“Camminiamo nelle nostre città senza guardare: l’occhio scivola sulle cose, sugli uomini, sulle facciate degli edifici”, scrive Filiberto Menna nel 1965, osservando che la scena urbana “in cui pure viviamo tutte le nostre ore e i nostri giorni ci sfugge ormai nei suoi significati e nei suoi valori”, esaltando invece l’opera di “ricognizione urbana” del pittore Mario Carotenuto, il quale condensa nei suoi quadri “i filtri nobili e popolari di una novellistica che va da Masuccio a Domenico Rea”, come spiega Alfonso Gatto, ampliando l’orizzonte della sua ricerca nei viaggi a Parigi, Madrid e Monaco. Soggetto principale dei dipinti è la “divina” Costiera Amalfitana, straordinario sito architettonico e paesaggistico, resa nota già dai racconti di Goethe e dai disegni di Kniep, attraverso la pittura nell’Ottocento, fino alla fotografia, alle cartoline e alle locandine turistiche, veicolo di quell’immaginario turistico che ne consacra l’itinerario di viaggio per la borghesia. Una storia che racconta non solo le emergenze di Amalfi o di Ravello, ma anche quelle più imprevedibili, come il circolo culturale nato intorno alla bellezza inconfutabile di un piccolo agglomerato di case proteso verso il mare, Minori. Una linea di cultura figurativa che affonda le proprie radici nelle opere d’arte d’età antica e moderna presenti sul territorio e nelle sue architetture: quelle monumentali, come la villa del I secolo d.C., con il calidarium, il tepidarium e il viridarium, ma anche quelle di architettura spontanea, con l’intrico dei vicoli e delle scale che si arrampicano verso i giardini dei limoneti e dei vigneti, fino a Ravello. Gli anni Settanta segnano infine un momento decisivo, con il recupero della figurazione e della pittura come “memoria della cultura”. Da un lato, gli scambi di idee tra Aldo Falivena, Paolo Ricci, Eduardo Sanguineti e Vasco Pratolini, oltre naturalmente a Rea, Gatto e Menna, presso la Galleria “L’Incontro” di Salerno, e dall’altro il gruppo “Minori ’76”, con Lisa Krugell, Vittorio Mansi, Paolo Signorino, Giacomo Palladino e Carotenuto, danno luogo a un fervido momento intellettuale, consegnando al mito “scenografie” urbane, alcune delle quali incredibilmente quasi immutate nel tempo.

Paesaggi e città della Costiera Amalfitana nell’immaginario iconografico, culturale e turistico del Novecento

DE FALCO, Carolina
2017

Abstract

“Camminiamo nelle nostre città senza guardare: l’occhio scivola sulle cose, sugli uomini, sulle facciate degli edifici”, scrive Filiberto Menna nel 1965, osservando che la scena urbana “in cui pure viviamo tutte le nostre ore e i nostri giorni ci sfugge ormai nei suoi significati e nei suoi valori”, esaltando invece l’opera di “ricognizione urbana” del pittore Mario Carotenuto, il quale condensa nei suoi quadri “i filtri nobili e popolari di una novellistica che va da Masuccio a Domenico Rea”, come spiega Alfonso Gatto, ampliando l’orizzonte della sua ricerca nei viaggi a Parigi, Madrid e Monaco. Soggetto principale dei dipinti è la “divina” Costiera Amalfitana, straordinario sito architettonico e paesaggistico, resa nota già dai racconti di Goethe e dai disegni di Kniep, attraverso la pittura nell’Ottocento, fino alla fotografia, alle cartoline e alle locandine turistiche, veicolo di quell’immaginario turistico che ne consacra l’itinerario di viaggio per la borghesia. Una storia che racconta non solo le emergenze di Amalfi o di Ravello, ma anche quelle più imprevedibili, come il circolo culturale nato intorno alla bellezza inconfutabile di un piccolo agglomerato di case proteso verso il mare, Minori. Una linea di cultura figurativa che affonda le proprie radici nelle opere d’arte d’età antica e moderna presenti sul territorio e nelle sue architetture: quelle monumentali, come la villa del I secolo d.C., con il calidarium, il tepidarium e il viridarium, ma anche quelle di architettura spontanea, con l’intrico dei vicoli e delle scale che si arrampicano verso i giardini dei limoneti e dei vigneti, fino a Ravello. Gli anni Settanta segnano infine un momento decisivo, con il recupero della figurazione e della pittura come “memoria della cultura”. Da un lato, gli scambi di idee tra Aldo Falivena, Paolo Ricci, Eduardo Sanguineti e Vasco Pratolini, oltre naturalmente a Rea, Gatto e Menna, presso la Galleria “L’Incontro” di Salerno, e dall’altro il gruppo “Minori ’76”, con Lisa Krugell, Vittorio Mansi, Paolo Signorino, Giacomo Palladino e Carotenuto, danno luogo a un fervido momento intellettuale, consegnando al mito “scenografie” urbane, alcune delle quali incredibilmente quasi immutate nel tempo.
2017
DE FALCO, Carolina
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/368929
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact