Nel 1749, Trinchera in forze presso la sala della Pace, avvia un’operazione, apparentemente abusata, sullo status delle virtuose passando in rassegna non solo le note gag sui capricci e gli incontinenti costumi, ma “analizzando” il censo e il noviziato, assai discutibile, che le conduce all’agognata meta, si sottolinea prevalentemente l’esigenza del mondo reietto di intraprendere un percorso “virtuoso” foriero di una vita agiata e “dignitosa” all’ombra della finzione scenica presaga di una condizione sociale rispettabile. La stagione della piccola sala dei Tribunali apriva il sipario ancora una volta sull’immaginario poetico del Trinchera ospitando due sue produzioni, oltre a L’abbate Collarone veniva allestita nel carnevale del ’50 La vecchia mmaretata ma già nel carnevale precedente aveva accolto Lo tutore nnamorato rivelando una progettualità raffinata e sottile. In modo impertinente il librettista si rivolge per il suo Abbate «a li scarfasegge», a coloro che con debosciatezza occuperanno i posti del teatro mettendoli a parte del “documentario” al quale assisteranno, la redenzione di tre emarginate creature, dall’oscura vita trascorsa alla marina di Chiaja vivendo del pescato, attraverso il miraggio celestiale di rocamboleschi viaggi per esibire le loro ugole d’oro. Un esperimento sociale che cerca di “ammaestrare” e ammansire la ribelle natura di tre incantevoli cenerentole da proiettare nell’empireo del belcanto, naturalmente un percorso segnato da mille insidie e peripezie di carattere amoroso, le belle sono subito gettate in un agone affettivo-sensuale-erotico fatto di celie, moine, interessi… una perdita della “verginità” selvaggia!
Pietro Trinchera L'abbate Collarone Commesechiamma
Maione P
2020
Abstract
Nel 1749, Trinchera in forze presso la sala della Pace, avvia un’operazione, apparentemente abusata, sullo status delle virtuose passando in rassegna non solo le note gag sui capricci e gli incontinenti costumi, ma “analizzando” il censo e il noviziato, assai discutibile, che le conduce all’agognata meta, si sottolinea prevalentemente l’esigenza del mondo reietto di intraprendere un percorso “virtuoso” foriero di una vita agiata e “dignitosa” all’ombra della finzione scenica presaga di una condizione sociale rispettabile. La stagione della piccola sala dei Tribunali apriva il sipario ancora una volta sull’immaginario poetico del Trinchera ospitando due sue produzioni, oltre a L’abbate Collarone veniva allestita nel carnevale del ’50 La vecchia mmaretata ma già nel carnevale precedente aveva accolto Lo tutore nnamorato rivelando una progettualità raffinata e sottile. In modo impertinente il librettista si rivolge per il suo Abbate «a li scarfasegge», a coloro che con debosciatezza occuperanno i posti del teatro mettendoli a parte del “documentario” al quale assisteranno, la redenzione di tre emarginate creature, dall’oscura vita trascorsa alla marina di Chiaja vivendo del pescato, attraverso il miraggio celestiale di rocamboleschi viaggi per esibire le loro ugole d’oro. Un esperimento sociale che cerca di “ammaestrare” e ammansire la ribelle natura di tre incantevoli cenerentole da proiettare nell’empireo del belcanto, naturalmente un percorso segnato da mille insidie e peripezie di carattere amoroso, le belle sono subito gettate in un agone affettivo-sensuale-erotico fatto di celie, moine, interessi… una perdita della “verginità” selvaggia!I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.