A fronte dell’immensa quantità di scritti che hanno raccontato e analizzato il nostro Risorgimento esistono ancora pochissimi contributi sui danni ai monumenti durante le guerre risorgimentali. All’assenza di studi sui danni al patrimonio monumentale durante il processo unitario possono aver contribuito diversi fattori. E’ certamente problematico l’ampio arco cronologico di ciò che s’intende per Risorgimento, la diversità dei luoghi e dei modi degli scontri bellici. Anche escludendo la retrodatazione del processo risorgimentale al 1799, data di crociana memoria, lo spaccato temporale che va dal 1848 alla prima guerra mondiale, rende certamente complicato un quadro di sintesi. Per gli anni 1860 -1870, inoltre, il rapporto tra beni culturali e processo di unificazione è stato declinato in ben altri modi. Si è studiata la dispersione del patrimonio ecclesiastico dovuta all’estensione della legge sarda del 1855 e all’emanazione del r.d. 3036 del 1866; la storia della rifunzionalizzazione degli edifici soppressi ( in scuole, caserme , ospedali ecc.) , il processo di nascita della “tutela museografica italiana” e il rafforzamento, anche grazie a collezionisti privati, dell’orgoglio civico e patrio attraverso la creazione di una fitta rete di musei comunali, provinciali e privati. Guerra d’idee, oltre che di battaglie sul campo, il processo risorgimentale è stato, immediatamente, supportato dalla creazione di un importante patrimonio culturale ad esso contemporaneo (penso ai memoriali, alle sculture nelle piazze, ai dipinti nelle esposizioni e nei palazzi pubblici). E’ molto probabile, quindi, che proprio la classe dirigente del tempo, impegnata in quel processo di monumentalizzazione del risorgimento che Massimo Baioni ritiene “utile a costruire un universo politico-simbolico funzionale al sistema patriottico e alla costruzione degli italiani”, abbia, da un lato, favorito strategie di potenziamento del patrimonio culturale, dall’altro consapevolmente scelto ( orientando in tal modo anche le riflessioni successive) di non lamentarne perdite o distruzioni e trasformando queste ultime, soprattutto se nei luoghi di battaglie storiche, in spazi in cui anche il rudere bellico potesse cristallizzare il ricordo degli eventi e consacrarli alla religione della patria. In altre parole, in nome di questa “religione della patria” e della necessità del processo di costruzione di un’appartenenza nazionale che si basava anche sul culto di un passato comune fatto di “segni” condivisi, è probabile che proprio i danni a questi segni siano stati “rimossi”, ridimensionati se non addirittura retrodatati o comunque omologati a responsabilità connesse ad un pregresso disinteresse contro cui si è scagliato molta parte del dibattito postunitario. Lo sguardo alla vicenda meridionale oggetto del saggio sembra confermare questa ipotesi analizzando alcuni casi noti ( l’assedio di Gaeta) ed altri assolutamente inediti (il Palazzo Caetani di Fondi).

Il patrimonio culturale durante la "Guerra per il Mezzogiorno". Problematiche generali e possibili percorsi di ricerca

Nadia Barrella
2021

Abstract

A fronte dell’immensa quantità di scritti che hanno raccontato e analizzato il nostro Risorgimento esistono ancora pochissimi contributi sui danni ai monumenti durante le guerre risorgimentali. All’assenza di studi sui danni al patrimonio monumentale durante il processo unitario possono aver contribuito diversi fattori. E’ certamente problematico l’ampio arco cronologico di ciò che s’intende per Risorgimento, la diversità dei luoghi e dei modi degli scontri bellici. Anche escludendo la retrodatazione del processo risorgimentale al 1799, data di crociana memoria, lo spaccato temporale che va dal 1848 alla prima guerra mondiale, rende certamente complicato un quadro di sintesi. Per gli anni 1860 -1870, inoltre, il rapporto tra beni culturali e processo di unificazione è stato declinato in ben altri modi. Si è studiata la dispersione del patrimonio ecclesiastico dovuta all’estensione della legge sarda del 1855 e all’emanazione del r.d. 3036 del 1866; la storia della rifunzionalizzazione degli edifici soppressi ( in scuole, caserme , ospedali ecc.) , il processo di nascita della “tutela museografica italiana” e il rafforzamento, anche grazie a collezionisti privati, dell’orgoglio civico e patrio attraverso la creazione di una fitta rete di musei comunali, provinciali e privati. Guerra d’idee, oltre che di battaglie sul campo, il processo risorgimentale è stato, immediatamente, supportato dalla creazione di un importante patrimonio culturale ad esso contemporaneo (penso ai memoriali, alle sculture nelle piazze, ai dipinti nelle esposizioni e nei palazzi pubblici). E’ molto probabile, quindi, che proprio la classe dirigente del tempo, impegnata in quel processo di monumentalizzazione del risorgimento che Massimo Baioni ritiene “utile a costruire un universo politico-simbolico funzionale al sistema patriottico e alla costruzione degli italiani”, abbia, da un lato, favorito strategie di potenziamento del patrimonio culturale, dall’altro consapevolmente scelto ( orientando in tal modo anche le riflessioni successive) di non lamentarne perdite o distruzioni e trasformando queste ultime, soprattutto se nei luoghi di battaglie storiche, in spazi in cui anche il rudere bellico potesse cristallizzare il ricordo degli eventi e consacrarli alla religione della patria. In altre parole, in nome di questa “religione della patria” e della necessità del processo di costruzione di un’appartenenza nazionale che si basava anche sul culto di un passato comune fatto di “segni” condivisi, è probabile che proprio i danni a questi segni siano stati “rimossi”, ridimensionati se non addirittura retrodatati o comunque omologati a responsabilità connesse ad un pregresso disinteresse contro cui si è scagliato molta parte del dibattito postunitario. Lo sguardo alla vicenda meridionale oggetto del saggio sembra confermare questa ipotesi analizzando alcuni casi noti ( l’assedio di Gaeta) ed altri assolutamente inediti (il Palazzo Caetani di Fondi).
2021
Barrella, Nadia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/454675
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