Un caso unico di “sostenibilità” nella Cina post 1949, l'ultima cosa che ci si aspetterebbe di trovare a Pechino: 798 è un kilometro quadrato di superficie, un ex distretto industriale con un vuoto diffuso e inatteso in una città punteggiata di grattacieli, uno spazio che si annoda ad un tempo iconoclasta, teso ad autodistruggersi quotidianamente per cancellarne le tracce, in perfetto carattere Chai. 798 stupisce. E' un museo a cielo aperto “ricostruito” sulle rovine dell'utopia che l'ha creata. “In tempo breve incarna come Pechino vede la propria comunità artistica e il mondo dell'arte vede Pechino […] dentro 798 ci sono pioppi e cicale […] manca la luna e la montagna” (J. Napack 2004). Oltre 798 c'è la Cina che vela il cielo anche sopra Berlino! [...] la città ha bisogno di memoria, ricordi, cultura, di tracce visibili, tangibili, materiali, la città ha bisogno di piedi che camminano su segni identitari, orientando - ove occorra - questa eredità, questo patrimonio verso un nuovo uso, con un fare creativo. Beijing 798 è questa città. Disegno/progetto di città. 798 City design traduce quanto il matematico Henry Poincarè scriveva: “la creatività e l'utilizzo di elementi che già esistono in combinazioni nuove che siano utili”. E l’impianto planimetrico cartesiano del sito già esiste, la fabbrica già esiste, la comunità artistica già esiste, i pioppi e le cicale già esistono e l'arte –che già esiste - si combina in filiera dell'arte e ri-disegna l'architettura per un nuovo uso. 798 ribadisce l'aforisma di Mies "less is more" = minimo è sostenibile.
BEIJING 798
MARTUSCIELLO, Sabina
2012
Abstract
Un caso unico di “sostenibilità” nella Cina post 1949, l'ultima cosa che ci si aspetterebbe di trovare a Pechino: 798 è un kilometro quadrato di superficie, un ex distretto industriale con un vuoto diffuso e inatteso in una città punteggiata di grattacieli, uno spazio che si annoda ad un tempo iconoclasta, teso ad autodistruggersi quotidianamente per cancellarne le tracce, in perfetto carattere Chai. 798 stupisce. E' un museo a cielo aperto “ricostruito” sulle rovine dell'utopia che l'ha creata. “In tempo breve incarna come Pechino vede la propria comunità artistica e il mondo dell'arte vede Pechino […] dentro 798 ci sono pioppi e cicale […] manca la luna e la montagna” (J. Napack 2004). Oltre 798 c'è la Cina che vela il cielo anche sopra Berlino! [...] la città ha bisogno di memoria, ricordi, cultura, di tracce visibili, tangibili, materiali, la città ha bisogno di piedi che camminano su segni identitari, orientando - ove occorra - questa eredità, questo patrimonio verso un nuovo uso, con un fare creativo. Beijing 798 è questa città. Disegno/progetto di città. 798 City design traduce quanto il matematico Henry Poincarè scriveva: “la creatività e l'utilizzo di elementi che già esistono in combinazioni nuove che siano utili”. E l’impianto planimetrico cartesiano del sito già esiste, la fabbrica già esiste, la comunità artistica già esiste, i pioppi e le cicale già esistono e l'arte –che già esiste - si combina in filiera dell'arte e ri-disegna l'architettura per un nuovo uso. 798 ribadisce l'aforisma di Mies "less is more" = minimo è sostenibile.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.