Il riesame delle fonti che fanno riferimento a «leggi» di epoca regia ha consentito di segnalare un numero di disposizioni ben più elevato di quello riportato dalle correnti edizioni di leges regiae in materia di famiglia. Premesso il problema della storicità delle cosiddette leges regiae, la cui esistenza ci è attestata soprattutto da fonti di carattere storiografico, l’analisi dei passi tratti dal secondo libro della Storia di Dionigi di Alicarnasso e dalle biografie di Plutarco relativamente alle Vite di Romolo e di Numa permette di ricostruire il «diritto di famiglia» attribuito alle «leggi» dei primi re della storia di Roma, in tema di poteri del pater sui figli e di condizione della donna sposata. Da un’analisi complessiva dei provvedimenti riferiti da Dionigi e da Plutarco emerge che il loro contenuto è solo parzialmente coincidente; mentre il primo appare prevalentemente interessato alla regolamentazione dei rapporti interni al nucleo familiare, in particolare alla posizione di supremazia del pater sui figli oltre che sulle mogli, il secondo non si occupa se non marginalmente di questi aspetti, tracciando piuttosto uno schizzo della condizione sociale della sposa in età arcaica; in particolare, Dionigi attribuisce a Romolo l’introduzione delle facoltà ricomprese nella patria potestas (ius vitae ac necis, ius vendendi) oltre che una legislazione matrimoniale dalla quale si evincono non poche contraddizioni relativamente alla condizione sociale e giuridica della sposa; Plutarco, invece, si occupa prevalentemente della condizione femminile ed offre, in generale, un quadro abbastanza coerente del ruolo subalterno che doveva spettare alla donna sposata in epoca arcaica, particolarmente nel Paragone Licurgo-Numa, dal momento che le notizie fornite dalle Vite sembrano delineare una diversa condizione sociale della sposa in epoca regia.

Il «diritto di famiglia» delle leges regiae

OLIVIERO NIGLIO, Giuseppina Maria
2008

Abstract

Il riesame delle fonti che fanno riferimento a «leggi» di epoca regia ha consentito di segnalare un numero di disposizioni ben più elevato di quello riportato dalle correnti edizioni di leges regiae in materia di famiglia. Premesso il problema della storicità delle cosiddette leges regiae, la cui esistenza ci è attestata soprattutto da fonti di carattere storiografico, l’analisi dei passi tratti dal secondo libro della Storia di Dionigi di Alicarnasso e dalle biografie di Plutarco relativamente alle Vite di Romolo e di Numa permette di ricostruire il «diritto di famiglia» attribuito alle «leggi» dei primi re della storia di Roma, in tema di poteri del pater sui figli e di condizione della donna sposata. Da un’analisi complessiva dei provvedimenti riferiti da Dionigi e da Plutarco emerge che il loro contenuto è solo parzialmente coincidente; mentre il primo appare prevalentemente interessato alla regolamentazione dei rapporti interni al nucleo familiare, in particolare alla posizione di supremazia del pater sui figli oltre che sulle mogli, il secondo non si occupa se non marginalmente di questi aspetti, tracciando piuttosto uno schizzo della condizione sociale della sposa in età arcaica; in particolare, Dionigi attribuisce a Romolo l’introduzione delle facoltà ricomprese nella patria potestas (ius vitae ac necis, ius vendendi) oltre che una legislazione matrimoniale dalla quale si evincono non poche contraddizioni relativamente alla condizione sociale e giuridica della sposa; Plutarco, invece, si occupa prevalentemente della condizione femminile ed offre, in generale, un quadro abbastanza coerente del ruolo subalterno che doveva spettare alla donna sposata in epoca arcaica, particolarmente nel Paragone Licurgo-Numa, dal momento che le notizie fornite dalle Vite sembrano delineare una diversa condizione sociale della sposa in epoca regia.
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