L’appartenenza confessionale può costituire una causa (in senso giuridico) del compimenti di atti di liberalità. A tale riguardo il Volume analizza il collegamento tra l’agire a fini di liberalità o non lucrativi e l’interesse religioso. Il compimento di questo tipo di atti di liberalità si caratterizza principalmente perchè gratifica chi lo effettua, realizza un suo interesse poichè l’autore li compie in ossequio alla propria esigenza di sentirsi parte di un gruppo di “credenti”. Più esplicitamente è proprio “il dare per essere presenti con la propria attività”, per partecipare, per contribuire alla costruzione di una realtà sociale specchio dei propri valori religiosi, che specifica il nucleo di senso più autentico di quel trasferimento economico, appunto un “dare etico”. E’ oggi opportuno rileggere il rapporto tra lo spirito di liberalità e l’interesse religioso, sottolineando l’incidenza del secondo sul primo: considerando , cioè, l’interesse religioso non come un fine sterno, ma come un tratto che connota dall’interno l’agire per liberalità ed il suo conseguente inquadramento legislativo e costituzionale. Al centro della ricerca si è voluta porre l’analisi del fenomeno definito con la formula “liberalità non donative”. Essa nasce dalla necessità di misurarne e decifrarne, attraverso una griglia giuridico-positiva, le peculiarità dal punto di vista etico-sociale e l’ambigua, per molti versi sfuggente, rilevanza normativa.
Dare etico. Agire non lucratico, liberalità non donative e interessi religiosi
FUCCILLO, Antonio
2008
Abstract
L’appartenenza confessionale può costituire una causa (in senso giuridico) del compimenti di atti di liberalità. A tale riguardo il Volume analizza il collegamento tra l’agire a fini di liberalità o non lucrativi e l’interesse religioso. Il compimento di questo tipo di atti di liberalità si caratterizza principalmente perchè gratifica chi lo effettua, realizza un suo interesse poichè l’autore li compie in ossequio alla propria esigenza di sentirsi parte di un gruppo di “credenti”. Più esplicitamente è proprio “il dare per essere presenti con la propria attività”, per partecipare, per contribuire alla costruzione di una realtà sociale specchio dei propri valori religiosi, che specifica il nucleo di senso più autentico di quel trasferimento economico, appunto un “dare etico”. E’ oggi opportuno rileggere il rapporto tra lo spirito di liberalità e l’interesse religioso, sottolineando l’incidenza del secondo sul primo: considerando , cioè, l’interesse religioso non come un fine sterno, ma come un tratto che connota dall’interno l’agire per liberalità ed il suo conseguente inquadramento legislativo e costituzionale. Al centro della ricerca si è voluta porre l’analisi del fenomeno definito con la formula “liberalità non donative”. Essa nasce dalla necessità di misurarne e decifrarne, attraverso una griglia giuridico-positiva, le peculiarità dal punto di vista etico-sociale e l’ambigua, per molti versi sfuggente, rilevanza normativa.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.