Con la legge n.142/1990 sono state introdotte molteplici disposizioni riguardanti l’assetto ed il funzionamento degli enti locali. In particolare vi è stato un riconoscimento ai Comuni di poter esercitare una potestà normativa anche tributaria sottratta al potere legislativo del Parlamento, concretizzatasi nell’adozione di un proprio statuto volto a disciplinare aspetti organizzativi dell’ente locale,che ha portato alla necessità dell’analisi dello statuto partendo dagli inizi degli anni novanta. Si discuteva se lo statuto fosse una norma in grado di contenere quelle disposizioni generiche di ordine comportamentale in grado di sviluppare il contenuto dello statuto stesso ed il dibattito sull’effettiva efficacia della norma statutaria. La problematica ha assunto rilevanza in relazione alla rappresentanza processuale dei Comuni, strettamente legata al potere statutario degli enti locali ed alla loro efficacia derogatoria. La questione è stata sempre controversa e cospicua è la giurisprudenza esistente prima della sostanziale modifica dell’art. 11 comma III del Dec. lgs., 546/1992 operata con l’art. 3 bis della Legge n. 88 del 31.5.2005. Infatti, la legittimazione processuale dell’ente locale, secondo il precedente testo di tale ultima norma, era attribuita all’“organo di rappresentanza previsto dal proprio ordinamento” e non risultava agevole l’interpretazione delle norme generali contenute nel Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali. Tale situazione ha determinato orientamenti contrastanti da parte della giurisprudenza della Corte di Cassazione che attribuivano minore o maggiore discrezionalità attraverso l’esercizio del potere statutario ai Comuni .

I limiti costituzionali del potere statutario dei comuni in materia tributaria

AMATUCCI, Fabrizio
2006

Abstract

Con la legge n.142/1990 sono state introdotte molteplici disposizioni riguardanti l’assetto ed il funzionamento degli enti locali. In particolare vi è stato un riconoscimento ai Comuni di poter esercitare una potestà normativa anche tributaria sottratta al potere legislativo del Parlamento, concretizzatasi nell’adozione di un proprio statuto volto a disciplinare aspetti organizzativi dell’ente locale,che ha portato alla necessità dell’analisi dello statuto partendo dagli inizi degli anni novanta. Si discuteva se lo statuto fosse una norma in grado di contenere quelle disposizioni generiche di ordine comportamentale in grado di sviluppare il contenuto dello statuto stesso ed il dibattito sull’effettiva efficacia della norma statutaria. La problematica ha assunto rilevanza in relazione alla rappresentanza processuale dei Comuni, strettamente legata al potere statutario degli enti locali ed alla loro efficacia derogatoria. La questione è stata sempre controversa e cospicua è la giurisprudenza esistente prima della sostanziale modifica dell’art. 11 comma III del Dec. lgs., 546/1992 operata con l’art. 3 bis della Legge n. 88 del 31.5.2005. Infatti, la legittimazione processuale dell’ente locale, secondo il precedente testo di tale ultima norma, era attribuita all’“organo di rappresentanza previsto dal proprio ordinamento” e non risultava agevole l’interpretazione delle norme generali contenute nel Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali. Tale situazione ha determinato orientamenti contrastanti da parte della giurisprudenza della Corte di Cassazione che attribuivano minore o maggiore discrezionalità attraverso l’esercizio del potere statutario ai Comuni .
2006
Amatucci, Fabrizio
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