La direttiva 29/2005/CE affida agli Stati membri la risoluzione delle problematiche relative all’incidenza delle pratiche commerciali sleali sul contratto concluso tra impresa e consumatore. Il legislatore nazionale, in sede di recepimento (dd.lgg. 2 agosto 2007, nn. 145 e 146), non scioglie il nodo della sorte dell’accordo definito a seguito dell’infedeltà del professionista. Muovendo da un approccio metodologico scevro da generalizzazioni, sia in punto di fattispecie concrete ipotizzabili, sia in punto di rimedi esperibili, emerge che ciò che, prima facie, può apparire una lacuna si rivela un’opzione oculata. Infatti, la circostanza che le sorti del contratto non siano segnate una volta per tutte dalle disposizioni attuative consente di fornire risposte differenti rispetto a istanze di tutela che non sempre mirano alla realizzazione del medesimo interesse. Si tratta, allora, di verificare, caso per caso, il livello di effettiva incidenza della slealtà sul percorso di determinazione volitiva del consumatore, considerato che la condotta abusiva può indurre la vittima ora a stipulare un accordo altrimenti non desiderato, ora a modularne il contenuto in un determinato modo, anziché in un altro. Soltanto per questa via l’interprete è in grado di mettere a fuoco le esigenze che, in concreto, invocano protezione e di individuare la misura rimediale piú idonea a darvi soddisfazione. Lo studio delle interferenze tra disciplina delle pratiche scorrette e sistema delle patologie negoziali tocca da vicino delicate problematiche di teoria generale del contratto e postula un serrato confronto con dogmi sedimentati nella tradizione interpretativa. L’obiettivo perseguito è quello di definire tecniche di intervento adeguate alla complessità dell’ordinamento vigente, al fine di sottoporle all’attenzione di una giurisprudenza che troppo spesso tenta di risolvere problemi di nuova emersione mediante il ricorso a schemi concettuali non piú attuali.

Pratiche commerciali scorrette e rimedi negoziali

FACHECHI, Alessia
2012

Abstract

La direttiva 29/2005/CE affida agli Stati membri la risoluzione delle problematiche relative all’incidenza delle pratiche commerciali sleali sul contratto concluso tra impresa e consumatore. Il legislatore nazionale, in sede di recepimento (dd.lgg. 2 agosto 2007, nn. 145 e 146), non scioglie il nodo della sorte dell’accordo definito a seguito dell’infedeltà del professionista. Muovendo da un approccio metodologico scevro da generalizzazioni, sia in punto di fattispecie concrete ipotizzabili, sia in punto di rimedi esperibili, emerge che ciò che, prima facie, può apparire una lacuna si rivela un’opzione oculata. Infatti, la circostanza che le sorti del contratto non siano segnate una volta per tutte dalle disposizioni attuative consente di fornire risposte differenti rispetto a istanze di tutela che non sempre mirano alla realizzazione del medesimo interesse. Si tratta, allora, di verificare, caso per caso, il livello di effettiva incidenza della slealtà sul percorso di determinazione volitiva del consumatore, considerato che la condotta abusiva può indurre la vittima ora a stipulare un accordo altrimenti non desiderato, ora a modularne il contenuto in un determinato modo, anziché in un altro. Soltanto per questa via l’interprete è in grado di mettere a fuoco le esigenze che, in concreto, invocano protezione e di individuare la misura rimediale piú idonea a darvi soddisfazione. Lo studio delle interferenze tra disciplina delle pratiche scorrette e sistema delle patologie negoziali tocca da vicino delicate problematiche di teoria generale del contratto e postula un serrato confronto con dogmi sedimentati nella tradizione interpretativa. L’obiettivo perseguito è quello di definire tecniche di intervento adeguate alla complessità dell’ordinamento vigente, al fine di sottoporle all’attenzione di una giurisprudenza che troppo spesso tenta di risolvere problemi di nuova emersione mediante il ricorso a schemi concettuali non piú attuali.
2012
978-88-495-2514-4
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