«Fondare una città di parecchie migliaia di abitanti, tutti sofferenti»: questo l’obbiettivo individuato da Don Pasquale Uva, definito «infaticabile, intelligentissimo fiancheggiatore della Psichiatria». Le Case della Divina Provvidenza, quattro ospedali psichiatrici da lui fondati, con sedi in Puglia, Basilicata e Lazio, vengono realizzate a partire dal 1921 fino ai primi anni Settanta. Nella pubblicazione del 1948: La mancanza dell’assistenza psichiatrica nell’Italia meridionale, don Uva, denuncia, infatti, la carenza degli ospedali psichiatrici nel Meridione, proponendosi quale portavoce di una delicata condizione sociale, anche attraverso i suoi scritti, da lui stesso editati nella tipografia fondata presso la Casa a Bisceglie. Frutto della collaborazione fra alienisti e tecnici - tra questi ultimi si segnala l’inedito contributo di Marcello D’Olivo – i complessi di don Uva, nell’ambito dell’architettura manicomiale tra Otto e Novecento in Italia (oggetto di una recente ricerca PRIN 2008), che costituisce, all’indomani della Legge Basaglia del 1978, un consistente patrimonio nazionale urbano da recuperare, si inseriscono nella fase che ne accompagna la trasformazione da città “negate” a complessi open door e infine a strutture ospedaliere, sulla base dell’evoluzione della psichiatria e della psicopedagogia.
Città “negate”: gli ospedali psichiatrici di don Uva come testimonianza di un impegno
DE FALCO, Carolina
2014
Abstract
«Fondare una città di parecchie migliaia di abitanti, tutti sofferenti»: questo l’obbiettivo individuato da Don Pasquale Uva, definito «infaticabile, intelligentissimo fiancheggiatore della Psichiatria». Le Case della Divina Provvidenza, quattro ospedali psichiatrici da lui fondati, con sedi in Puglia, Basilicata e Lazio, vengono realizzate a partire dal 1921 fino ai primi anni Settanta. Nella pubblicazione del 1948: La mancanza dell’assistenza psichiatrica nell’Italia meridionale, don Uva, denuncia, infatti, la carenza degli ospedali psichiatrici nel Meridione, proponendosi quale portavoce di una delicata condizione sociale, anche attraverso i suoi scritti, da lui stesso editati nella tipografia fondata presso la Casa a Bisceglie. Frutto della collaborazione fra alienisti e tecnici - tra questi ultimi si segnala l’inedito contributo di Marcello D’Olivo – i complessi di don Uva, nell’ambito dell’architettura manicomiale tra Otto e Novecento in Italia (oggetto di una recente ricerca PRIN 2008), che costituisce, all’indomani della Legge Basaglia del 1978, un consistente patrimonio nazionale urbano da recuperare, si inseriscono nella fase che ne accompagna la trasformazione da città “negate” a complessi open door e infine a strutture ospedaliere, sulla base dell’evoluzione della psichiatria e della psicopedagogia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.