Per rappresentare la ricerca dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli“ sulle Comunità resilienti al Padiglione Italia della Biennale di Venezia di Architettura 2020 il Professore Cherubino Gambardella ha scelto di coordinare un gruppo di docenti, dottori di ricerca, dottorandi e studenti in un workshop intensivo di progettazione. Il tema centrale è il rapporto tra scheletri di calcestruzzo (spesso di natura abusiva) e la necessità di minimizzare il trasporto a rifiuto degli scarti da demolizione. Questi, specialmente nel nostro Mezzogiorno e in Campania, hanno rappresentato un gravissimo problema di inquinamento ambientale e di danneggiamento del paesaggio. Infatti, sin dalla demolizione del “Mostro di Fuenti” in Costiera Amalfitana, passando per lo “Scheletro di Alimuri” in costa Sorrentina e arrivando alle vere e proprie città abusive sorte nella costa Nord della provincia di Caserta, possiamo dire che i risultati dell’azione demolitiva non siano stati quelli attesi. Scarti e interi pezzi di cemento sopravvivono incastrati nelle rocce con ferri arrugginiti, materiali che sono finiti in acqua danneggiando la biodiversità dei fondali marini. Il problema non è solo di natura estetica. Le demolizioni del litorale casertano, così vicino alla nostra Università, hanno contribuito sensibilmente all’incremento della pratica illegale del sotterramento dei rifiuti in discariche improvvisate, abusive e spesso gestite dalla criminalità organizzata con il risultato di accrescere il danno alla pubblica salute alimentando il mostro infetto della “Terra dei fuochi”. Così, sia per l’indubbia potenza paesaggistica che per la notevole rilevanza ambientale, abbiamo pensato di produrre un lavoro che raccontasse un processo di rigenerazione ad uso pubblico e collettivo delle ville abusive sorte in area demaniale nel Comune di Torre di Pescopagano sul litorale Domizio, oggi scheletri e ruderi abbandonati, esposti al degrado e alla criminalità.
Città di scheletri. Torre di Pescopagano, Italia
Gelvi M
2021
Abstract
Per rappresentare la ricerca dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli“ sulle Comunità resilienti al Padiglione Italia della Biennale di Venezia di Architettura 2020 il Professore Cherubino Gambardella ha scelto di coordinare un gruppo di docenti, dottori di ricerca, dottorandi e studenti in un workshop intensivo di progettazione. Il tema centrale è il rapporto tra scheletri di calcestruzzo (spesso di natura abusiva) e la necessità di minimizzare il trasporto a rifiuto degli scarti da demolizione. Questi, specialmente nel nostro Mezzogiorno e in Campania, hanno rappresentato un gravissimo problema di inquinamento ambientale e di danneggiamento del paesaggio. Infatti, sin dalla demolizione del “Mostro di Fuenti” in Costiera Amalfitana, passando per lo “Scheletro di Alimuri” in costa Sorrentina e arrivando alle vere e proprie città abusive sorte nella costa Nord della provincia di Caserta, possiamo dire che i risultati dell’azione demolitiva non siano stati quelli attesi. Scarti e interi pezzi di cemento sopravvivono incastrati nelle rocce con ferri arrugginiti, materiali che sono finiti in acqua danneggiando la biodiversità dei fondali marini. Il problema non è solo di natura estetica. Le demolizioni del litorale casertano, così vicino alla nostra Università, hanno contribuito sensibilmente all’incremento della pratica illegale del sotterramento dei rifiuti in discariche improvvisate, abusive e spesso gestite dalla criminalità organizzata con il risultato di accrescere il danno alla pubblica salute alimentando il mostro infetto della “Terra dei fuochi”. Così, sia per l’indubbia potenza paesaggistica che per la notevole rilevanza ambientale, abbiamo pensato di produrre un lavoro che raccontasse un processo di rigenerazione ad uso pubblico e collettivo delle ville abusive sorte in area demaniale nel Comune di Torre di Pescopagano sul litorale Domizio, oggi scheletri e ruderi abbandonati, esposti al degrado e alla criminalità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.