Partendo dall'analisi dell'uso del termine e del concetto "disegno" nella "Vita di Luca Giordano" (1728-1729) e nei tre volumi delle "Vite de' pittori, scultori e architetti napoletani" di Bernardo De Dominici (1742-1745) si individua una evoluzione del pensiero dell'autore nei diciasette anni spesi nella stesura dell'opera maggiore, con il progressivo avvcinamento a posizioni 'accademiche' paragonabili a quelle di Francesco Solimena, e si mette in come nelle 'Vite' al libero giudizio e al gusto del'autore si vada sovrapponendo una gabbia storica e teorica, finalizzata all'ambizioso progetto di ribaltare il giudizio poco favorevole a Napoli o ai suoi artisti, diffuso nella letteratura artistica da Vasari in poi, e come questa gabbia determini spesso delle forzature di non poco conto. Dall'esame di questo particolare aspetto si passa ad alcune considerazioni di carattere generale sulla particolare natura del testo della "Vite", opera di un conoscitore avveduto della pittura napoletana, assai poco informato su quanto avvenuto fuori Napoli e straordinariamente disinvolto nel costruire un testo misto di storia e di invenzione. Si propone di individuare nella grande peste del 1656 una frattura nella trasmissione delle tradizioni orali e una barriera cronologica importante per il De Dominici storico: per il periodo precedente quella data le "Vite" non possono essere considerate una 'fonte', ma solo una ricostruzione personale, sulla base di fonti quasi sempre ancora oggi individuabili, finalizzate principalmente al fine polemico antivasariano.
De Dominici e il disegno
ZEZZA, Andrea
2010
Abstract
Partendo dall'analisi dell'uso del termine e del concetto "disegno" nella "Vita di Luca Giordano" (1728-1729) e nei tre volumi delle "Vite de' pittori, scultori e architetti napoletani" di Bernardo De Dominici (1742-1745) si individua una evoluzione del pensiero dell'autore nei diciasette anni spesi nella stesura dell'opera maggiore, con il progressivo avvcinamento a posizioni 'accademiche' paragonabili a quelle di Francesco Solimena, e si mette in come nelle 'Vite' al libero giudizio e al gusto del'autore si vada sovrapponendo una gabbia storica e teorica, finalizzata all'ambizioso progetto di ribaltare il giudizio poco favorevole a Napoli o ai suoi artisti, diffuso nella letteratura artistica da Vasari in poi, e come questa gabbia determini spesso delle forzature di non poco conto. Dall'esame di questo particolare aspetto si passa ad alcune considerazioni di carattere generale sulla particolare natura del testo della "Vite", opera di un conoscitore avveduto della pittura napoletana, assai poco informato su quanto avvenuto fuori Napoli e straordinariamente disinvolto nel costruire un testo misto di storia e di invenzione. Si propone di individuare nella grande peste del 1656 una frattura nella trasmissione delle tradizioni orali e una barriera cronologica importante per il De Dominici storico: per il periodo precedente quella data le "Vite" non possono essere considerate una 'fonte', ma solo una ricostruzione personale, sulla base di fonti quasi sempre ancora oggi individuabili, finalizzate principalmente al fine polemico antivasariano.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.