Negli ultimi anni le strategie per la riqualificazione dei quartieri residenziali pubblici si sono articolate integrandosi spesso con proposte di recupero e ridisegno delle periferie. L’attenzione che un tempo era focalizzata sulle condizioni degli edifici e segnatamente sull’adeguamento delle abitazioni si è estesa a campi più allargati e complessi, coinvolgendo i rapporti tra il quartiere e le aree limitrofe, in particolare per quanto riguarda l’integrazione con i servizi, il sistema degli spazi esterni, gli accessi, le infrastrutture, ecc. In alcune precedenti ricerche sui criteri di intervento per la riqualificazione della residenza pubblica, (Prin e Ricerche Interdipartimentali) svolte tra il 2008 e il 2010, avevamo sottolineato l’esigenza che le nuove tecniche di adeguamento edilizio, in grande sviluppo nel risanamento delle grandi città europee, fossero inquadrate in un campo problematico più ampio per verificare il ruolo dei diversi aspetti che concorrono alla riconfigurazione degli insediamenti. Per quanto riguarda il ruolo crescente dato all’aggiornamento tecnologico, ad esempio, veniva valutato in che misura le diverse scelte tecniche della rigenerazione (adeguamento tecnologico, sovrapposizione, densificazione, infilling, rifacimenti di facciate) modificassero l’identità del quartiere sia per quanto riguarda la forma degli edifici, sia per quanto riguarda il carattere architettonico nei rapporti con la localizzazione e l’intorno urbano. Gli studi condotti in quegli anni su alcuni insediamenti di residenza pubblica realizzati in Campania prima del 1960, in particolare sul quartiere Alfa Romeo a Pomigliano d’Arco e sul quartiere Vanvitelli a Caserta, hanno fornito una base conoscitiva e metodologica utile nell’indirizzare la ricerca attuale. Oltre alla consueta verifica sulle condizioni abitative degli alloggi e sugli standard, ci eravamo interessati al ridisegno e alla funzionalizzazione degli spazi esterni e dei luoghi pubblici, considerandoli una risorsa preziosa per l’habitat e una possibile estensione dello spazio domestico vero e proprio. Un aspetto ha continuato a interessarci anche nelle ricerche attuali: il tentativo di rintracciare alcuni segni della tradizione rurale campana (quale ad esempio l’edificazione a corte) nell’architettura residenziale moderna, nel suo cammino verso i caratteri sempre più urbani dell’abitare. La ricerca per la Legge 5, che qui si conclude, ha scelto di aggiornare le tecniche di intervento prendendo come punti di applicazione (ad eccezione di un borgo rurale), quartieri ad alta densità abitativa realizzati fino agli anni novanta del novecento. Dalla fine degli anni ’50 molti quartieri di edilizia economica e popolare realizzati in Campania abbandonano il rigore compositivo e la coerenza stilistica acquisita dal razionalismo europeo e sperimentano maggiori articolazioni morfologiche, richiamandosi ad altre esperienze europee in particolare a quelle realizzate nei paesi scandinavi. Dal punto di vista scientifico non ci interessa dare giudizi di valore sul passaggio che intercorre dai primi anni dell’attività dell’Ina Casa e dell’IACP alle successive vicende degli anni novanta e di fine millennio. Tuttavia è indubbio che questa scelta “temporale” indirizza in qualche misura l’angolazione della ricerca. Il carattere pluralista e diversificato delle architetture realizzate negli anni settanta-ottanta in Italia meridionale ci ha consegnato, tranne poche eccezioni, opere assai meno caratterizzate rispetto a quelle dei protagonisti del dopoguerra (Libera, Moretti, Quaroni, Samonà, Fiorentino, Ajmonino ecc.). Nel recupero dei quartieri “autoriali” dell’immediato dopoguerra il problema centrale della ricerca era quello di elaborare interventi tecnicamente efficaci che non alterassero l’identità e il senso degli insediamenti ormai “storicizzati” nella nostra cultura. La rigenerazione invece di quartieri successivi, segnati da una più modesta qualità architettonica, richiede una più incisiva reinterpretazione dei temi urbani, -e allo stesso tempo consente a chi interviene di operare con maggiori possibilità di sperimentazione, libere da timori reverenziali nei confronti dei maestri..
Riconfigurazione, Assemblage, Infilling nel recupero dei quartieri residenziali pubblici
Borrelli Marino;Manzo Carlo Alessandro;Rendina Massimiliano;Costanzo Francesco
2017
Abstract
Negli ultimi anni le strategie per la riqualificazione dei quartieri residenziali pubblici si sono articolate integrandosi spesso con proposte di recupero e ridisegno delle periferie. L’attenzione che un tempo era focalizzata sulle condizioni degli edifici e segnatamente sull’adeguamento delle abitazioni si è estesa a campi più allargati e complessi, coinvolgendo i rapporti tra il quartiere e le aree limitrofe, in particolare per quanto riguarda l’integrazione con i servizi, il sistema degli spazi esterni, gli accessi, le infrastrutture, ecc. In alcune precedenti ricerche sui criteri di intervento per la riqualificazione della residenza pubblica, (Prin e Ricerche Interdipartimentali) svolte tra il 2008 e il 2010, avevamo sottolineato l’esigenza che le nuove tecniche di adeguamento edilizio, in grande sviluppo nel risanamento delle grandi città europee, fossero inquadrate in un campo problematico più ampio per verificare il ruolo dei diversi aspetti che concorrono alla riconfigurazione degli insediamenti. Per quanto riguarda il ruolo crescente dato all’aggiornamento tecnologico, ad esempio, veniva valutato in che misura le diverse scelte tecniche della rigenerazione (adeguamento tecnologico, sovrapposizione, densificazione, infilling, rifacimenti di facciate) modificassero l’identità del quartiere sia per quanto riguarda la forma degli edifici, sia per quanto riguarda il carattere architettonico nei rapporti con la localizzazione e l’intorno urbano. Gli studi condotti in quegli anni su alcuni insediamenti di residenza pubblica realizzati in Campania prima del 1960, in particolare sul quartiere Alfa Romeo a Pomigliano d’Arco e sul quartiere Vanvitelli a Caserta, hanno fornito una base conoscitiva e metodologica utile nell’indirizzare la ricerca attuale. Oltre alla consueta verifica sulle condizioni abitative degli alloggi e sugli standard, ci eravamo interessati al ridisegno e alla funzionalizzazione degli spazi esterni e dei luoghi pubblici, considerandoli una risorsa preziosa per l’habitat e una possibile estensione dello spazio domestico vero e proprio. Un aspetto ha continuato a interessarci anche nelle ricerche attuali: il tentativo di rintracciare alcuni segni della tradizione rurale campana (quale ad esempio l’edificazione a corte) nell’architettura residenziale moderna, nel suo cammino verso i caratteri sempre più urbani dell’abitare. La ricerca per la Legge 5, che qui si conclude, ha scelto di aggiornare le tecniche di intervento prendendo come punti di applicazione (ad eccezione di un borgo rurale), quartieri ad alta densità abitativa realizzati fino agli anni novanta del novecento. Dalla fine degli anni ’50 molti quartieri di edilizia economica e popolare realizzati in Campania abbandonano il rigore compositivo e la coerenza stilistica acquisita dal razionalismo europeo e sperimentano maggiori articolazioni morfologiche, richiamandosi ad altre esperienze europee in particolare a quelle realizzate nei paesi scandinavi. Dal punto di vista scientifico non ci interessa dare giudizi di valore sul passaggio che intercorre dai primi anni dell’attività dell’Ina Casa e dell’IACP alle successive vicende degli anni novanta e di fine millennio. Tuttavia è indubbio che questa scelta “temporale” indirizza in qualche misura l’angolazione della ricerca. Il carattere pluralista e diversificato delle architetture realizzate negli anni settanta-ottanta in Italia meridionale ci ha consegnato, tranne poche eccezioni, opere assai meno caratterizzate rispetto a quelle dei protagonisti del dopoguerra (Libera, Moretti, Quaroni, Samonà, Fiorentino, Ajmonino ecc.). Nel recupero dei quartieri “autoriali” dell’immediato dopoguerra il problema centrale della ricerca era quello di elaborare interventi tecnicamente efficaci che non alterassero l’identità e il senso degli insediamenti ormai “storicizzati” nella nostra cultura. La rigenerazione invece di quartieri successivi, segnati da una più modesta qualità architettonica, richiede una più incisiva reinterpretazione dei temi urbani, -e allo stesso tempo consente a chi interviene di operare con maggiori possibilità di sperimentazione, libere da timori reverenziali nei confronti dei maestri..I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.