La villa dei principi d’Aquino di Caramanico, alle pendici del Vesuvio, è stata una delle più raffinate e sontuose tra quelle costruite sul cosiddetto “Miglio d’Oro”, cioè, quel lungo tratto dell’antica Strada Regia per le Calabrie, che costeggiava la “Real Villa” dei Borbone a Portici. Tuttavia, quando furono avviati i lavori per la costruzione della Reggia, essa fu espropriata dalla Corona, così, il giardino prospiciente fu cancellato per dar posto al vasto parco e alla riserva di caccia reale protesa verso il mare e l’intero edifico fu inglobato per diventare una delle ali in cui ospitare l’Herculanense Museum e l’Accademia Ercolanense, dove sarebbero stati conservati tutti i reperti e gli elementi di spolia, recuperati nella colossale campagna archeologica avviata da re Carlo. Della villa, oggi, resta traccia solo nel Borrador della mappa del Sito di Portici, l’ampia planimetria redatta intorno al 1738 per registrare lo stato dei luoghi prima degli espropri e dell’inizio dei lavori per realizzare il Palazzo Reale. Tale testimonianza cartografica, confrontata con la Pianta Generale ed altri siti, redatta da Francesco Geri nel 179, unitamente all’esegesi di documenti inediti e alla rilettura formale del disegno, hanno consentito di attribuire la paternità del giardino all’architetto napoletano Domenico Antonio Vaccaro. Il saggio, ripercorrendo la storia della villa dei Caramanico a Portici, da quando questa era un modesto “Casino con Giardino”, costruito su un’antica preesistenza, forse, di origine romana e, poi, diventata sede di incontri dei dotti dell’Accademia Antoniana (poi, Pontaniana), restituisce un importante episodio di architettura del Settecento, relazionandolo con il complesso panorama storico-culturale coevo e con le vicende che hanno accompagnato gli scavi archeologici dell’area vesuviana.

Il “Casino con Giardino” a Portici di Giacomo d’Aquino di Caramanico, da villa di delizie a Herculanense Museum

MANZO, Elena
2017

Abstract

La villa dei principi d’Aquino di Caramanico, alle pendici del Vesuvio, è stata una delle più raffinate e sontuose tra quelle costruite sul cosiddetto “Miglio d’Oro”, cioè, quel lungo tratto dell’antica Strada Regia per le Calabrie, che costeggiava la “Real Villa” dei Borbone a Portici. Tuttavia, quando furono avviati i lavori per la costruzione della Reggia, essa fu espropriata dalla Corona, così, il giardino prospiciente fu cancellato per dar posto al vasto parco e alla riserva di caccia reale protesa verso il mare e l’intero edifico fu inglobato per diventare una delle ali in cui ospitare l’Herculanense Museum e l’Accademia Ercolanense, dove sarebbero stati conservati tutti i reperti e gli elementi di spolia, recuperati nella colossale campagna archeologica avviata da re Carlo. Della villa, oggi, resta traccia solo nel Borrador della mappa del Sito di Portici, l’ampia planimetria redatta intorno al 1738 per registrare lo stato dei luoghi prima degli espropri e dell’inizio dei lavori per realizzare il Palazzo Reale. Tale testimonianza cartografica, confrontata con la Pianta Generale ed altri siti, redatta da Francesco Geri nel 179, unitamente all’esegesi di documenti inediti e alla rilettura formale del disegno, hanno consentito di attribuire la paternità del giardino all’architetto napoletano Domenico Antonio Vaccaro. Il saggio, ripercorrendo la storia della villa dei Caramanico a Portici, da quando questa era un modesto “Casino con Giardino”, costruito su un’antica preesistenza, forse, di origine romana e, poi, diventata sede di incontri dei dotti dell’Accademia Antoniana (poi, Pontaniana), restituisce un importante episodio di architettura del Settecento, relazionandolo con il complesso panorama storico-culturale coevo e con le vicende che hanno accompagnato gli scavi archeologici dell’area vesuviana.
2017
Manzo, Elena
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