Lo scritto intende analizzare l’applicabilità e le forme di attuazione della garanzia del giusto processo nel giudizio arbitrale. Nonostante l’arbitrato rappresenti una strada alternativa alla tutela dinanzi agli organi della giustizia statale, nondimeno la disciplina dell’arbitrato rituale attua le garanzie elencate nell’art. 111 Cost., anche se talora in forme più semplici e con un procedimento che, nella sua articolazione, è rimesso alla volontà delle parti. Anche qui vale, infatti, e per definizione, la riassuntiva pretesa della “ragionevole” durata, che anzi assurge a ragione stessa della forma alternativa di tutela. Ciò è reso evidente dalla prescrizione che il giudizio arbitrale (salve eventuali proroghe consentite dall’art. 820 c.p.c.) si concluda entro il termine fissato dalle parti o, comunque, entro duecentoquaranta giorni dall’accettazione degli arbitri. Né manca nell’arbitrato una disciplina della terzietà del giudice. Oggi opportunamente rinforzato dall’attento precetto dell’art. 815 sulla ricusabilità degli arbitri, ormai capace di garantire effettiva indipendenza del collegio, salvi i limiti intrinseci all’istituto per il fatto d’esser questo nominato dalle parti. Sotto questo profili, dunque, l’indagine riscontra che anche l’arbitrato, quale sistema alternativo alla giurisdizione togata, si conforma ai precetti dell’art. 111, comma 2° cost. e 6 CEDU. Successivamente l’indagine si concentra sul sistema di tutela del principio del contraddittorio nel giudizio di arbitrato (rituale). In particolare, sull’arbitrato con pluralità di parti e sugli eventi che nel corso del procedimento arbitrale possono far venir meno l’effettività del contraddittorio fra le parti. In chiusura, tuttavia, si riscontra la mancanza di ulteriori strumenti di effettività del contraddittorio, quale, ad esempio, quello teso ad impedire la pronuncia di c.d. terza via. Dovrebbe anche nell’arbitrato, infatti, esser valido il precetto di cui al recentemente introdotto art. 101, co. 2, c.p.c., che ribadisce per il giudice di merito l’obbligo di stimolare il contraddittorio sulla questione rilevata d’ufficio, così come già l’art. 384, co. 3°, medesimo codice imponeva alla suprema Corte.

Spunti sul principio del contraddittorio nel procedimento arbitrale

CALIFANO, Gian Paolo
2010

Abstract

Lo scritto intende analizzare l’applicabilità e le forme di attuazione della garanzia del giusto processo nel giudizio arbitrale. Nonostante l’arbitrato rappresenti una strada alternativa alla tutela dinanzi agli organi della giustizia statale, nondimeno la disciplina dell’arbitrato rituale attua le garanzie elencate nell’art. 111 Cost., anche se talora in forme più semplici e con un procedimento che, nella sua articolazione, è rimesso alla volontà delle parti. Anche qui vale, infatti, e per definizione, la riassuntiva pretesa della “ragionevole” durata, che anzi assurge a ragione stessa della forma alternativa di tutela. Ciò è reso evidente dalla prescrizione che il giudizio arbitrale (salve eventuali proroghe consentite dall’art. 820 c.p.c.) si concluda entro il termine fissato dalle parti o, comunque, entro duecentoquaranta giorni dall’accettazione degli arbitri. Né manca nell’arbitrato una disciplina della terzietà del giudice. Oggi opportunamente rinforzato dall’attento precetto dell’art. 815 sulla ricusabilità degli arbitri, ormai capace di garantire effettiva indipendenza del collegio, salvi i limiti intrinseci all’istituto per il fatto d’esser questo nominato dalle parti. Sotto questo profili, dunque, l’indagine riscontra che anche l’arbitrato, quale sistema alternativo alla giurisdizione togata, si conforma ai precetti dell’art. 111, comma 2° cost. e 6 CEDU. Successivamente l’indagine si concentra sul sistema di tutela del principio del contraddittorio nel giudizio di arbitrato (rituale). In particolare, sull’arbitrato con pluralità di parti e sugli eventi che nel corso del procedimento arbitrale possono far venir meno l’effettività del contraddittorio fra le parti. In chiusura, tuttavia, si riscontra la mancanza di ulteriori strumenti di effettività del contraddittorio, quale, ad esempio, quello teso ad impedire la pronuncia di c.d. terza via. Dovrebbe anche nell’arbitrato, infatti, esser valido il precetto di cui al recentemente introdotto art. 101, co. 2, c.p.c., che ribadisce per il giudice di merito l’obbligo di stimolare il contraddittorio sulla questione rilevata d’ufficio, così come già l’art. 384, co. 3°, medesimo codice imponeva alla suprema Corte.
2010
Califano, Gian Paolo
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/218140
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact