Occorre essere consapevoli che creare le giuste premesse, strutturali e di contesto, affinché università e imprese possano interagire con successo nello scambio di conoscenza e tecnologia non necessariamente può dare vita a un processo di sviluppo dell’innovazione; infatti, in assenza di un comportamento attivo da parte degli attori, la conoscenza non è necessariamente assorbita e valorizzata. Ne consegue che solo favorendo l’evoluzione dell’atteggiamento mentale degli attori potrebbero crearsi delle favorevoli relazioni culturali in grado di finalizzare positivamente i processi di trasferimento. L’università dovrà essere maggiormente orientata a rilasciare conoscenza e tecnologia, meglio se prossima alla valorizzazione commerciale, mentre le imprese che posseggono capacità scientifiche e quindi capacità tecnologiche, detenendo una elevata Absorptive Capacity, potranno avere maggiori probabilità di innovare. L’interazione tra i due attori può contribuire in maniera evidente a colmare il gap tra le competenze necessarie nelle fasi di exploration e exploitation, scongiurando le tipiche situazioni di valley of death. Quanto sopra nella piena convinzione che, comunque, la convergenza temporale tra la ricerca accademica e l’innovazione industriale non può e non deve snaturare l’agire dell’università in termini di attenzione alla c.d. ricerca di base, in quanto diversamente potrebbero insorgere conseguenze peggiori. Se per l’industria il fine ultimo è generare profitto anche attraverso l’innovazione, per l’università l’innovazione può rappresentare uno strumento di affermazione e sopravvivenza. La questione morale non si ferma al ruolo del ricercatore rispetto alla propria istituzione di appartenenza ma ingloba anche i rapporti tra docenti e studenti. Il docente universitario che partecipa attivamente alla sua attività imprenditoriale potrebbe i) ridurre l’attenzione prestata verso gli studenti, ii) direzionare gli studenti verso temi di ricerca utili alla sua attività d’impresa; iii) trasferire/utilizzare a proprio vantaggio i risultati della ricerca effettuata anche grazie agli apporti degli studenti. Questi comportamenti traslati in un contesto d’impresa sono abbastanza “normali” per cui bisogna chiedersi se e quando quel docente diviene imprenditore e, di conseguenza, è portato a modificare il suo comportamento etico. Resterebbe comunque aperto un altro tema che da sempre ha influenzato e guidato l’agire dei ricercatori accademici e cioè quanto lo scientific ethos mertoniano, che individua la scienza pura attraverso quattro noti imperativi, sia ancora il credo prevalente. Quei valori per molti decenni hanno identificato la comunità scientifica distinguendola dall’industria. Nelle scienze di base alcuni derivati di questi valori sono alla base del comportamento considerato "corretto" anche se la segretezza, l'avidità e la gelosia sono evidenti nel mondo accademico e ancor più potranno guidare l’agire delle università in un prossimo divenire più orientato alla valorizzazione commerciale. Tutto ciò fa ribadire la convinzione che l’università nel prossimo futuro affinché possa giocare un ruolo chiave nei sistemi economici – locale, internazionale e globale – ha necessità di sviluppare delle competenze chiave: identificare dei programmi di ricerca che possano coinvolgere l’interesse delle imprese, in ciò scongiurando il proliferare di situazioni di valley of death; individuare opportunità di innovazione; prevedere cosa serve in termini di conoscenza/tecnologia migliorando la propensione al relativo trasferimento. Si tratta, dunque, di trovare il giusto bilanciamento tra Absorptive Capacity e Desorptive Capacity di entrambi gli attori, università è imprese, senza perciò tralasciare la reciprocità dei flussi di conoscenza e tecnologia.

Ricerca accademica e opportunità di innovazione per le imprese

DELL'ANNO D.
2018

Abstract

Occorre essere consapevoli che creare le giuste premesse, strutturali e di contesto, affinché università e imprese possano interagire con successo nello scambio di conoscenza e tecnologia non necessariamente può dare vita a un processo di sviluppo dell’innovazione; infatti, in assenza di un comportamento attivo da parte degli attori, la conoscenza non è necessariamente assorbita e valorizzata. Ne consegue che solo favorendo l’evoluzione dell’atteggiamento mentale degli attori potrebbero crearsi delle favorevoli relazioni culturali in grado di finalizzare positivamente i processi di trasferimento. L’università dovrà essere maggiormente orientata a rilasciare conoscenza e tecnologia, meglio se prossima alla valorizzazione commerciale, mentre le imprese che posseggono capacità scientifiche e quindi capacità tecnologiche, detenendo una elevata Absorptive Capacity, potranno avere maggiori probabilità di innovare. L’interazione tra i due attori può contribuire in maniera evidente a colmare il gap tra le competenze necessarie nelle fasi di exploration e exploitation, scongiurando le tipiche situazioni di valley of death. Quanto sopra nella piena convinzione che, comunque, la convergenza temporale tra la ricerca accademica e l’innovazione industriale non può e non deve snaturare l’agire dell’università in termini di attenzione alla c.d. ricerca di base, in quanto diversamente potrebbero insorgere conseguenze peggiori. Se per l’industria il fine ultimo è generare profitto anche attraverso l’innovazione, per l’università l’innovazione può rappresentare uno strumento di affermazione e sopravvivenza. La questione morale non si ferma al ruolo del ricercatore rispetto alla propria istituzione di appartenenza ma ingloba anche i rapporti tra docenti e studenti. Il docente universitario che partecipa attivamente alla sua attività imprenditoriale potrebbe i) ridurre l’attenzione prestata verso gli studenti, ii) direzionare gli studenti verso temi di ricerca utili alla sua attività d’impresa; iii) trasferire/utilizzare a proprio vantaggio i risultati della ricerca effettuata anche grazie agli apporti degli studenti. Questi comportamenti traslati in un contesto d’impresa sono abbastanza “normali” per cui bisogna chiedersi se e quando quel docente diviene imprenditore e, di conseguenza, è portato a modificare il suo comportamento etico. Resterebbe comunque aperto un altro tema che da sempre ha influenzato e guidato l’agire dei ricercatori accademici e cioè quanto lo scientific ethos mertoniano, che individua la scienza pura attraverso quattro noti imperativi, sia ancora il credo prevalente. Quei valori per molti decenni hanno identificato la comunità scientifica distinguendola dall’industria. Nelle scienze di base alcuni derivati di questi valori sono alla base del comportamento considerato "corretto" anche se la segretezza, l'avidità e la gelosia sono evidenti nel mondo accademico e ancor più potranno guidare l’agire delle università in un prossimo divenire più orientato alla valorizzazione commerciale. Tutto ciò fa ribadire la convinzione che l’università nel prossimo futuro affinché possa giocare un ruolo chiave nei sistemi economici – locale, internazionale e globale – ha necessità di sviluppare delle competenze chiave: identificare dei programmi di ricerca che possano coinvolgere l’interesse delle imprese, in ciò scongiurando il proliferare di situazioni di valley of death; individuare opportunità di innovazione; prevedere cosa serve in termini di conoscenza/tecnologia migliorando la propensione al relativo trasferimento. Si tratta, dunque, di trovare il giusto bilanciamento tra Absorptive Capacity e Desorptive Capacity di entrambi gli attori, università è imprese, senza perciò tralasciare la reciprocità dei flussi di conoscenza e tecnologia.
2018
Dell'Anno, D.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/399101
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