Il saggio interviene a seguito delle riforme che nel 2005 hanno interessato il procedimento amministrativo e mira a valutare la compatibilità dell’istituto (disciplinato dall’art. 20 della legge sul procedimento), che la legge 80 del 2005 ha trasformato in rimedio generale all’inerzia dell’amministrazione per tutti i procedimenti ad istanza di parte (e con le sole eccezioni evocate dalla stessa legge e dal successivo regolamento governativo), con le regole tradizionali che sovrintendono all’esercizio dell’azione amministrativa. Il contributo riflette in particolare sul rapporto tra potere discrezionale e silenzio-assenso per arrivare a chiarire che, con la riferita riforma, il legislatore se da un lato ha spinto sull’acceleratore della semplificazione generalizzando l’istituto del silenzio assenso in rapporto a tutti i provvedimenti ad istanza di parte, dall’altro si è premurato di circondare il meccanismo di quegli accorgimenti che consentono di renderlo compatibile con le garantiste dinamiche procedimentali, peraltro raggiungendo anche un obiettivo di sostanziale responsabilizzazione dell’amministrazione procedente ai fini della selezione della concreta modalità operativa da impiegare nel caso di specie. Il sistema combinato degli articoli 2 e 20 della legge sul procedimento delineano infatti per l’amministrazione un ventaglio di possibilità operative: chiusura del procedimento mediante provvedimento espresso; definizione tacita ad istruttoria completa, attivazione di un contraddittorio eventuale mediante preavviso di rigetto (con possibilità di successiva conclusione espressa ovvero di ripresa dei termini di formazione del silenzio assenso); indizione della conferenza di servizi. Scegliere tra l’una o l’altra soluzione sarà responsabilità dell’amministrazione che a tal fine, nell’ambito della doverosa istruttoria, dovrà considerare consistenza e qualità degli interessi pubblici e privati coinvolti nelle singole fattispecie.

Il silenzio assenso tra obbligo di procedere e dovere di provvedere

GAMBARDELLA, Fortunato
2007

Abstract

Il saggio interviene a seguito delle riforme che nel 2005 hanno interessato il procedimento amministrativo e mira a valutare la compatibilità dell’istituto (disciplinato dall’art. 20 della legge sul procedimento), che la legge 80 del 2005 ha trasformato in rimedio generale all’inerzia dell’amministrazione per tutti i procedimenti ad istanza di parte (e con le sole eccezioni evocate dalla stessa legge e dal successivo regolamento governativo), con le regole tradizionali che sovrintendono all’esercizio dell’azione amministrativa. Il contributo riflette in particolare sul rapporto tra potere discrezionale e silenzio-assenso per arrivare a chiarire che, con la riferita riforma, il legislatore se da un lato ha spinto sull’acceleratore della semplificazione generalizzando l’istituto del silenzio assenso in rapporto a tutti i provvedimenti ad istanza di parte, dall’altro si è premurato di circondare il meccanismo di quegli accorgimenti che consentono di renderlo compatibile con le garantiste dinamiche procedimentali, peraltro raggiungendo anche un obiettivo di sostanziale responsabilizzazione dell’amministrazione procedente ai fini della selezione della concreta modalità operativa da impiegare nel caso di specie. Il sistema combinato degli articoli 2 e 20 della legge sul procedimento delineano infatti per l’amministrazione un ventaglio di possibilità operative: chiusura del procedimento mediante provvedimento espresso; definizione tacita ad istruttoria completa, attivazione di un contraddittorio eventuale mediante preavviso di rigetto (con possibilità di successiva conclusione espressa ovvero di ripresa dei termini di formazione del silenzio assenso); indizione della conferenza di servizi. Scegliere tra l’una o l’altra soluzione sarà responsabilità dell’amministrazione che a tal fine, nell’ambito della doverosa istruttoria, dovrà considerare consistenza e qualità degli interessi pubblici e privati coinvolti nelle singole fattispecie.
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