XVI Congresso Nazionale CIF Napoli 4-6 ottobre 2012-07-14 Tavola rotonda del 6 ottobre: “Clinical governance dell’ambulatorio flebologico” – Presidenti: Maria Triassi –Antonello Peluso. Bruno Cammarota - Napoli (intervento proposto a seguito del “rischio anestesiogico”). La esposizione professionale ai gas anestetici in sala operatoria e ambienti per chirurgia diurna. La esposizione degli operatori sanitari ad agenti chimici, in specie ai gas anestetici, in ambiente ospedaliero, è stata lungo ignorata o minimizzata, poi valutata dalla OMS con la costituzione di un team di esperti per il suo controllo (WHO: Party on Occupational Hazards in Hospital – Rev. San. Hyg. Pub. 1982;56:1253-1260). Il nostro Ministero Sanità con Circolare n° 5 del 14-3-89 definiva i “limiti tecnici” in TLV-TWA di esposizione ambientale all’N2O, in 100 ppm per sale operatorie preesistenti; 50 ppm per sale operatorie ristrutturate. In anestesia generale si somministrano gas anestetici per via inalatoria coadiuvati da farmaci per via endovenosa (barbiturici, morfinosimili, curarici naturali e sintetici).Questi ultimi non comportano rischi noti di manipolazione per gli operatori mentre la inevitabile dispersione ambientale di gas anestetici può comportare effetti tossici da esposizione lavorativa su base lento-cronica (prolungata a basse dosi), diversamente dalle possibili criticità acute che possono riguardare il paziente(o Utente). L’anestesia inalatoria impiega uno o più anestetici veicolati da un gas vettore rappresentato da aria o ossigeno. Gli anestetici comunemente utilizzati sono: il Protossido di Azoto, allo stato fisico di gas (alla temperatura e pressione ambiente) ed i composti alogenati volatili, allo stato fisico di liquidi (alla temperatura e pressione ambiente), in grado di produrre vapori per moderata somministrazione di energia termica o meccanica. Il Protossido di Azoto è contenuto come gas compresso in bombole, gli alogenati, in appositi evaporatori. Nella storia recente gli alogenati più usati in miscela con il protossido di azoto risultano l’alotano (fluotano), l’enfluorano (etrano) e l’isofluorano (forano), più recentemente il sevofluorano che risulta molto attivo ed anche maneggevole in ragione della sua bassissima solubilità nei tessuti biologici. Gli anestetici inalati sono assorbiti a livello alveolo-capillare e distribuiti ai diversi tessuti biologici in funzione della loro solubilità (coefficiente di ripartizione) e caratteristiche fisiche e biocinetiche. Quelli con bassa solubilità nel sangue e nei tessuti biologici ne consentono la più rapida eliminazione alla fine dell’intervento chirurgico e della esposizione professionale.Gli anestetici inalati sono in parte biotrasformati ed eliminati come metaboliti idrosolubili attraverso il rene in percentuali molto variabili per tipo; una loro quota rilevante viene eliminata per espirazione e, ove non opportunamente convogliata, costituisce una importante fonte di inquinamento ambientale in sala operatoria. I possibili effetti sanitari da esposizione professionale sono sintetizzabili in: epatopatie, aborti spontanei, alterazioni ematologiche, effetti a carico del SNC e SNP, riduzione dei livelli di vigilanza e rallentamento dei processi percettivi e motori. Principali cause di esposizione derivano da: Perdita dal sistema di canalizzazione e diffusione dei gas (circuito vai-vieni del ventilatore per anestesia), diffusione di gas anestetico nella fase d’induzione dell’anestesia, diffusione di gas anestetici nell’aria espirata dal paziente. Il monitoraggio ambientale viene effettuato in tempo reale su aria campionata in continuo con tecnica spettrofotometrica nell’infrarosso o fotoacustica. Il riferimento ed il criterio adottato è quello dell’ACGIH che indica le soglie: T.W.A. (Time Weighted Average) o valore limite ponderato ( media delle concentrazioni della singola sostanza per turno lavorativo a cui può essere esposto un campione di popolazione lavorativa senza evidenza di effetti genericamente nocivi per la quasi totalità dei soggetti), S.T.E.L. (Short Time Esposure Limit) (valore della concentrazione ambientale che una data sostanza può raggiungere per un tempo massimo di quindici minuti per non più di quattro volte per turno lavorativo e con intervallo fra i picchi non inferiore ai sessanta minuti), Ceiling o tetto ( valore limite massimo da non raggiungere in nessun caso). Nella nostra esperienza si dimostrano due cose: l’importanza di una esperta clinical, surgery governance e la possibilità di ottenere risultati soddisfacenti nel controllo della esposizione ambientale ai gas anestetici nella impiantistica a flusso turbolento anche non di ultima generazione ma manutenuti in via ordinaria e straordinaria, sorvegliati nelle prestazioni tecniche e negli effetti ambientali indoor, gestiti in ampia fascia oraria (8-20) ma senza sovraccarico.

La esposizione professionale ai gas anestetici in sala operatoria e ambienti per chirurgia diurna

CAMMAROTA, Bruno
2012

Abstract

XVI Congresso Nazionale CIF Napoli 4-6 ottobre 2012-07-14 Tavola rotonda del 6 ottobre: “Clinical governance dell’ambulatorio flebologico” – Presidenti: Maria Triassi –Antonello Peluso. Bruno Cammarota - Napoli (intervento proposto a seguito del “rischio anestesiogico”). La esposizione professionale ai gas anestetici in sala operatoria e ambienti per chirurgia diurna. La esposizione degli operatori sanitari ad agenti chimici, in specie ai gas anestetici, in ambiente ospedaliero, è stata lungo ignorata o minimizzata, poi valutata dalla OMS con la costituzione di un team di esperti per il suo controllo (WHO: Party on Occupational Hazards in Hospital – Rev. San. Hyg. Pub. 1982;56:1253-1260). Il nostro Ministero Sanità con Circolare n° 5 del 14-3-89 definiva i “limiti tecnici” in TLV-TWA di esposizione ambientale all’N2O, in 100 ppm per sale operatorie preesistenti; 50 ppm per sale operatorie ristrutturate. In anestesia generale si somministrano gas anestetici per via inalatoria coadiuvati da farmaci per via endovenosa (barbiturici, morfinosimili, curarici naturali e sintetici).Questi ultimi non comportano rischi noti di manipolazione per gli operatori mentre la inevitabile dispersione ambientale di gas anestetici può comportare effetti tossici da esposizione lavorativa su base lento-cronica (prolungata a basse dosi), diversamente dalle possibili criticità acute che possono riguardare il paziente(o Utente). L’anestesia inalatoria impiega uno o più anestetici veicolati da un gas vettore rappresentato da aria o ossigeno. Gli anestetici comunemente utilizzati sono: il Protossido di Azoto, allo stato fisico di gas (alla temperatura e pressione ambiente) ed i composti alogenati volatili, allo stato fisico di liquidi (alla temperatura e pressione ambiente), in grado di produrre vapori per moderata somministrazione di energia termica o meccanica. Il Protossido di Azoto è contenuto come gas compresso in bombole, gli alogenati, in appositi evaporatori. Nella storia recente gli alogenati più usati in miscela con il protossido di azoto risultano l’alotano (fluotano), l’enfluorano (etrano) e l’isofluorano (forano), più recentemente il sevofluorano che risulta molto attivo ed anche maneggevole in ragione della sua bassissima solubilità nei tessuti biologici. Gli anestetici inalati sono assorbiti a livello alveolo-capillare e distribuiti ai diversi tessuti biologici in funzione della loro solubilità (coefficiente di ripartizione) e caratteristiche fisiche e biocinetiche. Quelli con bassa solubilità nel sangue e nei tessuti biologici ne consentono la più rapida eliminazione alla fine dell’intervento chirurgico e della esposizione professionale.Gli anestetici inalati sono in parte biotrasformati ed eliminati come metaboliti idrosolubili attraverso il rene in percentuali molto variabili per tipo; una loro quota rilevante viene eliminata per espirazione e, ove non opportunamente convogliata, costituisce una importante fonte di inquinamento ambientale in sala operatoria. I possibili effetti sanitari da esposizione professionale sono sintetizzabili in: epatopatie, aborti spontanei, alterazioni ematologiche, effetti a carico del SNC e SNP, riduzione dei livelli di vigilanza e rallentamento dei processi percettivi e motori. Principali cause di esposizione derivano da: Perdita dal sistema di canalizzazione e diffusione dei gas (circuito vai-vieni del ventilatore per anestesia), diffusione di gas anestetico nella fase d’induzione dell’anestesia, diffusione di gas anestetici nell’aria espirata dal paziente. Il monitoraggio ambientale viene effettuato in tempo reale su aria campionata in continuo con tecnica spettrofotometrica nell’infrarosso o fotoacustica. Il riferimento ed il criterio adottato è quello dell’ACGIH che indica le soglie: T.W.A. (Time Weighted Average) o valore limite ponderato ( media delle concentrazioni della singola sostanza per turno lavorativo a cui può essere esposto un campione di popolazione lavorativa senza evidenza di effetti genericamente nocivi per la quasi totalità dei soggetti), S.T.E.L. (Short Time Esposure Limit) (valore della concentrazione ambientale che una data sostanza può raggiungere per un tempo massimo di quindici minuti per non più di quattro volte per turno lavorativo e con intervallo fra i picchi non inferiore ai sessanta minuti), Ceiling o tetto ( valore limite massimo da non raggiungere in nessun caso). Nella nostra esperienza si dimostrano due cose: l’importanza di una esperta clinical, surgery governance e la possibilità di ottenere risultati soddisfacenti nel controllo della esposizione ambientale ai gas anestetici nella impiantistica a flusso turbolento anche non di ultima generazione ma manutenuti in via ordinaria e straordinaria, sorvegliati nelle prestazioni tecniche e negli effetti ambientali indoor, gestiti in ampia fascia oraria (8-20) ma senza sovraccarico.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/330482
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