Le bonifiche attuate dal regime fascista non costituirono affatto un’assoluta novità nella storia d’Italia, dal momento che furono precedute, nei secoli precedenti, dagli imponenti lavori di sistemazione idrica delle zone paludose condotti nell’Italia Settentrionale, così come nel Mezzogiorno (a cominciare dalla bonifica dei Regi Lagni attuata agli inizi del Seicento dal viceré Pedro Fernández de Castro), e, poi, dopo il 1860, dalle riforme promosse dai governi liberali, in particolare da quelli di Nitti e di Giolitti negli Anni Venti del 900. Va anche ricordato che negli stessi anni in cui l’Italia fascista era impegnata nella bonifica dell’Agro Pontino, altri paesi, come gli Stati Uniti e la Germania, stavano portando a termine ambiziosi programmi di opere pubbliche per il risanamento e la valorizzazione di molto più ampie zone rurali povere. Il regime, inoltre, non portò mai realmente a termine i suoi tanto proclamati progetti di «bonifica integrale», che puntavano anche ad aumentare la produttività dei terreni bonificati, incentivando forme più moderne di conduzione agraria e contrastando il latifondo. Questo obiettivo, sostenuto da “tecnici” di grande valore come Arrigo Serpieri, incontrò infatti la durissima resistenza degli agrari, in particolare di quelli meridionali, preoccupati di perdere i loro “secolari diritti” sulle terre. Il saggio presta perciò particolare attenzione al caso anomalo della bonifica della valle del Sele: se non l’unico episodio, certamente il più importante, in tutto il Mezzogiorno, in cui esponenti locali di primo piano di quel «capitalismo intelligente» a cui guardava con interesse Serpieri, avviarono con successo una bonifica «integrale» di un’ampia zona del Salernitano. Questo importante risultato fu ottenuto anche perché questi intraprendenti imprenditori agrari, molto attivi anche politicamente, furono in grado di esercitare una notevole influenza su un partito fascista salernitano debole e diviso, che, grazie a spregiudicate pratiche trasformistiche era riuscito ad assorbire la gran parte del vecchio ceto politico locale, ma che, proprio per questo, era caduto preda delle stesse accanite lotte per il potere condotte in precedenza dai gruppi che si richiamavano a Giolitti, a Sonnino e allo stesso Amendola.

La bonifica di Destra Sele. Effetti politici, sociali ed economici

DE MARCO, Paolo
2016

Abstract

Le bonifiche attuate dal regime fascista non costituirono affatto un’assoluta novità nella storia d’Italia, dal momento che furono precedute, nei secoli precedenti, dagli imponenti lavori di sistemazione idrica delle zone paludose condotti nell’Italia Settentrionale, così come nel Mezzogiorno (a cominciare dalla bonifica dei Regi Lagni attuata agli inizi del Seicento dal viceré Pedro Fernández de Castro), e, poi, dopo il 1860, dalle riforme promosse dai governi liberali, in particolare da quelli di Nitti e di Giolitti negli Anni Venti del 900. Va anche ricordato che negli stessi anni in cui l’Italia fascista era impegnata nella bonifica dell’Agro Pontino, altri paesi, come gli Stati Uniti e la Germania, stavano portando a termine ambiziosi programmi di opere pubbliche per il risanamento e la valorizzazione di molto più ampie zone rurali povere. Il regime, inoltre, non portò mai realmente a termine i suoi tanto proclamati progetti di «bonifica integrale», che puntavano anche ad aumentare la produttività dei terreni bonificati, incentivando forme più moderne di conduzione agraria e contrastando il latifondo. Questo obiettivo, sostenuto da “tecnici” di grande valore come Arrigo Serpieri, incontrò infatti la durissima resistenza degli agrari, in particolare di quelli meridionali, preoccupati di perdere i loro “secolari diritti” sulle terre. Il saggio presta perciò particolare attenzione al caso anomalo della bonifica della valle del Sele: se non l’unico episodio, certamente il più importante, in tutto il Mezzogiorno, in cui esponenti locali di primo piano di quel «capitalismo intelligente» a cui guardava con interesse Serpieri, avviarono con successo una bonifica «integrale» di un’ampia zona del Salernitano. Questo importante risultato fu ottenuto anche perché questi intraprendenti imprenditori agrari, molto attivi anche politicamente, furono in grado di esercitare una notevole influenza su un partito fascista salernitano debole e diviso, che, grazie a spregiudicate pratiche trasformistiche era riuscito ad assorbire la gran parte del vecchio ceto politico locale, ma che, proprio per questo, era caduto preda delle stesse accanite lotte per il potere condotte in precedenza dai gruppi che si richiamavano a Giolitti, a Sonnino e allo stesso Amendola.
2016
DE MARCO, Paolo
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