La giurisprudenza elaborata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalla Commissione europea dei diritti dell’uomo ha creato un vero e proprio diritto delle libertà, che costituisce oggi patrimonio giuridico comune dei Paesi aderenti al Consiglio d’Europa. Fondato sul principio di sussidiarietà naturalmente incline alla pluralità di riferimenti normativi e giurisdizionali, il sistema della Convenzione europea sui diritti dell’uomo ha generato un processo di partecipazione tra enti (statali e sovranazionali) nella tutela dei diritti fondamentali, determinando una erosione della sovranità degli Stati. Si è così assistito alla formazione di una sorta di diritto comune derivato dai diversi sistemi giuridici dei Paesi aderenti alla Convenzione, diritto comune che, a sua volta, si è innestato nei singoli sistemi nazionali al fine di minimizzare le differenze. Tale meccanismo partecipato di tutela ha nella prassi determinato una radicale trasformazione della portata dei diritti umani che da principi che devono essere affermati dalla legge, sono diventati, piuttosto, principi che si impongono anche contro la legge. I diritti dell’uomo non indicano più il contenuto della regola di diritto, ma la regola di giudizio, che permette di tracciare il limite tra ciò che può e non può essere diritto. Il cambiamento di funzione è evidente. La politica criminale, ed il diritto penale, non sono rimasti estranei a tale procedimento di scelte partecipate nell’ottica di una effettiva ed adeguata tutela dei diritti umani: anche le scelte di politica criminale o di attuazione di scelte di politica giudiziaria sono soggette ad una verifica di convenzionalità da parte della giurisdizione europea. Scopo principale del lavoro è stato verificare l’esistenza, il grado e l’intensità dei vincoli di politica criminale e giudiziaria provenienti dalle istanze europee di tutela dei diritti dell’uomo. Stabilire, in altri termini, attraverso l’analisi della la giurisprudenza europea elaborata dagli organi di tutela di Strasburgo se non sia possibile trarre dal sistema europeo dei diritti dell’uomo un modello di intervento penale che si imponga a tutti gli organi statali. Si è trattato in definitiva di indagare il modo in cui la Convenzione parla al diritto penale e il modo in cui parla del diritto penale.

Il diritto penale “flessibile”. Quando i diritti umani incontrano i sistemi penali

ESPOSITO, Andreana
2008

Abstract

La giurisprudenza elaborata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalla Commissione europea dei diritti dell’uomo ha creato un vero e proprio diritto delle libertà, che costituisce oggi patrimonio giuridico comune dei Paesi aderenti al Consiglio d’Europa. Fondato sul principio di sussidiarietà naturalmente incline alla pluralità di riferimenti normativi e giurisdizionali, il sistema della Convenzione europea sui diritti dell’uomo ha generato un processo di partecipazione tra enti (statali e sovranazionali) nella tutela dei diritti fondamentali, determinando una erosione della sovranità degli Stati. Si è così assistito alla formazione di una sorta di diritto comune derivato dai diversi sistemi giuridici dei Paesi aderenti alla Convenzione, diritto comune che, a sua volta, si è innestato nei singoli sistemi nazionali al fine di minimizzare le differenze. Tale meccanismo partecipato di tutela ha nella prassi determinato una radicale trasformazione della portata dei diritti umani che da principi che devono essere affermati dalla legge, sono diventati, piuttosto, principi che si impongono anche contro la legge. I diritti dell’uomo non indicano più il contenuto della regola di diritto, ma la regola di giudizio, che permette di tracciare il limite tra ciò che può e non può essere diritto. Il cambiamento di funzione è evidente. La politica criminale, ed il diritto penale, non sono rimasti estranei a tale procedimento di scelte partecipate nell’ottica di una effettiva ed adeguata tutela dei diritti umani: anche le scelte di politica criminale o di attuazione di scelte di politica giudiziaria sono soggette ad una verifica di convenzionalità da parte della giurisdizione europea. Scopo principale del lavoro è stato verificare l’esistenza, il grado e l’intensità dei vincoli di politica criminale e giudiziaria provenienti dalle istanze europee di tutela dei diritti dell’uomo. Stabilire, in altri termini, attraverso l’analisi della la giurisprudenza europea elaborata dagli organi di tutela di Strasburgo se non sia possibile trarre dal sistema europeo dei diritti dell’uomo un modello di intervento penale che si imponga a tutti gli organi statali. Si è trattato in definitiva di indagare il modo in cui la Convenzione parla al diritto penale e il modo in cui parla del diritto penale.
2008
9788834885390
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/160536
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