extraordinary hermeticism, it tells, as Deleuze says, of a group of four ‘exhausted’ characters and their orderly movement through which they ‘exhaust’ all the space available to them, covering the distance in the only way allowed to them, carefully avoiding ‘touching’ each other. Totally free of words, the work appears as an ‘essentially motor refrain’, a gesture of the body that traces its own path through the space of the square and in this gesture visually generates it, gives it meaning and at the same time exhausts it. Starting from a reading of Beckett’s ‘text’ and its visual declination in some experiments carried out in academic contexts, the essay lets itself be seduced by the powerful metaphor that seems to link Beckett’s work to the current existential condition and proposes an interpretation in which the concepts of language (and for it body language and trajectory in space/time), distance (and for this reason misura ad quadratum whose potentiality is in the centre) and technology (in the full sense of technè and therefore of a space/time device that dialogues today with the digital dimension) articulate a narrative of imponderable power in which the staging of Beckett’s work, in its time and in the time to come, is declined today in the metaphor of the existential condition that the physical and emotional ‘distancing’ forces us to experience.

Un’opera di straordinario ermetismo che racconta, come ci dice Deleuze di un gruppo di quattro ‘esausti’ personaggi e del loro moto ordinato attraverso cui ‘esauriscono’ tutto lo spazio a loro disposizione, percorrendone la distanza nell’unico modo a loro concesso, evitando con cura di ‘toccarsi’. Liberata totalmente dalla parola, l’opera si presenta come ‘ritornello essenzialmente motorio’, gesto del corpo che disegna il proprio percorso nello spazio del quadrato e in questo gesto visivamente lo genera, gli conferisce un senso e al tempo stesso lo esaurisce. A partire dalla lettura del ‘testo’ di Beckett e dalla sua declinazione visiva in alcune sperimentazioni attuate in contesti accademici, il saggio si lascia sedurre dalla potente metafora che sembra legare l’opera di Beckett alla attuale condizione esistenziale e ne propone una lettura in cui i concetti di linguaggio (e per esso linguaggio del corpo e traiettoria nello spazio/tempo), distanza (e per esso misura ad quadratum la cui potenzialità è nel centro) e tecnologia (nel senso pieno di technè e dunque di dispositivo spazio/temporale che dialoga oggi con la dimensione digitale) articolano una narrazione di imponderabile potenza in cui la messa in scena dell’opera di Beckett, nel suo tempo e nel tempo a venire, si declina oggi nella metafora della condizione esistenziale che il ‘distanziamento’ fisico ed emotivo ci costringe a sperimentare.

L’occhio immobile di Quad che ferma il mondo / Quad’s Motionless Gaze that Stopsthe World

Alessandra Cirafici
;
2021

Abstract

extraordinary hermeticism, it tells, as Deleuze says, of a group of four ‘exhausted’ characters and their orderly movement through which they ‘exhaust’ all the space available to them, covering the distance in the only way allowed to them, carefully avoiding ‘touching’ each other. Totally free of words, the work appears as an ‘essentially motor refrain’, a gesture of the body that traces its own path through the space of the square and in this gesture visually generates it, gives it meaning and at the same time exhausts it. Starting from a reading of Beckett’s ‘text’ and its visual declination in some experiments carried out in academic contexts, the essay lets itself be seduced by the powerful metaphor that seems to link Beckett’s work to the current existential condition and proposes an interpretation in which the concepts of language (and for it body language and trajectory in space/time), distance (and for this reason misura ad quadratum whose potentiality is in the centre) and technology (in the full sense of technè and therefore of a space/time device that dialogues today with the digital dimension) articulate a narrative of imponderable power in which the staging of Beckett’s work, in its time and in the time to come, is declined today in the metaphor of the existential condition that the physical and emotional ‘distancing’ forces us to experience.
2021
9788835125891
Un’opera di straordinario ermetismo che racconta, come ci dice Deleuze di un gruppo di quattro ‘esausti’ personaggi e del loro moto ordinato attraverso cui ‘esauriscono’ tutto lo spazio a loro disposizione, percorrendone la distanza nell’unico modo a loro concesso, evitando con cura di ‘toccarsi’. Liberata totalmente dalla parola, l’opera si presenta come ‘ritornello essenzialmente motorio’, gesto del corpo che disegna il proprio percorso nello spazio del quadrato e in questo gesto visivamente lo genera, gli conferisce un senso e al tempo stesso lo esaurisce. A partire dalla lettura del ‘testo’ di Beckett e dalla sua declinazione visiva in alcune sperimentazioni attuate in contesti accademici, il saggio si lascia sedurre dalla potente metafora che sembra legare l’opera di Beckett alla attuale condizione esistenziale e ne propone una lettura in cui i concetti di linguaggio (e per esso linguaggio del corpo e traiettoria nello spazio/tempo), distanza (e per esso misura ad quadratum la cui potenzialità è nel centro) e tecnologia (nel senso pieno di technè e dunque di dispositivo spazio/temporale che dialoga oggi con la dimensione digitale) articolano una narrazione di imponderabile potenza in cui la messa in scena dell’opera di Beckett, nel suo tempo e nel tempo a venire, si declina oggi nella metafora della condizione esistenziale che il ‘distanziamento’ fisico ed emotivo ci costringe a sperimentare.
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