutrale (dimensione soggettiva). In tal ottica soccorre lo studio delle Alternative Dispute Resolution (di tipo aggiudicativo), i cui vantaggi riposano non solo nella informalità, celerità, ed estensibilità a profili non sindacabili da parte del giudice (maladministration), ma anche e soprattutto nell’accessibilità da parte di soggetti per i quali è (per ragioni economiche o sociali) difficilmente esperibile un’azione giurisdizionale. Ciò che, quindi, si intende valorizzare non è semplicemente il carattere “alternativo” di tali rimedi, bensì la loro maggiore “appropriatezza”, ovvero – in determinati contesti – la capacità di soddisfare le istanze di giustizia con efficacia superiore rispetto a quella offerta dall’apparato giurisdizionale. L’analisi dei principali e più recenti istituti astrattamente riconducibili al modello di ADR di tipo aggiudicativo offrono, tuttavia – a causa dell’assenza di un rinnovato impianto teorico di riferimento – un quadro piuttosto eterogeneo, le cui criticità non si colgono tanto in relazione al profilo dell’indipendenza dell’organo decidente, quanto piuttosto in relazione al grado di efficacia della tutela fornita.

L'evoluzione della funzione giustiziale nella prospettiva delle appropriate dispute resolution

CALABRO', Marco
2017

Abstract

Il tradizionale inquadramento teorico della funzione giustiziale si innesta all’interno di una visione gerarchica e marcatamente autoritativa dell’amministrazione, ormai del tutto inattuale. Ciò trova riscontro nell’analisi degli istituti classicamente ricondotti alla suddetta funzione: al di fuori del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica – che come noto è stato di recente oggetto di un’ampia riforma – i ricorsi amministrativi rivelano da tempo la loro inidoneità a svolgere un ruolo determinante sia in termini di effettiva deflazione del carico giurisdizionale, sia in funzione di una concreta e più immediata tutela del cittadino. Il fallimento dei tradizionali rimedi giustiziali contemplati dall’ordinamento non autorizza, tuttavia, ad assestarsi su posizioni di netta chiusura nei confronti di un’ipotesi di valorizzazione (su nuovi e più attuali presupposti) della funzione giustiziale. A tal fine appare innanzitutto necessario chiarire l’assoluta estraneità di quest’ultima rispetto all’esercizio del potere di riesame, nella misura in cui l’interesse pubblico perseguito in sede giustiziale non è rappresentato dal medesimo interesse perseguito con il provvedimento oggetto del ricorso, bensì dall’interesse alla correzione di una precedente decisione pubblica ingiusta (dimensione oggettiva). A ciò deve aggiungersi, sotto il profilo organizzativo, la garanzia che l’amministrazione titolare di un potere giustiziale agisca in completa indipendenza da qualsiasi indebita ingerenza e che ad essa vengano forniti strumenti, risorse e regole procedimentali tali da segnare il passaggio da attività imparziale ad attività neutrale (dimensione soggettiva). In tal ottica soccorre lo studio delle Alternative Dispute Resolution (di tipo aggiudicativo), i cui vantaggi riposano non solo nella informalità, celerità, ed estensibilità a profili non sindacabili da parte del giudice (maladministration), ma anche e soprattutto nell’accessibilità da parte di soggetti per i quali è (per ragioni economiche o sociali) difficilmente esperibile un’azione giurisdizionale. Ciò che, quindi, si intende valorizzare non è semplicemente il carattere “alternativo” di tali rimedi, bensì la loro maggiore “appropriatezza”, ovvero – in determinati contesti – la capacità di soddisfare le istanze di giustizia con efficacia superiore rispetto a quella offerta dall’apparato giurisdizionale. L’analisi dei principali e più recenti istituti astrattamente riconducibili al modello di ADR di tipo aggiudicativo offrono, tuttavia – a causa dell’assenza di un rinnovato impianto teorico di riferimento – un quadro piuttosto eterogeneo, le cui criticità non si colgono tanto in relazione al profilo dell’indipendenza dell’organo decidente, quanto piuttosto in relazione al grado di efficacia della tutela fornita.
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