L’art. 243-bis del Codice degli appalti, ispirato ad una logica costruttiva e collaborativa ed informato ad una finalità deflattiva del contenzioso, presenta tuttavia una disciplina tale da vanificare gli obiettivi che ne sono alla base, senza dare vita ad una compiuta forma di ADR. La procedura dell’autotutela appare perfettibile. La possibilità di un diniego successivo al termine di ricorso rafforza la posizione dell’amministrazione ed aggrava quella del ricorrente, costretto ad impugnare il nuovo atto ed a sopportare ulteriori spese. Un coordinamento del termine di ricorso con il termine di risposta della stazione appaltante potrebbe valere ad impedire condotte strumentali di questa. La necessaria contestazione giurisdizionale del silenzio accresce gli oneri economici per il ricorrente. Non si comprende, inoltre, se il diniego espresso di autotutela debba essere impugnato pur quando meramente confermativo di valutazioni già manifestate in sede di gara. Occorre aderire ad un’interpretazione che scongiuri tale ipotesi applicativa, ma ragioni di cautela difensiva suggeriscono di avvalersi dei motivi aggiunti in ogni ipotesi che appaia minimamente dubbia. Criticabile appare la scelta legislativa di onerare il ricorrente della contestazione giurisdizionale del silenzio con motivi aggiunti, a pena di inammissibilità del ricorso originario. La giurisprudenza tenta tuttavia di accreditare l’opposta tesi, a dispetto del dato letterale. L’attuale quantificazione del contributo unificato solleva perplessità di ordine costituzionale, nonché dubbi di compatibilità con la normativa comunitaria e con la C.E.D.U. Sussistono gli estremi per un intervento della Consulta, della Corte di Giustizia o della Corte di Strasburgo. L’attuale contingenza economica esige tuttavia soluzioni immediate, richiedendo una presa di coscienza del Legislatore atta a ricondurre la disciplina fiscale a criteri di eguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità.

Il preavviso di ricorso in materia di appalti pubblici tra ineffettività della tutela giurisdizionale e crisi economica

TARULLO, Stefano
2012

Abstract

L’art. 243-bis del Codice degli appalti, ispirato ad una logica costruttiva e collaborativa ed informato ad una finalità deflattiva del contenzioso, presenta tuttavia una disciplina tale da vanificare gli obiettivi che ne sono alla base, senza dare vita ad una compiuta forma di ADR. La procedura dell’autotutela appare perfettibile. La possibilità di un diniego successivo al termine di ricorso rafforza la posizione dell’amministrazione ed aggrava quella del ricorrente, costretto ad impugnare il nuovo atto ed a sopportare ulteriori spese. Un coordinamento del termine di ricorso con il termine di risposta della stazione appaltante potrebbe valere ad impedire condotte strumentali di questa. La necessaria contestazione giurisdizionale del silenzio accresce gli oneri economici per il ricorrente. Non si comprende, inoltre, se il diniego espresso di autotutela debba essere impugnato pur quando meramente confermativo di valutazioni già manifestate in sede di gara. Occorre aderire ad un’interpretazione che scongiuri tale ipotesi applicativa, ma ragioni di cautela difensiva suggeriscono di avvalersi dei motivi aggiunti in ogni ipotesi che appaia minimamente dubbia. Criticabile appare la scelta legislativa di onerare il ricorrente della contestazione giurisdizionale del silenzio con motivi aggiunti, a pena di inammissibilità del ricorso originario. La giurisprudenza tenta tuttavia di accreditare l’opposta tesi, a dispetto del dato letterale. L’attuale quantificazione del contributo unificato solleva perplessità di ordine costituzionale, nonché dubbi di compatibilità con la normativa comunitaria e con la C.E.D.U. Sussistono gli estremi per un intervento della Consulta, della Corte di Giustizia o della Corte di Strasburgo. L’attuale contingenza economica esige tuttavia soluzioni immediate, richiedendo una presa di coscienza del Legislatore atta a ricondurre la disciplina fiscale a criteri di eguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità.
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