La tematica del finanziamento pubblico ai culti religiosi nelle sue molteplici articolazioni, giustificazioni giuridiche, esigenze di supporto pubblico alla produzione del bene «religione» e realizzazione di valori propri dell'ordinamento statuale, è oggetto di vivaci dibattiti politici nazionali e in sede europea nell’attuale assetto economico caratterizzato dalla crisi globale e dal mutamento sociale verso un sempre crescente processo di secolarizzazione e di disaffezione al culto. Molteplici sono stati gli interventi giurisprudenziali in materia finanziaria con riferimento alla compatibilità delle agevolazioni fiscali con i principi di uguaglianza, non discriminazione fiscale e la possibilità di inquadrare tali benefici come aiuti di Stato. Il mutato contesto socio-antropologico che si delinea in Italia e la crescente apertura delle frontiere verso l'area del Mediterraneo necessita di un ripensamento non solo della normativa che disciplina l'organizzazione dei culti anche in attuazione del principio del riconoscimento e della collaborazione sempre più necessaria tra Stato e Confessioni religiose, ma anche di una sostanziale ristrutturazione del loro sistema di finanziamento pubblico. Il problema del reperimento delle risorse finanziarie della Chiesa Cattolica, come per gli altri Culti, non deve essere letto in contrapposizione con il credo che esse professano, ma certamente si rileva necessario un riordinamento degli interventi normativi da parte dello Stato. Difatti risulta essere notevole l’impegno finanziario statale sia per quanto riguarda gli interventi sui beni ecclesiastici che per gli enti di culto quali soggetti stranieri residenti sul territorio nazionale. Le diverse tipologie di intervento finanziario dello Stato per il culto, quali 8 per mille, esenzione/agevolazioni per i tributi locali, mantenimento dei funzionari della chiesa cattolica e degli insegnanti di religione, cappellani militari, carcerari, ospedalieri, agevolazioni alla scuola cattolica, nonché le ulteriori agevolazioni e sovvenzioni regionali per gli oratori, rappresentano una quota rilevante delle uscite finanziarie per la spesa sociale che potrebbe essere razionalizzata soprattutto in un momento di recessione economica. Si auspica che lo Stato in quanto ente giuridico finalizzato al raggiungimento del bene comune e la Chiesa cattolica (nonché le altre confessioni religiose) possano perseguire un coordinamento e bilanciamento degli obiettivi valoriali con conseguente redistribuzione del finanziamento pubblico senza pregiudicare il compito costituzionale della promozione e sviluppo della persona anche nella sua dimensione spirituale e religiosa. La tematica è alquanto complessa e alcuni aspetti, sia interni che a livello europeo, mancano di una adeguata definizione e spesso vi è una ampia/ristretta interpretazione dei fenomeni religiosi e delle forme di finanziamento. Infatti i finanziamenti potrebbero contribuire a una sorta di "concorrenza" tra le confessioni religiose, ma anche tra gli Stati. Gli Stati, ma anche l’Unione Europea e la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo dovrebbero raggiungere una univoca definizione di culto e di religione.

In an economic system which is characterized by a global crisis and a shift towards an increasingly secularized society, the issue of public funding for religious faiths, and the necessity of public support for the realization of "religion as a public value", is a matter of intense political debate both at a national and European level. There have been various jurisprudential pronouncements regarding the compatibility of tax facilitation with the principles of equality, non-tax discrimination and the possibility of framing these benefits as State aid. Italy is currently going through a social and anthropological change. This, along with the increasingly open border policies it adopts in the Mediterranean area, makes a new assessment of the legislation that regards religious matters and a substantial review of their public funding system vital. A religious group’s problem in finding financial resources must not be read in contrast to its beliefs. This is why a reorganization of the national regulatory context is necessary. The financial commitment of the state is therefore significant both in regards to ecclesiastical assets/properties and religious bodies, such as foreign individuals who reside on the national territory. The various financial interventions of the State are a relevant part of its financial expenses for social issues and these could be restructured, especially in a time of economic recession. Some examples of these are represented by the 8 per mille tax rebate scheme, local taxes exemption/subsidies, financial support for Catholic church officials, religion teachers, military, prison and hospital chaplains, subsidies to Catholic schools, as well as further regional subsidies and support for the various recreation centers managed by the parishes. It is hoped that the State, acting as a legal entity that pursues the common good, and the Catholic Church (as well as the other religious groups) will be able to establish a coordination of value objectives with the consequent redistribution of public funding. This should happen without compromising the constitutional provision of promoting and developing the spiritual and religious dimension of the person. The above-mentioned issue is complex in many aspects, both at a national and European level, due to the lack of an adequate definition and a broad/narrow interpretation of religious phenomena and related forms of financing. Moreover, State funding could contribute to a sort of "competition" between religious faiths and between countries. Finally, the States, the European Union as a whole and the European Convention on Human Rights should reach a clear and sole definition of worship and religion.

Financial and tax interventions in favour of worship: between reli-gious freedom and fiscal discrimination

Floriana Santagata
In corso di stampa

Abstract

La tematica del finanziamento pubblico ai culti religiosi nelle sue molteplici articolazioni, giustificazioni giuridiche, esigenze di supporto pubblico alla produzione del bene «religione» e realizzazione di valori propri dell'ordinamento statuale, è oggetto di vivaci dibattiti politici nazionali e in sede europea nell’attuale assetto economico caratterizzato dalla crisi globale e dal mutamento sociale verso un sempre crescente processo di secolarizzazione e di disaffezione al culto. Molteplici sono stati gli interventi giurisprudenziali in materia finanziaria con riferimento alla compatibilità delle agevolazioni fiscali con i principi di uguaglianza, non discriminazione fiscale e la possibilità di inquadrare tali benefici come aiuti di Stato. Il mutato contesto socio-antropologico che si delinea in Italia e la crescente apertura delle frontiere verso l'area del Mediterraneo necessita di un ripensamento non solo della normativa che disciplina l'organizzazione dei culti anche in attuazione del principio del riconoscimento e della collaborazione sempre più necessaria tra Stato e Confessioni religiose, ma anche di una sostanziale ristrutturazione del loro sistema di finanziamento pubblico. Il problema del reperimento delle risorse finanziarie della Chiesa Cattolica, come per gli altri Culti, non deve essere letto in contrapposizione con il credo che esse professano, ma certamente si rileva necessario un riordinamento degli interventi normativi da parte dello Stato. Difatti risulta essere notevole l’impegno finanziario statale sia per quanto riguarda gli interventi sui beni ecclesiastici che per gli enti di culto quali soggetti stranieri residenti sul territorio nazionale. Le diverse tipologie di intervento finanziario dello Stato per il culto, quali 8 per mille, esenzione/agevolazioni per i tributi locali, mantenimento dei funzionari della chiesa cattolica e degli insegnanti di religione, cappellani militari, carcerari, ospedalieri, agevolazioni alla scuola cattolica, nonché le ulteriori agevolazioni e sovvenzioni regionali per gli oratori, rappresentano una quota rilevante delle uscite finanziarie per la spesa sociale che potrebbe essere razionalizzata soprattutto in un momento di recessione economica. Si auspica che lo Stato in quanto ente giuridico finalizzato al raggiungimento del bene comune e la Chiesa cattolica (nonché le altre confessioni religiose) possano perseguire un coordinamento e bilanciamento degli obiettivi valoriali con conseguente redistribuzione del finanziamento pubblico senza pregiudicare il compito costituzionale della promozione e sviluppo della persona anche nella sua dimensione spirituale e religiosa. La tematica è alquanto complessa e alcuni aspetti, sia interni che a livello europeo, mancano di una adeguata definizione e spesso vi è una ampia/ristretta interpretazione dei fenomeni religiosi e delle forme di finanziamento. Infatti i finanziamenti potrebbero contribuire a una sorta di "concorrenza" tra le confessioni religiose, ma anche tra gli Stati. Gli Stati, ma anche l’Unione Europea e la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo dovrebbero raggiungere una univoca definizione di culto e di religione.
In corso di stampa
Santagata, Floriana
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/546690
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