L’Unione europea si accinge a varare, dopo oltre quindici anni di progetti e dibattiti, il regolamento per l’istituzione dell’ufficio del Pubblico Ministero Europeo (EPPO), organismo chiamato ad effettuare le indagini e ad esercitare l’azione penale in relazione ai reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione. Il saggio mira ad evidenziare come il progetto di regolamento adottato a fine 2016 - e destinato con ogni probabilità ad aprire la strada a una cooperazione rafforzata tra un nucleo ristretto di Stati membri - nel concentrarsi esclusivamente sulle componenti istituzionali e processuali, sia scarsamente attento ai profili di armonizzazione del diritto penale sostanziale. Che il legislatore europeo abbia sostanzialmente rinunciato a intervenire su questa componente centrale del sistema - se non nell’ottica indiretta del riavvicinamento - non solo tradisce un approccio eminentemente funzionalistico e simbolico nel ricorso al diritto penale ma, da un punto di vista tecnico, lascia irrisolti alcuni nodi di grande spessore che potranno anche incidere sulla concreta operatività dell’ufficio. Si segnalano, così, taluni profili problematici che derivano da tale opzione politico-criminale: in particolare, le fattispecie penali, mediante il rinvio alla (prevista) direttiva in materia, risulteranno oggetto di riavvicinamento, con rilevanti discrasie su scala comparata per quanto riguarda gli elementi costitutivi dei reati e le relative cornici edittali. Ulteriori difficoltà derivano dall’estensione della competenza ratione materiae dell’EPPO a fattispecie “inestricabilmente connesse” a quelle in materia di protezione degli interessi finanziari e ai reati associativi, nonché dai rapporti non chiariti tra parte speciale, parzialmente armonizzata, e taluni istituti di parte generale, la cui disciplina resta integralmente appannaggio delle legislazioni nazionali.

Il P. M. europeo e le questioni aperte di diritto penale sostanziale

MANACORDA, Stefano
2017

Abstract

L’Unione europea si accinge a varare, dopo oltre quindici anni di progetti e dibattiti, il regolamento per l’istituzione dell’ufficio del Pubblico Ministero Europeo (EPPO), organismo chiamato ad effettuare le indagini e ad esercitare l’azione penale in relazione ai reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione. Il saggio mira ad evidenziare come il progetto di regolamento adottato a fine 2016 - e destinato con ogni probabilità ad aprire la strada a una cooperazione rafforzata tra un nucleo ristretto di Stati membri - nel concentrarsi esclusivamente sulle componenti istituzionali e processuali, sia scarsamente attento ai profili di armonizzazione del diritto penale sostanziale. Che il legislatore europeo abbia sostanzialmente rinunciato a intervenire su questa componente centrale del sistema - se non nell’ottica indiretta del riavvicinamento - non solo tradisce un approccio eminentemente funzionalistico e simbolico nel ricorso al diritto penale ma, da un punto di vista tecnico, lascia irrisolti alcuni nodi di grande spessore che potranno anche incidere sulla concreta operatività dell’ufficio. Si segnalano, così, taluni profili problematici che derivano da tale opzione politico-criminale: in particolare, le fattispecie penali, mediante il rinvio alla (prevista) direttiva in materia, risulteranno oggetto di riavvicinamento, con rilevanti discrasie su scala comparata per quanto riguarda gli elementi costitutivi dei reati e le relative cornici edittali. Ulteriori difficoltà derivano dall’estensione della competenza ratione materiae dell’EPPO a fattispecie “inestricabilmente connesse” a quelle in materia di protezione degli interessi finanziari e ai reati associativi, nonché dai rapporti non chiariti tra parte speciale, parzialmente armonizzata, e taluni istituti di parte generale, la cui disciplina resta integralmente appannaggio delle legislazioni nazionali.
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