«A Ponza non vi sono strade, né scoli regolari per le acque, e finalmente per compire la scena d’una selvaggia popolazione, quegli abitanti vivono dentro umide grotte, scavate dagli antichi nel monte per uso di cellari». Così, alla fine degli anni Sessanta del Settecento, il Maggiore del Genio Antonio Winspeare descriveva i villaggi rurali della Cala del Grano, delle Forna e della Chiaja di Luna, scoperti in occasione delle sue molte ricognizioni dell’isola. Già riconoscibili nelle prime, ingenue rappresentazioni cartografiche di Ponza, da allora gli antichi depositi progressivamente adattati a funzioni abitative costituiranno la testimonianza più tangibile, ma anche più cruda, dell’arretratezza sociale ed economica alla quale buona parte della popolazione locale era ancora costretta a dispetto degli ambiziosi programmi promossi dal governo borbonico. Proprio in questo senso, e ben al di là dei prevedibili luoghi comuni, la narrazione dell’architettura rupestre isolana (dalle distaccate considerazioni di Lorenzo Giustiniani, Conrad Haller e Giuseppe Tricoli allo straordinario e per molti versi modernissimo approccio di Pasquale Mattej, sino alle personalissime osservazioni di Norman Douglas agli inizi del Novecento) diviene uno degli imprescindibili elementi nella costruzione del mito di Ponza sospesa nel tempo e nello spazio a dispetto delle poche miglia di distanza dalla terraferma.

«Quelle misere e strane abitazioni». La narrazione dell’architettura rupestre a Ponza tra Otto e Novecento

Giuseppe Pignatelli Spinazzola
2024

Abstract

«A Ponza non vi sono strade, né scoli regolari per le acque, e finalmente per compire la scena d’una selvaggia popolazione, quegli abitanti vivono dentro umide grotte, scavate dagli antichi nel monte per uso di cellari». Così, alla fine degli anni Sessanta del Settecento, il Maggiore del Genio Antonio Winspeare descriveva i villaggi rurali della Cala del Grano, delle Forna e della Chiaja di Luna, scoperti in occasione delle sue molte ricognizioni dell’isola. Già riconoscibili nelle prime, ingenue rappresentazioni cartografiche di Ponza, da allora gli antichi depositi progressivamente adattati a funzioni abitative costituiranno la testimonianza più tangibile, ma anche più cruda, dell’arretratezza sociale ed economica alla quale buona parte della popolazione locale era ancora costretta a dispetto degli ambiziosi programmi promossi dal governo borbonico. Proprio in questo senso, e ben al di là dei prevedibili luoghi comuni, la narrazione dell’architettura rupestre isolana (dalle distaccate considerazioni di Lorenzo Giustiniani, Conrad Haller e Giuseppe Tricoli allo straordinario e per molti versi modernissimo approccio di Pasquale Mattej, sino alle personalissime osservazioni di Norman Douglas agli inizi del Novecento) diviene uno degli imprescindibili elementi nella costruzione del mito di Ponza sospesa nel tempo e nello spazio a dispetto delle poche miglia di distanza dalla terraferma.
2024
PIGNATELLI SPINAZZOLA, Giuseppe
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