L'invenzione della ruota si perde nella notte dei tempi, a differenza di quella del suo impiego come organo di trasmissione dell’energia meccanica del sistema motopropulsore al terreno ottenendone per attrito l’avanzamento del veicolo. Il criterio informatore alla sue spalle é abbastanza semplice: se muovendo un carro le sue ruote girano, facendone girare le ruote il carro si muoverà! Verifica pratica che si ebbe con la costruzione delle torri d’assedio semoventi a partire dalla metà del IV secolo a.C. Un ragionamento analogo prendendo spunto dal mulino a pale fatto girare dal moto dell’acqua, congegno sicuramente esistente nel III sec., portò a ritenere che se una coppia di due ruote del genere fosse stata applicata a una imbarcazione e fatta girare da un organo motore, avrebbe fatto muovere l’imbarcazione stessa. Criterio già anticipato dall’odometro navale di Vitruvio, il cui disegno, dettagliatamente descritto nel suo De Architectura, contemplava infatti l’adozione di due ruote a palette fissate all’estremità di un unico alberoorizzontale trasversale allo scafo, per contare le miglia percorse in base al loro numero di giri, prodotto dalla resistenza dell’acqua. Abbastanza semplice la trasformazione di tale congegno in macchina propulsiva, tramite l’aggiunta dell’anzi detto organo motore, che stando al meticoloso disegno della liburna a pale del IV secolo, fu ottenuto con tre pariglie di buoi posti a girare altrettanti alberi verticali azionanti le ruote. Il progetto, tuttavia, poteva trovare, e forse trovò, applicazione soltanto in bacini lacustri o lungo i fiumi, su acque cioè esenti da rollio e beccheggio, che avrebbero impedito la corretta rotazione dei buoi. L’avvento del mulino galleggiante che per tanti aspetti ne è una chiara derivazione, fatto adottare a Roma nel 537 da Belisario durante la guerra gotica, conferma la parziale adozione dell’idea. Ma si dovrà attendere la fine del XVIII secolo per vedere finalmente trasformato in realtà quel disegno, ad opera dell’americano Robert Fulton. Tra le due date, le tante riproposizioni della medesima invenzione, ampiamente testimoniate da innumerevoli disegni, con avanzamenti e regressioni meccaniche, fino alla sua più corretta adozione. L’analisi dei tanti disegni, tracciati nell’arco di oltre 15 secoli, dei quali paradossalmente il più antico appare anche il più corretto dal punto di vista tecnico costituisce l’argomento della ricerca, emblematica testimonianza di una remota ma esatta previsione eseguita da approssimate revisioni successive, rese evidenti persino dalla più semplice derivazione attuale: il pedalò.

From liburnians to paddle boats: Fifteen centuries of drawings leading to the modern paddle wheelers / Dalla liburna a pale al pedalò. Quindici secoli di disegni per il battello a ruote

ROSSI, Adriana;
2014

Abstract

L'invenzione della ruota si perde nella notte dei tempi, a differenza di quella del suo impiego come organo di trasmissione dell’energia meccanica del sistema motopropulsore al terreno ottenendone per attrito l’avanzamento del veicolo. Il criterio informatore alla sue spalle é abbastanza semplice: se muovendo un carro le sue ruote girano, facendone girare le ruote il carro si muoverà! Verifica pratica che si ebbe con la costruzione delle torri d’assedio semoventi a partire dalla metà del IV secolo a.C. Un ragionamento analogo prendendo spunto dal mulino a pale fatto girare dal moto dell’acqua, congegno sicuramente esistente nel III sec., portò a ritenere che se una coppia di due ruote del genere fosse stata applicata a una imbarcazione e fatta girare da un organo motore, avrebbe fatto muovere l’imbarcazione stessa. Criterio già anticipato dall’odometro navale di Vitruvio, il cui disegno, dettagliatamente descritto nel suo De Architectura, contemplava infatti l’adozione di due ruote a palette fissate all’estremità di un unico alberoorizzontale trasversale allo scafo, per contare le miglia percorse in base al loro numero di giri, prodotto dalla resistenza dell’acqua. Abbastanza semplice la trasformazione di tale congegno in macchina propulsiva, tramite l’aggiunta dell’anzi detto organo motore, che stando al meticoloso disegno della liburna a pale del IV secolo, fu ottenuto con tre pariglie di buoi posti a girare altrettanti alberi verticali azionanti le ruote. Il progetto, tuttavia, poteva trovare, e forse trovò, applicazione soltanto in bacini lacustri o lungo i fiumi, su acque cioè esenti da rollio e beccheggio, che avrebbero impedito la corretta rotazione dei buoi. L’avvento del mulino galleggiante che per tanti aspetti ne è una chiara derivazione, fatto adottare a Roma nel 537 da Belisario durante la guerra gotica, conferma la parziale adozione dell’idea. Ma si dovrà attendere la fine del XVIII secolo per vedere finalmente trasformato in realtà quel disegno, ad opera dell’americano Robert Fulton. Tra le due date, le tante riproposizioni della medesima invenzione, ampiamente testimoniate da innumerevoli disegni, con avanzamenti e regressioni meccaniche, fino alla sua più corretta adozione. L’analisi dei tanti disegni, tracciati nell’arco di oltre 15 secoli, dei quali paradossalmente il più antico appare anche il più corretto dal punto di vista tecnico costituisce l’argomento della ricerca, emblematica testimonianza di una remota ma esatta previsione eseguita da approssimate revisioni successive, rese evidenti persino dalla più semplice derivazione attuale: il pedalò.
2014
9788897821809
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/167797
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