In uno scenario globale nel quale le disparità economiche e sociali si acuiscono e i diritti che apparivano definitivamente acquisiti vengono progressivamente erosi (welfare compreso) ci si chiede se la disciplina urbanistica, con gli strumenti che le sono propri, può contribuire ad orientare le dinamiche territoriali in una direzione che tuteli i soggetti deboli e rafforzi la resilienza della struttura relazionale e materica della città. Sempre maggiore deve essere l’interazione tra politiche sociali, organizzazione spaziale e accessibilità funzionale, soprattutto quando la marginalità sociale si incrocia con questioni di genere, di etnia e di sub-cultura diffusa. Nonostante il tema della marginalità sia oramai un’emergenza e nonostante la teoria urbanistica abbia da tempo dichiarato che gli insediamenti urbani devono essere strutturati per rispondere alla domanda di ogni diversità, l’attualità urbana continua a restituirci città per WASP, nelle quali ogni soggetto debole incontra difficoltà di ogni grado. Il paper, dopo una definizione dei concetti di marginalità urbana e marginalità sociale, mediante il filtro della differenza di genere, e il contributo che l’azione urbanistica può dare, si concentra sull’ager campanus con i suoi insediamenti abusivi e privi di servizi, con la periferizzazione metropolitana che lo contraddistingue, con i beni confiscati alla criminalità organizzata e malamente o non ancora riutilizzati. Un riuso di tale beni, se integrato nel processo di pianificazione urbanistica, costituisce un contributo significativo all’inclusione dei soggetti più deboli e alla qualità urbana nel suo complesso. Il piano urbanistico deve garantire accessibilità, permeabilità, spazi pubblici di qualità e deve, soprattutto, ragionare sul concetto di comunità, comprendente abitanti, bambini e anziani, donne e uomini, italiani e stranieri, ecc.

Marginalità sociale e piano urbanistico

Petrella, Bianca;de Biase, Claudia
2017

Abstract

In uno scenario globale nel quale le disparità economiche e sociali si acuiscono e i diritti che apparivano definitivamente acquisiti vengono progressivamente erosi (welfare compreso) ci si chiede se la disciplina urbanistica, con gli strumenti che le sono propri, può contribuire ad orientare le dinamiche territoriali in una direzione che tuteli i soggetti deboli e rafforzi la resilienza della struttura relazionale e materica della città. Sempre maggiore deve essere l’interazione tra politiche sociali, organizzazione spaziale e accessibilità funzionale, soprattutto quando la marginalità sociale si incrocia con questioni di genere, di etnia e di sub-cultura diffusa. Nonostante il tema della marginalità sia oramai un’emergenza e nonostante la teoria urbanistica abbia da tempo dichiarato che gli insediamenti urbani devono essere strutturati per rispondere alla domanda di ogni diversità, l’attualità urbana continua a restituirci città per WASP, nelle quali ogni soggetto debole incontra difficoltà di ogni grado. Il paper, dopo una definizione dei concetti di marginalità urbana e marginalità sociale, mediante il filtro della differenza di genere, e il contributo che l’azione urbanistica può dare, si concentra sull’ager campanus con i suoi insediamenti abusivi e privi di servizi, con la periferizzazione metropolitana che lo contraddistingue, con i beni confiscati alla criminalità organizzata e malamente o non ancora riutilizzati. Un riuso di tale beni, se integrato nel processo di pianificazione urbanistica, costituisce un contributo significativo all’inclusione dei soggetti più deboli e alla qualità urbana nel suo complesso. Il piano urbanistico deve garantire accessibilità, permeabilità, spazi pubblici di qualità e deve, soprattutto, ragionare sul concetto di comunità, comprendente abitanti, bambini e anziani, donne e uomini, italiani e stranieri, ecc.
2017
Petrella, Bianca; de Biase, Claudia
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