Nello scenario di crisi sociale e ambientale che interessa i territori contemporanei e in particolare piccole realtà locali che affacciano sul Mediterraneo, il design muove processi virtuosi con l’obiettivo di ripensare in maniera critica i modelli economici e sociali che coinvolgono ed investono le comunità (Latour, 2020). In tale contesto, il progetto La Nuova Libbaneria Mediterranea si pone l’obiettivo di riportare alla luce l'antica tradizione di lavorazione delle corde vegetali libbani a Maratea, Basilicata creando comunità, reti, alleanze, attraverso un approccio interdisciplinare con l’obiettivo di promuovere e rigenerare materiali tradizionali e risorse locali. Il progetto è stato finanziato su bando competitivo da Fondazione X e dall’Ente X e portato avanti un gruppo di dodici partner, provenienti da diversi settori per gestire la complessità del progetto, tra i quali associazioni per la promozione sociale, la camera di commercio, fondazioni d’arte e per la promozione della cultura, aziende nel settore tessile, comuni, università, enti del terzo settore e amministrazioni. Nell’ambito di tale partenariato il contributo si focalizza sul ruolo del design quale attivatore di processi e innovatore di prodotti. La Nuova Libbaneria Mediterranea si concentra sull'empowerment e sull'integrazione sociale e lavorativa delle donne locali e di quelle con background migratorio, provenienti anche dai centri SAI con la finalità di costituire in 30 mesi, in un processo strutturato in tre fasi, un'impresa sociale con sede a Maratea e gestita dalle donne selezionate e formate durante il processo. Quest'iniziativa nasce con l’obbiettivo di valorizzare il patrimonio culturale locale a partire da un saper fare locale che può rappresentare dignità e lavoro (Bonin, 2023). La storia dei libbani affonda le radici in un passato che appartiene alla memoria di tutta la comunità locale. Una microeconomia che storicamente ha permesso la sopravvivenza di molte famiglie e che oggi riacquista valore attraverso la sua rigenerazione. Con un laboratorio di comunità e il coinvolgimento di artisti e designer, il processo di lavorazione viene ripreso e reinventato secondo metodi e processi contemporanei. La prima fase del progetto si è focalizzata sul tema dell’inclusione sociale e ha previsto, con l’affiancamento dei centri SAI, una prima selezione di venti donne a rischio marginalità che hanno partecipato alle diverse attività e laboratori finalizzati alla produzione dei libbani. Nei processi di formazione e di inclusione sociale si è scelto di utilizzare metodologie del co-design, del design thinking e del listening design (Ranzo, P. et al., 2013). In parallelo è stato svolto un lavoro sulla narrazione del progetto per spiegarne la sua complessità attraverso un sistema di comunicazione, organizzazione e partecipazione ad eventi quali mostre e presentazioni. Una seconda fase, ancora in essere, riguarda la sperimentazione sul materiale. È stato pubblicato un bando per due residenze vinte da due designer del prodotto, con i quali sono stati progettati laboratori e sperimentazioni che hanno portato alla produzione di due prototipi di linee di prodotto nelle quali il libbano è stato trattato in maniera innovativa rispetto alle sue tradizionali tecniche e forme. Oltre alle sperimentazioni sulla materia prima e le sue tecniche di produzione, è stato sviluppato un progetto fotografico di narrazione dell’intero processo. I risultati di tale fase sono stati oggetto di due mostre aperte alla comunità. L’ultima fase coinvolgerà sette delle venti donne selezionate in un processo di accompagnamento all’autoimprenditorialità e formazione in azienda con lo scopo di costituire una cooperativa. Obiettivi La Nuova Libbaneria Mediterranea rappresenta un esempio di come la valorizzazione delle tradizioni locali in relazione agli aspetti produttivi legati ai materiali tradizionali possa diventare motore di sviluppo economico e sociale, creando opportunità e promuovendo l'inclusione e la diversità. Attraverso attività progettate di community building, living lab e capacity building, questo progetto offre alle donne l'opportunità di acquisire non solo competenze pratiche legate alla lavorazione dei libbani (Escobar, 2017), ma anche conoscenze storiche, culturali e ambientali. Diventando così catalizzatore di processi di empowerment individuale e collettivo, restituendo centralità alla comunità locale e promuovendo la valorizzazione del suo patrimonio ambientale (Böllhoff, Dicks, 2020). La mission del progetto è quella di promuovere lo sviluppo sociale mediante un approccio sinergico che integra la sostenibilità economica e l'innovazione tecnologica. In breve, gli obiettivi delineati possono essere conseguiti attraverso una serie di ambiti operativi, tra cui: lo sviluppo e rivitalizzazione culturale, lo sviluppo di forme di economie sostenibili, il coinvolgimento delle comunità locali attraverso processi di co-partecipativi, la conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, la promozione di un turismo responsabile che rispetti e valorizzi l'ambiente e la cultura locali (Garofano et al., 2021), e la preservazione dell'identità e della diversità delle comunità attraverso un approccio inclusivo e collaborativo nelle diverse forme di comunicazione (Bernagozzi, 2021). Riflessioni sul tema L’esperienza che si sta portando avanti sul tema dei libbani si delinea come positiva negli aspetti analizzati e trasferibile in altri contesti come modello esportabile. Questo processo evidenzia lo sviluppo di due aspetti interconnessi. Da un lato, come l'utilizzo di materie prime e risorse locali, in combinazione con processi di lavorazione e pratiche tradizionali, può promuovere economie circolari. Dall'altro lato, come la partecipazione delle comunità locali, attraverso processi di coinvolgimento co-partecipativo, può generare sviluppo sociale. Si auspica quindi che si verifichi un impatto positivo sia sull'ambiente che sul sociale (Orletti, 2021). Il progetto si propone di creare procedure partecipative che coinvolgano attivamente le comunità locali, potenziandole attraverso un processo di valorizzazione delle loro risorse e tradizioni, mirando a conservare e valorizzare il ricco patrimonio culturale legato alle attività del saper fare e promuovendo opportunità sociali e lavorative. In un contesto segnato dalle sfide globali come il cambiamento climatico e la crisi ecologica, il recupero di queste tradizioni diventa ancor più cruciale, poiché rappresentano un'autentica fonte di conoscenza e pratica per affrontare le sfide contemporanee. Il design si impegna quindi a integrare e valorizzare queste tradizioni nel processo di rigenerazione delle risorse, contribuendo alla costruzione di un futuro sostenibile e inclusivo attraverso una riflessione critica sulle fonti del pensiero progettuale e una rilettura delle sue storie. Il tema dei materiali nel nuovo regime climatico assume una particolare rilevanza soprattutto negli aspetti di ciclo di vita e impatti sull’ambiente sia nelle fasi di lavorazione che di produzione e dismissione (Latour, 2020). L’utilizzo di materiali naturali lavorati con tecniche tradizionale a basso impatto consente quindi uscire da modelli lineari ed estrattivi attivando cicli di design low tech che comportano un alto coinvolgimento della società a rischio marginalità, non solo relativo alle tecniche e materiali ma anche rispetto ai processi in chiave circolare e sostenibile, negli aspetti ambientali e sociali. Questo processo favorisce la formazione o riattivazione di comunità locali più coese e al contempo l'utilizzo di materiali e tecniche appartenenti alla tradizione locale dimostra un'alta inclusività e risponde efficacemente alle sfide della marginalità sociale e territoriale. All’interno di questi processi progettuali complessi il ruolo del designer può assumere centralità in tutte le fasi del processo progettuale. Il designer è un osservatore (design from), che trae ispirazione dall'ambiente circostante, dalla cultura e dalla società per sviluppare soluzioni innovative. Successivamente, il designer diventa un partecipante attivo (design with), coinvolgendo direttamente gli utenti e le comunità nel processo creativo, abbracciando la co-creazione e la collaborazione come elementi chiave del design (Manzini, 2015). Infine, il designer agisce come un facilitatore (design by), fornendo gli strumenti e le risorse necessarie affinché le idee possano prendere forma e trasformarsi in progetti tangibili. Questa tripartizione riflette una visione più inclusiva e partecipativa del design, dove il progettista non è più solo un creatore, ma un catalizzatore di processi collaborativi e di cambiamento sociale. Conclusioni Il modello che si sta sviluppando mira alla crescita economica sostenibile, promuovere l'attrattività economica dei territori, incentivando gli investimenti, favorendo il turismo e generando nuove opportunità di lavoro a livello locale (Youssef et al., 2018). Un altro risultato di rilievo sarebbe l'instaurarsi di un profondo senso di appartenenza tra gli abitanti. L'adozione di un approccio di design co-partecipativo implica che la popolazione si senta parte attiva nel processo di definizione e realizzazione di progetti che modellano il loro ambiente quotidiano. In ultima analisi, l'adozione di un approccio integrato in questi ambiti mira a creare comunità più forti, sostenibili e coese. Il design, integrato con l'economia per lo sviluppo socio-culturale, favorisce l'inclusione sociale e lo sviluppo sostenibile. Grazie alla partecipazione attiva della comunità, si creano soluzioni che soddisfano le esigenze locali e generano opportunità economiche (Lupo, 2009). Collaborando con gli stakeholder, il design diventa un catalizzatore per lo sviluppo economico sostenibile, valorizzando le risorse comunitarie. L'obiettivo è creare un ciclo virtuoso in cui il design migliora la qualità della vita e promuove una crescita economica equa e inclusiva, rinforzando il tessuto sociale.
La Nuova Libbaneria Mediterranea: lavorazioni tradizionali per lo sviluppo socio-economico delle comunità locali
Rosanna Cianniello
2024
Abstract
Nello scenario di crisi sociale e ambientale che interessa i territori contemporanei e in particolare piccole realtà locali che affacciano sul Mediterraneo, il design muove processi virtuosi con l’obiettivo di ripensare in maniera critica i modelli economici e sociali che coinvolgono ed investono le comunità (Latour, 2020). In tale contesto, il progetto La Nuova Libbaneria Mediterranea si pone l’obiettivo di riportare alla luce l'antica tradizione di lavorazione delle corde vegetali libbani a Maratea, Basilicata creando comunità, reti, alleanze, attraverso un approccio interdisciplinare con l’obiettivo di promuovere e rigenerare materiali tradizionali e risorse locali. Il progetto è stato finanziato su bando competitivo da Fondazione X e dall’Ente X e portato avanti un gruppo di dodici partner, provenienti da diversi settori per gestire la complessità del progetto, tra i quali associazioni per la promozione sociale, la camera di commercio, fondazioni d’arte e per la promozione della cultura, aziende nel settore tessile, comuni, università, enti del terzo settore e amministrazioni. Nell’ambito di tale partenariato il contributo si focalizza sul ruolo del design quale attivatore di processi e innovatore di prodotti. La Nuova Libbaneria Mediterranea si concentra sull'empowerment e sull'integrazione sociale e lavorativa delle donne locali e di quelle con background migratorio, provenienti anche dai centri SAI con la finalità di costituire in 30 mesi, in un processo strutturato in tre fasi, un'impresa sociale con sede a Maratea e gestita dalle donne selezionate e formate durante il processo. Quest'iniziativa nasce con l’obbiettivo di valorizzare il patrimonio culturale locale a partire da un saper fare locale che può rappresentare dignità e lavoro (Bonin, 2023). La storia dei libbani affonda le radici in un passato che appartiene alla memoria di tutta la comunità locale. Una microeconomia che storicamente ha permesso la sopravvivenza di molte famiglie e che oggi riacquista valore attraverso la sua rigenerazione. Con un laboratorio di comunità e il coinvolgimento di artisti e designer, il processo di lavorazione viene ripreso e reinventato secondo metodi e processi contemporanei. La prima fase del progetto si è focalizzata sul tema dell’inclusione sociale e ha previsto, con l’affiancamento dei centri SAI, una prima selezione di venti donne a rischio marginalità che hanno partecipato alle diverse attività e laboratori finalizzati alla produzione dei libbani. Nei processi di formazione e di inclusione sociale si è scelto di utilizzare metodologie del co-design, del design thinking e del listening design (Ranzo, P. et al., 2013). In parallelo è stato svolto un lavoro sulla narrazione del progetto per spiegarne la sua complessità attraverso un sistema di comunicazione, organizzazione e partecipazione ad eventi quali mostre e presentazioni. Una seconda fase, ancora in essere, riguarda la sperimentazione sul materiale. È stato pubblicato un bando per due residenze vinte da due designer del prodotto, con i quali sono stati progettati laboratori e sperimentazioni che hanno portato alla produzione di due prototipi di linee di prodotto nelle quali il libbano è stato trattato in maniera innovativa rispetto alle sue tradizionali tecniche e forme. Oltre alle sperimentazioni sulla materia prima e le sue tecniche di produzione, è stato sviluppato un progetto fotografico di narrazione dell’intero processo. I risultati di tale fase sono stati oggetto di due mostre aperte alla comunità. L’ultima fase coinvolgerà sette delle venti donne selezionate in un processo di accompagnamento all’autoimprenditorialità e formazione in azienda con lo scopo di costituire una cooperativa. Obiettivi La Nuova Libbaneria Mediterranea rappresenta un esempio di come la valorizzazione delle tradizioni locali in relazione agli aspetti produttivi legati ai materiali tradizionali possa diventare motore di sviluppo economico e sociale, creando opportunità e promuovendo l'inclusione e la diversità. Attraverso attività progettate di community building, living lab e capacity building, questo progetto offre alle donne l'opportunità di acquisire non solo competenze pratiche legate alla lavorazione dei libbani (Escobar, 2017), ma anche conoscenze storiche, culturali e ambientali. Diventando così catalizzatore di processi di empowerment individuale e collettivo, restituendo centralità alla comunità locale e promuovendo la valorizzazione del suo patrimonio ambientale (Böllhoff, Dicks, 2020). La mission del progetto è quella di promuovere lo sviluppo sociale mediante un approccio sinergico che integra la sostenibilità economica e l'innovazione tecnologica. In breve, gli obiettivi delineati possono essere conseguiti attraverso una serie di ambiti operativi, tra cui: lo sviluppo e rivitalizzazione culturale, lo sviluppo di forme di economie sostenibili, il coinvolgimento delle comunità locali attraverso processi di co-partecipativi, la conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, la promozione di un turismo responsabile che rispetti e valorizzi l'ambiente e la cultura locali (Garofano et al., 2021), e la preservazione dell'identità e della diversità delle comunità attraverso un approccio inclusivo e collaborativo nelle diverse forme di comunicazione (Bernagozzi, 2021). Riflessioni sul tema L’esperienza che si sta portando avanti sul tema dei libbani si delinea come positiva negli aspetti analizzati e trasferibile in altri contesti come modello esportabile. Questo processo evidenzia lo sviluppo di due aspetti interconnessi. Da un lato, come l'utilizzo di materie prime e risorse locali, in combinazione con processi di lavorazione e pratiche tradizionali, può promuovere economie circolari. Dall'altro lato, come la partecipazione delle comunità locali, attraverso processi di coinvolgimento co-partecipativo, può generare sviluppo sociale. Si auspica quindi che si verifichi un impatto positivo sia sull'ambiente che sul sociale (Orletti, 2021). Il progetto si propone di creare procedure partecipative che coinvolgano attivamente le comunità locali, potenziandole attraverso un processo di valorizzazione delle loro risorse e tradizioni, mirando a conservare e valorizzare il ricco patrimonio culturale legato alle attività del saper fare e promuovendo opportunità sociali e lavorative. In un contesto segnato dalle sfide globali come il cambiamento climatico e la crisi ecologica, il recupero di queste tradizioni diventa ancor più cruciale, poiché rappresentano un'autentica fonte di conoscenza e pratica per affrontare le sfide contemporanee. Il design si impegna quindi a integrare e valorizzare queste tradizioni nel processo di rigenerazione delle risorse, contribuendo alla costruzione di un futuro sostenibile e inclusivo attraverso una riflessione critica sulle fonti del pensiero progettuale e una rilettura delle sue storie. Il tema dei materiali nel nuovo regime climatico assume una particolare rilevanza soprattutto negli aspetti di ciclo di vita e impatti sull’ambiente sia nelle fasi di lavorazione che di produzione e dismissione (Latour, 2020). L’utilizzo di materiali naturali lavorati con tecniche tradizionale a basso impatto consente quindi uscire da modelli lineari ed estrattivi attivando cicli di design low tech che comportano un alto coinvolgimento della società a rischio marginalità, non solo relativo alle tecniche e materiali ma anche rispetto ai processi in chiave circolare e sostenibile, negli aspetti ambientali e sociali. Questo processo favorisce la formazione o riattivazione di comunità locali più coese e al contempo l'utilizzo di materiali e tecniche appartenenti alla tradizione locale dimostra un'alta inclusività e risponde efficacemente alle sfide della marginalità sociale e territoriale. All’interno di questi processi progettuali complessi il ruolo del designer può assumere centralità in tutte le fasi del processo progettuale. Il designer è un osservatore (design from), che trae ispirazione dall'ambiente circostante, dalla cultura e dalla società per sviluppare soluzioni innovative. Successivamente, il designer diventa un partecipante attivo (design with), coinvolgendo direttamente gli utenti e le comunità nel processo creativo, abbracciando la co-creazione e la collaborazione come elementi chiave del design (Manzini, 2015). Infine, il designer agisce come un facilitatore (design by), fornendo gli strumenti e le risorse necessarie affinché le idee possano prendere forma e trasformarsi in progetti tangibili. Questa tripartizione riflette una visione più inclusiva e partecipativa del design, dove il progettista non è più solo un creatore, ma un catalizzatore di processi collaborativi e di cambiamento sociale. Conclusioni Il modello che si sta sviluppando mira alla crescita economica sostenibile, promuovere l'attrattività economica dei territori, incentivando gli investimenti, favorendo il turismo e generando nuove opportunità di lavoro a livello locale (Youssef et al., 2018). Un altro risultato di rilievo sarebbe l'instaurarsi di un profondo senso di appartenenza tra gli abitanti. L'adozione di un approccio di design co-partecipativo implica che la popolazione si senta parte attiva nel processo di definizione e realizzazione di progetti che modellano il loro ambiente quotidiano. In ultima analisi, l'adozione di un approccio integrato in questi ambiti mira a creare comunità più forti, sostenibili e coese. Il design, integrato con l'economia per lo sviluppo socio-culturale, favorisce l'inclusione sociale e lo sviluppo sostenibile. Grazie alla partecipazione attiva della comunità, si creano soluzioni che soddisfano le esigenze locali e generano opportunità economiche (Lupo, 2009). Collaborando con gli stakeholder, il design diventa un catalizzatore per lo sviluppo economico sostenibile, valorizzando le risorse comunitarie. L'obiettivo è creare un ciclo virtuoso in cui il design migliora la qualità della vita e promuove una crescita economica equa e inclusiva, rinforzando il tessuto sociale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.