Questo volume fa seguito a Progetti e Modelli pubblicato da Cuen nel 2001 e illustra la seconda parte di percorso effettuato nella disciplina della progettazione. Il primo volume illustrava la ricerca progettuale effettuata in concorsi di progettazione ed in occasioni anche professionali fermandosi al 2000. Progetti e modelli 2000 2010, così come esplicitato nello stesso titolo, si sofferma sulle attività di sperimentazione progettuale relative ad un periodo più recente. Tuttavia non si tratta solo di una differente periodizzazione, infatti, facendo una riflessione ex post sulla natura stessa del materiale presentato, emergono con grande evidenza alcuni fatti che stanno segnando il mondo universitario e che sembra opportuno segnalare. Trentanni di 382/80 non sono passati senza segni tangibili e l’inasprimento normativo di alcuni atenei, culminato con i nuovi statuti prodotti a seguito della 240/2010, ha progressivamente impedito ogni possibile rapporto tra la sperimentazione progettuale universitaria e il mondo reale. Quelle poche occasioni di sperimentazione progettuale consentite nelle strette pieghe dei regolamenti, applicati spesso in modo diverso da ateneo ad ateneo, si sono progressivamente rarefatte sino a scomparire del tutto. Alcuni atenei hanno progressivamente impedito ai docenti di ruolo a tempo pieno anche la pertecipazione a concorsi di architettura. Ciò ha relegato i docenti delle discipline progettuali al ruolo di studiosi e ricercatori di realtà progettuali teoriche, costruendo una categoria di docenti progettisti di un mondo che non esiste, del tutto virtuale. Tale assurda restrizione ha favorito inspiegabilmente tutti i docenti che, dedicandosi con più parsimonia all’accademia, hanno scelto il tempo definito, se non addirittura quei professionisti che si sono costruiti un curriculum di opere tutto esterno all’accademia. Questa condizione non poteva non avere una diretta influenza sulla produzione progettuale presentata in questo volume. Come nel precedente volume, ci sono alcun ricerche progettuali svolte, anche con buone classifiche, nei concorsi di architettura fino al 2006, anno in cui il regime restrittivo si è fatto tanto insopportabile da indurci a lasciare del tutto queste competizioni. Dal 2006 e fino al 2010 sono pubblicati una serie di progetti frutto invece di una attività intra moenia, che per altro la legge ancora non riconosce ai docenti universitari non medici, finalizzata a individuare soluzioni progettuali utili per le distratte amministrazioni dello Stato, enti pubblici e organismi a prevalente partecipazione statale. Inutile dire che si tratta di una condizione del tutto insoddisfacente per chi ha dedicato un consistente numero di anni al progetto di architettura, ed ancor più paradossale in un momento come questo, in cui i giudizi di idoneità saranno formulati anche da commissari stranieri che esploreranno la realtà del mondo universitario italiano, gravemente limitato nella sua operatività da regole che non esistono nelle loro università di provenienza. Nonostante tutto, però, le motivazioni sono sempre le stesse e quanto era scritto nell’introduzione del precedente volume mi sembra ancora valido oggi anche a distanza di dieci anni. Questo lavoro, come quello svolto in passato, rappresenta comunque un tentativo di portare avanti quelle che si ritengono siano le caratteristiche essenziali e peculiari dell’architettura, cioè studiare manufatti il più possibile semplici e razionali dove si possano svolgere le attività umane nel modo migliore. Questi illustrati a seguire sono progetti urbani che guardano anche all’edificio, tenendo conto delle tre caratteristiche del tipo edilizio, cioè quelle distribuitive, strutturali e, in particolar modo, quelle formali. Il lavoro sulla forma delle architetture e sugli aspetti volumetrici è affrontato in ogni progetto attraverso la costruzione di una serie di modelli tridimensionali, utilizzati sia come plastici virtuali che come base per la realizzazioni delle viste dell’oggetto finale. Da ciò il nome di progetti e modelli. In questo modo ogni oggetto architettonico, verificato nelle sue componenti distributive e strutturali attraverso le metodiche tradizionali del disegno bidimensionale, è costantemente controllato nei suoi successivi affinamenti spaziali e formali attraverso la costruzione dei modelli. Per quanto concerne poi gli aspetti urbani, la maggior parte di questi progetti ha come luogo di applicazione e come finalità ultima la città e una forma urbana che sia condivisa e riconoscibile. Tenendo conto che oggi esistono due città; quella della qualità o della storia che, nonostante tutto, persiste con le sue logiche, con i rapporti tra le sue parti, attraverso legami tipo-morfologici, che possono venire meno solo per esplicita volontà dell’uomo o, talvolta, per errori di programmazione; e un città “altra”, quella della quantità, generica e diffusa, non pianificata e frutto della speculazione, dell’abusivismo e dell’individualismo, che si è formata con altre logiche, con altri rapporti, attraverso altri legami, realizzata dallo stesso uomo che aveva in passato e con sapienza costruito quella storica; ciò è indice del fatto che la coscienza spontanea non è più in grado di generare qualità e che l’uomo ha smesso di interrogarsi per capire i meccanismi grazie ai quali la città -e la sua architettura- è nata e si è evoluta sino ad oggi. I progetti illustrati sono interventi sobri che possono sembrare eccessivamente privi di gesti creativi o di invenzioni particolari, ma ciò è imposto da una palese scelta di campo: l’architettura non è una prodezza creativa, ma una disciplina logica e razionale, fondata su giudizi, quelli analitici, che presuppongono la conoscenza di quanto è stato, e quelli sintetici che inducono una sintesi formale -il progetto stessoche è sempre frutto di una logica evolutiva delle forme. Questo è quello che si è tentato di fare, per quanto possibile, nei progetti che sono illustrati.

Progetti e Modelli 2000/2010

BORRELLI, Marino
2012

Abstract

Questo volume fa seguito a Progetti e Modelli pubblicato da Cuen nel 2001 e illustra la seconda parte di percorso effettuato nella disciplina della progettazione. Il primo volume illustrava la ricerca progettuale effettuata in concorsi di progettazione ed in occasioni anche professionali fermandosi al 2000. Progetti e modelli 2000 2010, così come esplicitato nello stesso titolo, si sofferma sulle attività di sperimentazione progettuale relative ad un periodo più recente. Tuttavia non si tratta solo di una differente periodizzazione, infatti, facendo una riflessione ex post sulla natura stessa del materiale presentato, emergono con grande evidenza alcuni fatti che stanno segnando il mondo universitario e che sembra opportuno segnalare. Trentanni di 382/80 non sono passati senza segni tangibili e l’inasprimento normativo di alcuni atenei, culminato con i nuovi statuti prodotti a seguito della 240/2010, ha progressivamente impedito ogni possibile rapporto tra la sperimentazione progettuale universitaria e il mondo reale. Quelle poche occasioni di sperimentazione progettuale consentite nelle strette pieghe dei regolamenti, applicati spesso in modo diverso da ateneo ad ateneo, si sono progressivamente rarefatte sino a scomparire del tutto. Alcuni atenei hanno progressivamente impedito ai docenti di ruolo a tempo pieno anche la pertecipazione a concorsi di architettura. Ciò ha relegato i docenti delle discipline progettuali al ruolo di studiosi e ricercatori di realtà progettuali teoriche, costruendo una categoria di docenti progettisti di un mondo che non esiste, del tutto virtuale. Tale assurda restrizione ha favorito inspiegabilmente tutti i docenti che, dedicandosi con più parsimonia all’accademia, hanno scelto il tempo definito, se non addirittura quei professionisti che si sono costruiti un curriculum di opere tutto esterno all’accademia. Questa condizione non poteva non avere una diretta influenza sulla produzione progettuale presentata in questo volume. Come nel precedente volume, ci sono alcun ricerche progettuali svolte, anche con buone classifiche, nei concorsi di architettura fino al 2006, anno in cui il regime restrittivo si è fatto tanto insopportabile da indurci a lasciare del tutto queste competizioni. Dal 2006 e fino al 2010 sono pubblicati una serie di progetti frutto invece di una attività intra moenia, che per altro la legge ancora non riconosce ai docenti universitari non medici, finalizzata a individuare soluzioni progettuali utili per le distratte amministrazioni dello Stato, enti pubblici e organismi a prevalente partecipazione statale. Inutile dire che si tratta di una condizione del tutto insoddisfacente per chi ha dedicato un consistente numero di anni al progetto di architettura, ed ancor più paradossale in un momento come questo, in cui i giudizi di idoneità saranno formulati anche da commissari stranieri che esploreranno la realtà del mondo universitario italiano, gravemente limitato nella sua operatività da regole che non esistono nelle loro università di provenienza. Nonostante tutto, però, le motivazioni sono sempre le stesse e quanto era scritto nell’introduzione del precedente volume mi sembra ancora valido oggi anche a distanza di dieci anni. Questo lavoro, come quello svolto in passato, rappresenta comunque un tentativo di portare avanti quelle che si ritengono siano le caratteristiche essenziali e peculiari dell’architettura, cioè studiare manufatti il più possibile semplici e razionali dove si possano svolgere le attività umane nel modo migliore. Questi illustrati a seguire sono progetti urbani che guardano anche all’edificio, tenendo conto delle tre caratteristiche del tipo edilizio, cioè quelle distribuitive, strutturali e, in particolar modo, quelle formali. Il lavoro sulla forma delle architetture e sugli aspetti volumetrici è affrontato in ogni progetto attraverso la costruzione di una serie di modelli tridimensionali, utilizzati sia come plastici virtuali che come base per la realizzazioni delle viste dell’oggetto finale. Da ciò il nome di progetti e modelli. In questo modo ogni oggetto architettonico, verificato nelle sue componenti distributive e strutturali attraverso le metodiche tradizionali del disegno bidimensionale, è costantemente controllato nei suoi successivi affinamenti spaziali e formali attraverso la costruzione dei modelli. Per quanto concerne poi gli aspetti urbani, la maggior parte di questi progetti ha come luogo di applicazione e come finalità ultima la città e una forma urbana che sia condivisa e riconoscibile. Tenendo conto che oggi esistono due città; quella della qualità o della storia che, nonostante tutto, persiste con le sue logiche, con i rapporti tra le sue parti, attraverso legami tipo-morfologici, che possono venire meno solo per esplicita volontà dell’uomo o, talvolta, per errori di programmazione; e un città “altra”, quella della quantità, generica e diffusa, non pianificata e frutto della speculazione, dell’abusivismo e dell’individualismo, che si è formata con altre logiche, con altri rapporti, attraverso altri legami, realizzata dallo stesso uomo che aveva in passato e con sapienza costruito quella storica; ciò è indice del fatto che la coscienza spontanea non è più in grado di generare qualità e che l’uomo ha smesso di interrogarsi per capire i meccanismi grazie ai quali la città -e la sua architettura- è nata e si è evoluta sino ad oggi. I progetti illustrati sono interventi sobri che possono sembrare eccessivamente privi di gesti creativi o di invenzioni particolari, ma ciò è imposto da una palese scelta di campo: l’architettura non è una prodezza creativa, ma una disciplina logica e razionale, fondata su giudizi, quelli analitici, che presuppongono la conoscenza di quanto è stato, e quelli sintetici che inducono una sintesi formale -il progetto stessoche è sempre frutto di una logica evolutiva delle forme. Questo è quello che si è tentato di fare, per quanto possibile, nei progetti che sono illustrati.
2012
978-88-907032-1-8
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/159421
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