Fin dal suo inizio la civiltà delle macchine polarizza speranze e timori legati all’avvento di una nuova era, e la cultura progettuale è investita profondamente in questo doppio movimento. Mechanization Takes Command: dal noto titolo di Siegfried Giedion il riferimento ad un universo “macchinico” legato nel XX secolo a doppio filo con la cultura del progetto. Ma è altrettanto vero che la cultura progettuale, dalla Modernità all’attuale fase post-industriale, ha sempre espresso, aggiornandolo continuamente, un punto di vista di vista peculiare con l’elaborazione di un immaginario connesso al mondo della tecnica e della macchina in particolare, che si connette alla scala dell’oggetto come a quella della città. La cultura del progetto ha dovuto profondamente rielaborare il suo punto di vista, con il “tramonto della meccanica” e l’avvento dell’età post-industriale, che vede la preponderanza dell’elettronica, della telematica, del digitale e della smaterializzazione. Il contributo si sofferma in primo luogo su alcuni episodi salienti del ‘900, in cui il tema della relazione tra macchina, arte, progetto, città assume sfumature e significati diversificati. Il binomio macchina/organismo e la tensione polare tra i due concetti si ritrova in protagonisti del progetto internazionale, quali ad esempio Kisho Kurokawa, William Katawolos, le avanguardie Radical degli anni ‘70, Friederich Kiesler con la sua biotecnica, così come nella letteratura con Kafka e Musil, o nell’arte con Prampolini, Picabia, Max Ernst… Un focus centrale dell’articolo è il tema della macchina e dei suoi futuri, come emerge nell’ambito della rivista “civiltà delle Macchine” nel periodo di direzione di Leonardo Sinisgalli (1953-57). Nelle pagine della rivista si dispiega in questi anni un originale dibattito, che vede i contributi di intellettuali di variegata estrazione culturale. Sul versante del progetto intervengono voci del calibro di Giulio C. Argan, Gillo Dorfles, Rosario Assunto, Tomás Maldonado; le loro idee sono a confronto con il punto di vista di scienziati, artisti, cibernetici, industriali e poeti, tutti coinvolti da Sinisgalli in una riflessione sulle prospettive di una sinergia tra mondo creativo e realtà industriale, in nome di uno sviluppo sostenibile ante litteram; la ricerca di una sintesi tra macchina e valori spirituali percorre molti dei saggi, tra cui l’articolo di Sergio Solmi apparso nel 1954 “Un’ombra sulla civiltà delle macchine”, cui si fa riferimento nel titolo del presente contributo. Ne emerge una visione peculiare , in cui il vero “superuomo” non è quello mira ad una potenza illimitata della tecnologia, ma chi è capace di un pensiero libero e raffinato, immerso nella realtà industriale, in grado di esplorare territori e alleanze culturali non convenzionali. Sulla scorta di quanto evidenziato, l’articolo si chiude con una riflessione sui paradigmi del progetto contemporaneo, che nella doppia tensione verso la “smaterializzazione” da un lato e il “biologico” dall’altro, si aprono a inedite concezioni degli oggetti come dell’urbano.

Un'ombra (e alcune luci) sulla civiltà delle macchine

LA ROCCA
2024

Abstract

Fin dal suo inizio la civiltà delle macchine polarizza speranze e timori legati all’avvento di una nuova era, e la cultura progettuale è investita profondamente in questo doppio movimento. Mechanization Takes Command: dal noto titolo di Siegfried Giedion il riferimento ad un universo “macchinico” legato nel XX secolo a doppio filo con la cultura del progetto. Ma è altrettanto vero che la cultura progettuale, dalla Modernità all’attuale fase post-industriale, ha sempre espresso, aggiornandolo continuamente, un punto di vista di vista peculiare con l’elaborazione di un immaginario connesso al mondo della tecnica e della macchina in particolare, che si connette alla scala dell’oggetto come a quella della città. La cultura del progetto ha dovuto profondamente rielaborare il suo punto di vista, con il “tramonto della meccanica” e l’avvento dell’età post-industriale, che vede la preponderanza dell’elettronica, della telematica, del digitale e della smaterializzazione. Il contributo si sofferma in primo luogo su alcuni episodi salienti del ‘900, in cui il tema della relazione tra macchina, arte, progetto, città assume sfumature e significati diversificati. Il binomio macchina/organismo e la tensione polare tra i due concetti si ritrova in protagonisti del progetto internazionale, quali ad esempio Kisho Kurokawa, William Katawolos, le avanguardie Radical degli anni ‘70, Friederich Kiesler con la sua biotecnica, così come nella letteratura con Kafka e Musil, o nell’arte con Prampolini, Picabia, Max Ernst… Un focus centrale dell’articolo è il tema della macchina e dei suoi futuri, come emerge nell’ambito della rivista “civiltà delle Macchine” nel periodo di direzione di Leonardo Sinisgalli (1953-57). Nelle pagine della rivista si dispiega in questi anni un originale dibattito, che vede i contributi di intellettuali di variegata estrazione culturale. Sul versante del progetto intervengono voci del calibro di Giulio C. Argan, Gillo Dorfles, Rosario Assunto, Tomás Maldonado; le loro idee sono a confronto con il punto di vista di scienziati, artisti, cibernetici, industriali e poeti, tutti coinvolti da Sinisgalli in una riflessione sulle prospettive di una sinergia tra mondo creativo e realtà industriale, in nome di uno sviluppo sostenibile ante litteram; la ricerca di una sintesi tra macchina e valori spirituali percorre molti dei saggi, tra cui l’articolo di Sergio Solmi apparso nel 1954 “Un’ombra sulla civiltà delle macchine”, cui si fa riferimento nel titolo del presente contributo. Ne emerge una visione peculiare , in cui il vero “superuomo” non è quello mira ad una potenza illimitata della tecnologia, ma chi è capace di un pensiero libero e raffinato, immerso nella realtà industriale, in grado di esplorare territori e alleanze culturali non convenzionali. Sulla scorta di quanto evidenziato, l’articolo si chiude con una riflessione sui paradigmi del progetto contemporaneo, che nella doppia tensione verso la “smaterializzazione” da un lato e il “biologico” dall’altro, si aprono a inedite concezioni degli oggetti come dell’urbano.
2024
Rocca, La
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/545887
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