Con la legge costituzionale n.1/2012 è stato introdotto, attraverso la modifica dell'art. 81 Cost., il principio dell'equilibrio delle entrate e delle spese di bilancio correlato ad un vincolo di sostenibilità del debito di tutte le PP.AA., nel rispetto delle nuove regole di governance dell’Unione europea in materia economico-finanziaria. La riforma ha dato attuazione ad uno degli impegni assunti dall’ultimo governo Berlusconi, confermato dall’esecutivo Monti, indirizzati a rassicurare i mercati finanziari sulla sostenibilità del nostro debito pubblico attraverso strumenti in grado di dimostrare un impegno effettivo nel generale processo di risanamento delle finanze pubbliche, pur se, a livello europeo, non sono stati imposti nè il "pareggio" nè, tantomeno, variazioni costituzionali. I vincoli contenuti nell'Europlus Pact e nel Six-Pack del Consiglio ECOFIN, ribaditi dal Trattato sul Fiscal Compact del gennaio u.s., infatti, pur prevedendo deroghe per “fattori rilevanti”, hanno indicato, in estrema sintesi, il divieto per il deficit strutturale di superare lo 0,5 per cento del Pil nel corso di un ciclo economico ed un percorso per la diminuzione del debito pubblico in rapporto al Pil che, ogni anno, dovrà scendere di 1/20 della distanza tra il suo livello effettivo e la soglia del 60 per cento. In ogni caso, la costituzionalizzazione del principio in questione (anche) nel nostro ordinamento - e non del “pareggio di bilancio”, espressione certamente più incisiva, non ritenendosi, comunque, assolvibile sic et simpliciter attraverso la rigorosa interpretazione del “vecchio” art. 81 Cost. - potrà determinare il mancato assolvimento di uno dei compiti fondamentali di ciascun Stato democratico: la redistribuizione della ricchezza e la garanzia di “welfare” a causa delle limitazioni che pone sugli spazi decisionali delle Istituzioni. Ancora, l’introduzione "rigida" del vincolo che non è, di per sè, garanzia ipso facto di efficacia, cristallizza regole che, a livello europeo, hanno una valenza soprattutto “politica” ed, in quanto tali, sottoponibili a prossimi aggiustamenti. L’esame delle questioni emergenti è, dunque, complessa, occorrendo aggiungere le ulteriori che non tarderanno ad arrivare per le modifiche poste contemporaneamente agli artt. 97, 117 e 119 Cost. implicanti restrizioni all’autonomia finanziaria delle autonomie territoriali. La riforma, infatti, ha rafforzato la centralità statale nel sistema finanziario riducendo gli ambiti di "autonomia" previsti dalla stessa Carta fondamentale e, tanto ,si ravvisa sotto molteplici profili. In defintiva, "maneggiare" la Costituzione è compito assai delicato e complesso che non può essere svolto sotto la "scure" dei mercati, occorrendo preliminarmente considerare gli effetti che determina.

Il principio dell’equilibrio di bilancio nell’ordinamento dell’Unione europea e nazionale quale risposta alla crisi della finanza pubblica

LETIZIA, Laura
2012

Abstract

Con la legge costituzionale n.1/2012 è stato introdotto, attraverso la modifica dell'art. 81 Cost., il principio dell'equilibrio delle entrate e delle spese di bilancio correlato ad un vincolo di sostenibilità del debito di tutte le PP.AA., nel rispetto delle nuove regole di governance dell’Unione europea in materia economico-finanziaria. La riforma ha dato attuazione ad uno degli impegni assunti dall’ultimo governo Berlusconi, confermato dall’esecutivo Monti, indirizzati a rassicurare i mercati finanziari sulla sostenibilità del nostro debito pubblico attraverso strumenti in grado di dimostrare un impegno effettivo nel generale processo di risanamento delle finanze pubbliche, pur se, a livello europeo, non sono stati imposti nè il "pareggio" nè, tantomeno, variazioni costituzionali. I vincoli contenuti nell'Europlus Pact e nel Six-Pack del Consiglio ECOFIN, ribaditi dal Trattato sul Fiscal Compact del gennaio u.s., infatti, pur prevedendo deroghe per “fattori rilevanti”, hanno indicato, in estrema sintesi, il divieto per il deficit strutturale di superare lo 0,5 per cento del Pil nel corso di un ciclo economico ed un percorso per la diminuzione del debito pubblico in rapporto al Pil che, ogni anno, dovrà scendere di 1/20 della distanza tra il suo livello effettivo e la soglia del 60 per cento. In ogni caso, la costituzionalizzazione del principio in questione (anche) nel nostro ordinamento - e non del “pareggio di bilancio”, espressione certamente più incisiva, non ritenendosi, comunque, assolvibile sic et simpliciter attraverso la rigorosa interpretazione del “vecchio” art. 81 Cost. - potrà determinare il mancato assolvimento di uno dei compiti fondamentali di ciascun Stato democratico: la redistribuizione della ricchezza e la garanzia di “welfare” a causa delle limitazioni che pone sugli spazi decisionali delle Istituzioni. Ancora, l’introduzione "rigida" del vincolo che non è, di per sè, garanzia ipso facto di efficacia, cristallizza regole che, a livello europeo, hanno una valenza soprattutto “politica” ed, in quanto tali, sottoponibili a prossimi aggiustamenti. L’esame delle questioni emergenti è, dunque, complessa, occorrendo aggiungere le ulteriori che non tarderanno ad arrivare per le modifiche poste contemporaneamente agli artt. 97, 117 e 119 Cost. implicanti restrizioni all’autonomia finanziaria delle autonomie territoriali. La riforma, infatti, ha rafforzato la centralità statale nel sistema finanziario riducendo gli ambiti di "autonomia" previsti dalla stessa Carta fondamentale e, tanto ,si ravvisa sotto molteplici profili. In defintiva, "maneggiare" la Costituzione è compito assai delicato e complesso che non può essere svolto sotto la "scure" dei mercati, occorrendo preliminarmente considerare gli effetti che determina.
2012
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/162826
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