Il presente lavoro intende riflettere sul rapporto tra meccanismi di potere e processi di esclusione, ponendo in evidenza i mutamenti intervenuti nella distribuzione spaziale della devianza. Nella prima parte si traccia la storia e lo sviluppo dei “trattamenti intramurari” delle devianze fino alla prima metà del ‘900; nella seconda, invece, partendo dalle attuali modalità di gestione, s’ipotizza l’esistenza di un latente meccanismo, sociale e istituzionale, attraverso il quale la devianza e certe tipologie di criminalità (necessary crime) vengono confinate in particolari spazi, denominati “aree d’interdizione”. Ebbene, in questi luoghi, collocati all’interno della città (shadow space) o ai suoi margini (no law zone), vengono tollerate numerose condotte marcatamente devianti (come la prostituzione) o attività economiche apertamente criminali (come lo spaccio di sostanze stupefacenti), che per ragioni etiche o giuridiche, non possono essere negoziate alla luce del sole, ma delle quali, allo stesso tempo, vi è una importante richiesta da parte della collettività. Tali aree, che nella narrazione pubblica e nell’immaginario collettivo vengono aspramente contrastate, sono di fatto tollerate e rappresentano la parte nascosta della città, la sua ombra rimossa e inconfessabile, con la finalità di garantire alla comunità la fallace sensazione d’integrità morale e rispetto delle regole.

Aree d’interdizione. No law zone e shadow space.

Michele Lanna
2023

Abstract

Il presente lavoro intende riflettere sul rapporto tra meccanismi di potere e processi di esclusione, ponendo in evidenza i mutamenti intervenuti nella distribuzione spaziale della devianza. Nella prima parte si traccia la storia e lo sviluppo dei “trattamenti intramurari” delle devianze fino alla prima metà del ‘900; nella seconda, invece, partendo dalle attuali modalità di gestione, s’ipotizza l’esistenza di un latente meccanismo, sociale e istituzionale, attraverso il quale la devianza e certe tipologie di criminalità (necessary crime) vengono confinate in particolari spazi, denominati “aree d’interdizione”. Ebbene, in questi luoghi, collocati all’interno della città (shadow space) o ai suoi margini (no law zone), vengono tollerate numerose condotte marcatamente devianti (come la prostituzione) o attività economiche apertamente criminali (come lo spaccio di sostanze stupefacenti), che per ragioni etiche o giuridiche, non possono essere negoziate alla luce del sole, ma delle quali, allo stesso tempo, vi è una importante richiesta da parte della collettività. Tali aree, che nella narrazione pubblica e nell’immaginario collettivo vengono aspramente contrastate, sono di fatto tollerate e rappresentano la parte nascosta della città, la sua ombra rimossa e inconfessabile, con la finalità di garantire alla comunità la fallace sensazione d’integrità morale e rispetto delle regole.
2023
9791281331112
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/499590
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