Negli ultimi anni, la ricostruzione delle pratiche rituali associate allo svolgimento di banchetti nel periodo miceneo è stata oggetto di un confronto spesso molto acceso tra gli studiosi di protostoria egea, in particolar modo in relazione a quanto tali cerimonie possano aver rappresentato la manifestazione di una precisa strategia con forti implicazioni di carattere sia sociale e politico sia religioso elaborata dall’élite palatina. Dall’analisi delle evidenze testuali micenee, infatti, le cerimonie di banchetto si configurano come rituali collettivi intesi a rinsaldare l’identità tra gruppi sociali diversi (attraverso la partecipazione a un momento rituale comune) legittimando e rinforzando, allo stesso tempo, le differenze di status tra i membri della comunità (elencati, sulle tavolette in Lineare B, secondo una rigida gerarchia). Tali cerimonie, inoltre, prevedevano l’offerta alle divinità (oltre che di cibi e bevande di diversa natura) di sacrifici animali. In questo modo, la partecipazione metaforica degli dei stessi al pasto comune assicurava la protezione divina sul palazzo e sulla sua comunità e legittimava, allo stesso tempo, la consumazione di grandi quantità di carne. Nel contesto di tali rituali, un aspetto particolarmente controverso è rappresentato dalla possibile partecipazione a cerimonie di banchetto di individui – anch’essi destinatari di offerte alimentari – denominati attraverso uno zoonimo. Costoro, secondo un’ipotesi che si giudica particolarmente interessante e che si cercherà di sostanziare ulteriormente attraverso l’analisi di fonti testuali e iconografiche, potrebbero essere identificati con alcuni rappresentanti di alto rango della classe sacerdotale, caratterizzati (e, da ciò, denominati) dal recare maschere ferine, indossare pelli di animali, partecipare a processioni e svolgere danze mimetiche in occasione di festività religiose.

Mascheramenti rituali alle mense degli dèi nella Grecia micenea?

CIVITILLO MATILDE
2019

Abstract

Negli ultimi anni, la ricostruzione delle pratiche rituali associate allo svolgimento di banchetti nel periodo miceneo è stata oggetto di un confronto spesso molto acceso tra gli studiosi di protostoria egea, in particolar modo in relazione a quanto tali cerimonie possano aver rappresentato la manifestazione di una precisa strategia con forti implicazioni di carattere sia sociale e politico sia religioso elaborata dall’élite palatina. Dall’analisi delle evidenze testuali micenee, infatti, le cerimonie di banchetto si configurano come rituali collettivi intesi a rinsaldare l’identità tra gruppi sociali diversi (attraverso la partecipazione a un momento rituale comune) legittimando e rinforzando, allo stesso tempo, le differenze di status tra i membri della comunità (elencati, sulle tavolette in Lineare B, secondo una rigida gerarchia). Tali cerimonie, inoltre, prevedevano l’offerta alle divinità (oltre che di cibi e bevande di diversa natura) di sacrifici animali. In questo modo, la partecipazione metaforica degli dei stessi al pasto comune assicurava la protezione divina sul palazzo e sulla sua comunità e legittimava, allo stesso tempo, la consumazione di grandi quantità di carne. Nel contesto di tali rituali, un aspetto particolarmente controverso è rappresentato dalla possibile partecipazione a cerimonie di banchetto di individui – anch’essi destinatari di offerte alimentari – denominati attraverso uno zoonimo. Costoro, secondo un’ipotesi che si giudica particolarmente interessante e che si cercherà di sostanziare ulteriormente attraverso l’analisi di fonti testuali e iconografiche, potrebbero essere identificati con alcuni rappresentanti di alto rango della classe sacerdotale, caratterizzati (e, da ciò, denominati) dal recare maschere ferine, indossare pelli di animali, partecipare a processioni e svolgere danze mimetiche in occasione di festività religiose.
2019
978-88-98054-44-2
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/420505
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