Le società contemporanee attraversano una fase di radicale trasformazione, in cui i processi di globalizzazione hanno profondamente minato le strutture sociali tradizionali, generando crescente instabilità, tensioni e conflitti. A ciò si aggiunge la rivoluzione informatica e tecnologica che ha modificato profondamente le modalità d’interazione sociale e la costruzione dell'identità, polverizzando la densità relazionale e generando nuove forme di anomia e frammentazione del sé. Le scienze sociali hanno, così, documentato come il repentino cambiamento sociale, economico e culturale si sia tradotto in un’acuta disorganizzazione foriera di devianza e anomia. Quando la struttura sociale si dimostra incapace di rispondere ai bisogni e ai desideri delle persone, si produce isolamento, frustrazione e conflittualità, con il rischio che si attivino crisi “mimetiche” potenzialmente distruttive. Il migrante, incarnando perfettamente la distinzione dicotomica tra interno ed esterno, identità e alterità, normalità e patologia, diventa, così, l’oggetto sociale, liminale, su cui proiettare rabbia, rancore e violenza, in grado col proprio “sacrificio” di garantire la sopravvivenza della comunità e della struttura sociale.
La simbolica del capro espiatorio. Il processo di stigmatizzazione degli immigrati
M. Lanna
2025
Abstract
Le società contemporanee attraversano una fase di radicale trasformazione, in cui i processi di globalizzazione hanno profondamente minato le strutture sociali tradizionali, generando crescente instabilità, tensioni e conflitti. A ciò si aggiunge la rivoluzione informatica e tecnologica che ha modificato profondamente le modalità d’interazione sociale e la costruzione dell'identità, polverizzando la densità relazionale e generando nuove forme di anomia e frammentazione del sé. Le scienze sociali hanno, così, documentato come il repentino cambiamento sociale, economico e culturale si sia tradotto in un’acuta disorganizzazione foriera di devianza e anomia. Quando la struttura sociale si dimostra incapace di rispondere ai bisogni e ai desideri delle persone, si produce isolamento, frustrazione e conflittualità, con il rischio che si attivino crisi “mimetiche” potenzialmente distruttive. Il migrante, incarnando perfettamente la distinzione dicotomica tra interno ed esterno, identità e alterità, normalità e patologia, diventa, così, l’oggetto sociale, liminale, su cui proiettare rabbia, rancore e violenza, in grado col proprio “sacrificio” di garantire la sopravvivenza della comunità e della struttura sociale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.