Il turismo, quando non è quello slow delle radici praticato dai migranti che ritornano temporaneamente nei luoghi di origine, è soggetto a giudizi contrapposti nel suo rapporto con le città e le comunità che le abitano: viene visto come una risorsa, che genera ricchezza economica, ma anche come una minaccia, quando è percepito come fenomeno incontrollabile e disequilibrante per la vita delle città. La questione non riguarda soltanto l’economia, ma aspetti profondi di una difficile interazione che l’uomo del nostro tempo ha con il diverso, con l’altro, con lo straniero e che spinge i cittadini ad un allontanarsi dagli spazi pubblici e a prediligere comunità di simili. I festival, per loro natura, sono anche occasioni di incontri, di breve durata, dei residenti con gli stranieri, in cui il collante non è lo sguardo, la parola o il sentimento psichico, ma l’esperienza culturale che li unisce, in quel momento e in quel luogo. Le comunità locali, sempre affette da una certa tendenza ad isolarsi nelle loro enclave, testano con questo tipo di manifestazioni la loro tenuta e, in qualche modo, fanno palestra (ri)sperimentando le differenze. Anche l’homo turisticus, attraverso pratiche partecipative e creative come i festival, si può allenare a mutare la propria postura da consumatore di servizi a cittadino transitorio e impegnato, con le analoghe responsabilità dei residenti. Ne viene fuori una comunità fluida, a tempo, fatta di mescolanza di soggetti diversi, che i giovani universitari ben conoscono nei loro periodi Erasmus trascorsi all’estero.

Festival. Progetti per comunità fluide

ANNAPAOLA CARRANO
In corso di stampa

Abstract

Il turismo, quando non è quello slow delle radici praticato dai migranti che ritornano temporaneamente nei luoghi di origine, è soggetto a giudizi contrapposti nel suo rapporto con le città e le comunità che le abitano: viene visto come una risorsa, che genera ricchezza economica, ma anche come una minaccia, quando è percepito come fenomeno incontrollabile e disequilibrante per la vita delle città. La questione non riguarda soltanto l’economia, ma aspetti profondi di una difficile interazione che l’uomo del nostro tempo ha con il diverso, con l’altro, con lo straniero e che spinge i cittadini ad un allontanarsi dagli spazi pubblici e a prediligere comunità di simili. I festival, per loro natura, sono anche occasioni di incontri, di breve durata, dei residenti con gli stranieri, in cui il collante non è lo sguardo, la parola o il sentimento psichico, ma l’esperienza culturale che li unisce, in quel momento e in quel luogo. Le comunità locali, sempre affette da una certa tendenza ad isolarsi nelle loro enclave, testano con questo tipo di manifestazioni la loro tenuta e, in qualche modo, fanno palestra (ri)sperimentando le differenze. Anche l’homo turisticus, attraverso pratiche partecipative e creative come i festival, si può allenare a mutare la propria postura da consumatore di servizi a cittadino transitorio e impegnato, con le analoghe responsabilità dei residenti. Ne viene fuori una comunità fluida, a tempo, fatta di mescolanza di soggetti diversi, che i giovani universitari ben conoscono nei loro periodi Erasmus trascorsi all’estero.
In corso di stampa
9788896463345
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/564648
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact