L’intervento propone di tracciare le coordinate della fortuna del gusto classicista durante il prolifico cinquantennio della seconda restaurazione borbonica. Centro pulsante della formazione dei giovani artisti provenienti dal Regno fu, come è noto, Roma, ancora capitale delle arti e crocevia delle migliori intelligenze di quegli anni. Se per la scultura Canova e poi Thorvaldsen rappresentarono gli astri intorno ai quali ruotò la produzione scultorea all’indirizzo delle corti europee, fu Vincenzo Camuccini ad orientare l’educazione dei pittori di stanza nella città papale per svolgere il pensionato borbonico. Di robusta formazione neoclassica, gli esponenti di questa stagione ancora poco illuminata dalla storiografia - tra questi i napoletani Giuseppe Mancinelli e Raffaele Postiglione - furono sostenuti dalla retorica politica culturale dei Borbone, riuscendo in qualche caso a riscuotere consensi anche sul piano internazionale. Essi misero a punto una formula eclettica capace di rileggere la pittura di Raffaello mescolando alla lezione dell’urbinate le suggestioni di Poussin, Reni e Salvi, secondo una linea che da questi ultimi prosegue nelle indicazioni di David e di Ingres, incrociando la poetica dei nazareni e dei puristi e le esperienze di alcuni dei pittori italiani di punta del panorama italiano ed europeo della prima metà del XIX secolo; come l’anconetano Francesco Podesti, primo pittore dello Stato della Chiesa, coinvolto anche dalla committenza di Ferdinando II.
Raffaello e gli altri. Declinazioni del 'neo' classicismo all'ombra della corte borbonica
a. di benedetto
2024
Abstract
L’intervento propone di tracciare le coordinate della fortuna del gusto classicista durante il prolifico cinquantennio della seconda restaurazione borbonica. Centro pulsante della formazione dei giovani artisti provenienti dal Regno fu, come è noto, Roma, ancora capitale delle arti e crocevia delle migliori intelligenze di quegli anni. Se per la scultura Canova e poi Thorvaldsen rappresentarono gli astri intorno ai quali ruotò la produzione scultorea all’indirizzo delle corti europee, fu Vincenzo Camuccini ad orientare l’educazione dei pittori di stanza nella città papale per svolgere il pensionato borbonico. Di robusta formazione neoclassica, gli esponenti di questa stagione ancora poco illuminata dalla storiografia - tra questi i napoletani Giuseppe Mancinelli e Raffaele Postiglione - furono sostenuti dalla retorica politica culturale dei Borbone, riuscendo in qualche caso a riscuotere consensi anche sul piano internazionale. Essi misero a punto una formula eclettica capace di rileggere la pittura di Raffaello mescolando alla lezione dell’urbinate le suggestioni di Poussin, Reni e Salvi, secondo una linea che da questi ultimi prosegue nelle indicazioni di David e di Ingres, incrociando la poetica dei nazareni e dei puristi e le esperienze di alcuni dei pittori italiani di punta del panorama italiano ed europeo della prima metà del XIX secolo; come l’anconetano Francesco Podesti, primo pittore dello Stato della Chiesa, coinvolto anche dalla committenza di Ferdinando II.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.