Il volume propone una nuova chiave di lettura dell’esperimento ‘neoplastico’olandese con artisti come Mondrian, Van Doesburg, van der Leck, Huszár e architetti come Oud e Rietveld, che legati alla rivista De Stijl (1917-1928) hanno, sin dagli esordi, favorito il passaggio dall’arte decorativa e monumentale di stampo ottocentesco verso un’intervento integrato nell’architettura e nello spazio vissuto. La carica utopica di cui si sono fatti portatori questi artisti dell’avanguardia di primo novecento, a contatto con il costruttivismo internazionale fra le due guerre, risulta diversamente innovativa se la si rapporta alle esperienze concrete da alcuni di essi intraprese a contatto con la locale committenza e le esigenze di una società in trasformazione, soprattutto se ci si spinge, poi, a guardare oltre e a verificare la ricaduta, nella concretezza della vita pubblica e istituzionale del periodo successivo alla seconda guerra mondiale, di certe ‘inattualità resistenti’ derivanti da principi teorici espressi nei ‘manifesti’ d’avanguardia. Un radicato pragmatismo culturalmente alimentato in Olanda da un’importante tradizione, dunque, ha aperto la strada delle neo-avanguardie degli anni Sessanta e Settanta d’orientamento astratto-geometrico verso la ricerca di un più stretto contatto sia con lo Stato e le istituzioni che con il settore dell’imprenditoria privata, per intraprendere una sperimentazione precoce di un’arte non tanto paga della sua collocazione pubblica quanto orientata ad interpretare e dare risposte ad esigenze pubbliche. In questo senso, aver scelto un osservatorio parziale, come la storia che riguarda un filone dell’arte olandese del ventesimo secolo, ha permesso di reinterrogare un topos della storiografia, quale quello della tensione utopica dell’avanguardia neoplastica, rimettendone in discussione la presunta astrattezza anche alla luce della ripresa/continuità dei suoi fondamenti nel ventennio successivo alla seconda guerra mondiale. Ma ha indotto anche ad indagare, fino ai giorni nostri, il ruolo dell’arte per la qualità e l’identità dell’ambiente costruito (strade, piazze, luoghi di transito ma anche municipi, scuole, case ed uffici) dove si sia riconosciuto un coinvolgimento qualificato degli artisti nella costruzione e definizione dell’ambiente le cui modalità sono oggi al centro di ampie discussioni in relazione alle nuove dimensioni dell’arte pubblica urbana.

Isole d'utopia. Da De Stijl all'arte per lo spazio pubblico

SALVATORI, Gaia
2013

Abstract

Il volume propone una nuova chiave di lettura dell’esperimento ‘neoplastico’olandese con artisti come Mondrian, Van Doesburg, van der Leck, Huszár e architetti come Oud e Rietveld, che legati alla rivista De Stijl (1917-1928) hanno, sin dagli esordi, favorito il passaggio dall’arte decorativa e monumentale di stampo ottocentesco verso un’intervento integrato nell’architettura e nello spazio vissuto. La carica utopica di cui si sono fatti portatori questi artisti dell’avanguardia di primo novecento, a contatto con il costruttivismo internazionale fra le due guerre, risulta diversamente innovativa se la si rapporta alle esperienze concrete da alcuni di essi intraprese a contatto con la locale committenza e le esigenze di una società in trasformazione, soprattutto se ci si spinge, poi, a guardare oltre e a verificare la ricaduta, nella concretezza della vita pubblica e istituzionale del periodo successivo alla seconda guerra mondiale, di certe ‘inattualità resistenti’ derivanti da principi teorici espressi nei ‘manifesti’ d’avanguardia. Un radicato pragmatismo culturalmente alimentato in Olanda da un’importante tradizione, dunque, ha aperto la strada delle neo-avanguardie degli anni Sessanta e Settanta d’orientamento astratto-geometrico verso la ricerca di un più stretto contatto sia con lo Stato e le istituzioni che con il settore dell’imprenditoria privata, per intraprendere una sperimentazione precoce di un’arte non tanto paga della sua collocazione pubblica quanto orientata ad interpretare e dare risposte ad esigenze pubbliche. In questo senso, aver scelto un osservatorio parziale, come la storia che riguarda un filone dell’arte olandese del ventesimo secolo, ha permesso di reinterrogare un topos della storiografia, quale quello della tensione utopica dell’avanguardia neoplastica, rimettendone in discussione la presunta astrattezza anche alla luce della ripresa/continuità dei suoi fondamenti nel ventennio successivo alla seconda guerra mondiale. Ma ha indotto anche ad indagare, fino ai giorni nostri, il ruolo dell’arte per la qualità e l’identità dell’ambiente costruito (strade, piazze, luoghi di transito ma anche municipi, scuole, case ed uffici) dove si sia riconosciuto un coinvolgimento qualificato degli artisti nella costruzione e definizione dell’ambiente le cui modalità sono oggi al centro di ampie discussioni in relazione alle nuove dimensioni dell’arte pubblica urbana.
2013
978-88-97083-78-8
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