Per verificare se la nuova configurazione del reddito agrario abbia portato ad un allineamento tra la normativa fiscale e l’innovazione produttiva e, di conseguenza, per comprendere appieno la ratio che sottende l’intervento del legislatore della riforma fiscale per il settore agricolo, l’intervento parte da una breve ricostruzione dell’evoluzione normativa dell’impresa agricola e dei presupposti della sua qualificazione ai sensi dell’art. 2135 c.c. In particolare, si evidenzierà – da un lato - come al passo in avanti effettuato dal legislatore civilistico, con la riforma del 2001 i cui elementi portanti sono stati l’introduzione del concetto di ciclo biologico e il passaggio del terreno da elemento imprescindibile a potenziale, non ha fatto seguito identico passaggio da parte di quello fiscale determinando una sorta di discrasia tra i due regimi. Dall’altro, come la disciplina fiscale dell’impresa agricola pre-riforma non era allineata alla tutela dell’ambiente e al contrasto dei cambiamenti climatici trascurando per lungo tempo gli obiettivi fissati dalla normativa e dalle politiche nazionali e comunitarie, continuando a valorizzare in via del tutto anacronistica il concetto di sfruttamento del fondo e soffermandosi esclusivamente sull’esercizio delle attività in esso praticate. A tali “limiti” ha cercato di porre riparo la riforma attuata dalla legge delega 9 agosto 2023, n. 111 e il conseguente d.lgs. 13 dicembre 2024, n.192 che hanno portato alla revisione dei redditi agrari. Riforma che nasce non solo dalla necessità di agevolare e semplificare le modalità di imposizione dei redditi derivanti da attività agricole, ma anche al fine di svilupparne le potenzialità in termini di tutela dell'ambiente e contrasto ai cambiamenti climatici. Il regime impositivo estende così i casi di determinazione catastale del reddito alle attività, prima escluse dal regime dei redditi agrari, che, pur non essendo direttamente svolte mediante lo sfruttamento del terreno, hanno a oggetto la cura di un ciclo biologico o di una fase necessaria dello stesso, mediante le più moderne tecniche di coltivazione o che danno luogo alla cessione di beni anche immateriali, rivenienti dalle attività agricole. Dall’analisi svolta si è giunti alla conclusione che con la riformulazione della nozione di reddito agrario l’obiettivo del legislatore lo si identifica non tanto (o non solo) in quello di adattamento o aggiornamento di norme fiscali in linea con il concetto di impresa agricola enucleato nel codice civile con cui è stato definitivamente attenuato il legame con il fondo, bensì nella lungimirante aspirazione a ché la politica fiscale, in concorso con altri strumenti, possa favorire lo sviluppo sostenibile nelle dimensioni economica, sociale ed ecologica anche grazie all’allineamento tra normativa fiscale e innovazione produttiva.
La nuova configurazione del reddito agrario: un allineamento tra normativa fiscale e innovazione produttiva
Clelia Buccico
2025
Abstract
Per verificare se la nuova configurazione del reddito agrario abbia portato ad un allineamento tra la normativa fiscale e l’innovazione produttiva e, di conseguenza, per comprendere appieno la ratio che sottende l’intervento del legislatore della riforma fiscale per il settore agricolo, l’intervento parte da una breve ricostruzione dell’evoluzione normativa dell’impresa agricola e dei presupposti della sua qualificazione ai sensi dell’art. 2135 c.c. In particolare, si evidenzierà – da un lato - come al passo in avanti effettuato dal legislatore civilistico, con la riforma del 2001 i cui elementi portanti sono stati l’introduzione del concetto di ciclo biologico e il passaggio del terreno da elemento imprescindibile a potenziale, non ha fatto seguito identico passaggio da parte di quello fiscale determinando una sorta di discrasia tra i due regimi. Dall’altro, come la disciplina fiscale dell’impresa agricola pre-riforma non era allineata alla tutela dell’ambiente e al contrasto dei cambiamenti climatici trascurando per lungo tempo gli obiettivi fissati dalla normativa e dalle politiche nazionali e comunitarie, continuando a valorizzare in via del tutto anacronistica il concetto di sfruttamento del fondo e soffermandosi esclusivamente sull’esercizio delle attività in esso praticate. A tali “limiti” ha cercato di porre riparo la riforma attuata dalla legge delega 9 agosto 2023, n. 111 e il conseguente d.lgs. 13 dicembre 2024, n.192 che hanno portato alla revisione dei redditi agrari. Riforma che nasce non solo dalla necessità di agevolare e semplificare le modalità di imposizione dei redditi derivanti da attività agricole, ma anche al fine di svilupparne le potenzialità in termini di tutela dell'ambiente e contrasto ai cambiamenti climatici. Il regime impositivo estende così i casi di determinazione catastale del reddito alle attività, prima escluse dal regime dei redditi agrari, che, pur non essendo direttamente svolte mediante lo sfruttamento del terreno, hanno a oggetto la cura di un ciclo biologico o di una fase necessaria dello stesso, mediante le più moderne tecniche di coltivazione o che danno luogo alla cessione di beni anche immateriali, rivenienti dalle attività agricole. Dall’analisi svolta si è giunti alla conclusione che con la riformulazione della nozione di reddito agrario l’obiettivo del legislatore lo si identifica non tanto (o non solo) in quello di adattamento o aggiornamento di norme fiscali in linea con il concetto di impresa agricola enucleato nel codice civile con cui è stato definitivamente attenuato il legame con il fondo, bensì nella lungimirante aspirazione a ché la politica fiscale, in concorso con altri strumenti, possa favorire lo sviluppo sostenibile nelle dimensioni economica, sociale ed ecologica anche grazie all’allineamento tra normativa fiscale e innovazione produttiva.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


