Il volume si propone di indagare le manifestazioni della prassi più recente, al fine di verificare se il processo di erosione del regime di libertà applicabile all’alto mare possa dirsi ancora in atto, con quale intensità e con quali implicazioni per l’ordinamento internazionale. La prospettiva di indagine oggetto di questo studio risulta ispirata dall’ampia diffusione che nel corso degli ultimi due decenni hanno avuto vari fenomeni criminali, soprattutto in alto mare. Questa zona di mare è diventata teatro di una serie di delitti transnazionali escogitati e realizzati da individui che agiscono nell’ambito di fitte reti criminali presenti in più Paesi del mondo. Trafficanti di droga, armi ed esseri umani sembrano tutti ben consapevoli del fatto che all’epoca delle codificazioni del diritto internazionale del mare si scelse di assoggettare l’alto mare a un regime di libertà. In ossequio a questo regime, infatti, lo Stato che incontra in alto mare un’imbarcazione impegnata in gravi reati – anche quando essi comportano importanti ripercussioni internazionali – normalmente non può intervenire e, ad esempio, procedere alla cattura dei sospetti criminali senza l’esplicita autorizzazione dello Stato di bandiera. Lo studio si sofferma, in particolare, sull’inquadramento, da un lato, della pirateria marittima e, dall’altro, delle atroci attività illecite che sfruttano la vulnerabilità degli individui che in numero sempre crescente negli ultimi anni si spostano dalle coste del sud a quelle del nord del Mar Mediterraneo (Parte I). Di fronte all’incapacità del regime esistente, gli Stati hanno reagito intraprendendo una massiccia azione di contrasto che sostanzialmente mira alla repressione marittima di tali fenomeni criminali (Parte II). Sebbene in misura diversa, l’analisi evidenzia come la pirateria marittima, la tratta di persone e il traffico di migranti siano delitti che disturbano la navigazione marittima e minacciano l’incolumità degli individui. Nel tentativo di ristabilire ordine e stabilità lungo le rotte in alto mare, la comunità internazionale colloca alla base del suo intervento l’obiettivo primario di tutelare la sicurezza della navigazione e la sicurezza degli individui in mare. A ben vedere, i provvedimenti che guidano l’azione repressiva degli Stati richiamano espressamente il concetto di sicurezza marittima e gli strumenti pattizi che se ne occupano. Si noterà come in questi strumenti, adottati sia nel contesto del diritto marittimo sia in quello dei meccanismi di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, la sicurezza stia acquistando crescente valore giuridico. E se nell’ambito del diritto marittimo il concetto di sicurezza marittima viene delineato attraverso una serie di norme da cui scaturisce l’obbligo per gli Stati di adottare misure volte a preservare la sicurezza della navigazione e della vita umana anche in alto mare, nell’ambito dei meccanismi di tutela dei diritti umani la sicurezza sta gradualmente assumendo la fisionomia di un diritto fondamentale autonomo. Anche nella giurisprudenza dei tribunali internazionali, peraltro, emerge e si consolida un’idea di sicurezza marittima quale diritto di ciascun individuo a essere sicuro in generale e nel contesto di specifiche circostanze. Il tema della sicurezza si ripresenta anche nel caso di operazioni militari in alto mare sotto forma di altri specifici diritti fondamentali dell’uomo, quali, ad esempio, il diritto alla vita, il diritto alla libertà e alla sicurezza personale e a non essere trasferiti in un luogo che non sia sicuro.

Criminalità e sicurezza in alto mare

Giorgia Bevilacqua
2017

Abstract

Il volume si propone di indagare le manifestazioni della prassi più recente, al fine di verificare se il processo di erosione del regime di libertà applicabile all’alto mare possa dirsi ancora in atto, con quale intensità e con quali implicazioni per l’ordinamento internazionale. La prospettiva di indagine oggetto di questo studio risulta ispirata dall’ampia diffusione che nel corso degli ultimi due decenni hanno avuto vari fenomeni criminali, soprattutto in alto mare. Questa zona di mare è diventata teatro di una serie di delitti transnazionali escogitati e realizzati da individui che agiscono nell’ambito di fitte reti criminali presenti in più Paesi del mondo. Trafficanti di droga, armi ed esseri umani sembrano tutti ben consapevoli del fatto che all’epoca delle codificazioni del diritto internazionale del mare si scelse di assoggettare l’alto mare a un regime di libertà. In ossequio a questo regime, infatti, lo Stato che incontra in alto mare un’imbarcazione impegnata in gravi reati – anche quando essi comportano importanti ripercussioni internazionali – normalmente non può intervenire e, ad esempio, procedere alla cattura dei sospetti criminali senza l’esplicita autorizzazione dello Stato di bandiera. Lo studio si sofferma, in particolare, sull’inquadramento, da un lato, della pirateria marittima e, dall’altro, delle atroci attività illecite che sfruttano la vulnerabilità degli individui che in numero sempre crescente negli ultimi anni si spostano dalle coste del sud a quelle del nord del Mar Mediterraneo (Parte I). Di fronte all’incapacità del regime esistente, gli Stati hanno reagito intraprendendo una massiccia azione di contrasto che sostanzialmente mira alla repressione marittima di tali fenomeni criminali (Parte II). Sebbene in misura diversa, l’analisi evidenzia come la pirateria marittima, la tratta di persone e il traffico di migranti siano delitti che disturbano la navigazione marittima e minacciano l’incolumità degli individui. Nel tentativo di ristabilire ordine e stabilità lungo le rotte in alto mare, la comunità internazionale colloca alla base del suo intervento l’obiettivo primario di tutelare la sicurezza della navigazione e la sicurezza degli individui in mare. A ben vedere, i provvedimenti che guidano l’azione repressiva degli Stati richiamano espressamente il concetto di sicurezza marittima e gli strumenti pattizi che se ne occupano. Si noterà come in questi strumenti, adottati sia nel contesto del diritto marittimo sia in quello dei meccanismi di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, la sicurezza stia acquistando crescente valore giuridico. E se nell’ambito del diritto marittimo il concetto di sicurezza marittima viene delineato attraverso una serie di norme da cui scaturisce l’obbligo per gli Stati di adottare misure volte a preservare la sicurezza della navigazione e della vita umana anche in alto mare, nell’ambito dei meccanismi di tutela dei diritti umani la sicurezza sta gradualmente assumendo la fisionomia di un diritto fondamentale autonomo. Anche nella giurisprudenza dei tribunali internazionali, peraltro, emerge e si consolida un’idea di sicurezza marittima quale diritto di ciascun individuo a essere sicuro in generale e nel contesto di specifiche circostanze. Il tema della sicurezza si ripresenta anche nel caso di operazioni militari in alto mare sotto forma di altri specifici diritti fondamentali dell’uomo, quali, ad esempio, il diritto alla vita, il diritto alla libertà e alla sicurezza personale e a non essere trasferiti in un luogo che non sia sicuro.
2017
978-88-9391-177-1
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/396529
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact