La terapia genica e’ stata recentemente applicata in pazienti affetti da Amaurosi Congenita di Leber, una distrofia retinica ereditaria che porta alla cecità, in tre trials clinici indipendenti. Nel trial condotto in collaborazione con il Children Hospital di Philadelphia, abbiamo dimostrato che la somministrazione sottoretinica di vettori virali adeno-associati (AAV) veicolanti la copia corretta del gene RPE65 in pazienti con Amaurosi Congenita di Leber dovuta a mutazioni di tale gene, risultava sicura ed efficace ad 1 mese dal trattamento. In questo studio riportiamo i risultati della terapia a 13.5 mesi dall’iniezione, che confermano sicurezza ed efficacia nella corte dei primi tre pazienti che hanno ricevuto la dose più bassa del farmaco (1.5E10 v.g.). Non si è rilevato alcun effetto collaterale alla terapia dal punto di vista immunologico, sistemico ed oculare, eccetto che per la presenza di un foro maculare in uno dei tre pazienti trattati che, comunque, non ha impedito di ottenere un significativo miglioramento. Il miglioramento della funzione visiva, valutata attraverso test oggettivi e soggettivi, come pupillometria, esame del nistagmo, acuità visiva, campo visivo e test di mobilità, già dimostrato dopo il primo mese dall’iniezione, risulta ancora evidente a 13,5 mesi. Tale risultato suggerisce che la terapia genica, in pazienti con Amaurosi congenita di Leber, consente di ristabilire l’attività del gene RPE65, riattivando il ciclo visivo. Inoltre, la stabilità del miglioramento della funzione visiva indica l’avvenuta replicazione del gene RPE65 con una conseguente inibizione della progressione della malattia. La persistenza a lungo termine del miglioramento visivo nei tre pazienti trattati, dimostra, in conclusione, che il trasferimento genico mediato da un AAV nella retina umana, non determina alcuna risposta immunologica, dimostrando, quindi, che l’occhio è un sito ideale per la terapia genica tramite AAV.

Sicurezza ed efficacia della terapia genica nell'Amaurosi Congenita di Leber: un anno di followup.

TESTA, Francesco;ROSSI, Settimio;BANFI, Sandro;DI IORIO V;
2009

Abstract

La terapia genica e’ stata recentemente applicata in pazienti affetti da Amaurosi Congenita di Leber, una distrofia retinica ereditaria che porta alla cecità, in tre trials clinici indipendenti. Nel trial condotto in collaborazione con il Children Hospital di Philadelphia, abbiamo dimostrato che la somministrazione sottoretinica di vettori virali adeno-associati (AAV) veicolanti la copia corretta del gene RPE65 in pazienti con Amaurosi Congenita di Leber dovuta a mutazioni di tale gene, risultava sicura ed efficace ad 1 mese dal trattamento. In questo studio riportiamo i risultati della terapia a 13.5 mesi dall’iniezione, che confermano sicurezza ed efficacia nella corte dei primi tre pazienti che hanno ricevuto la dose più bassa del farmaco (1.5E10 v.g.). Non si è rilevato alcun effetto collaterale alla terapia dal punto di vista immunologico, sistemico ed oculare, eccetto che per la presenza di un foro maculare in uno dei tre pazienti trattati che, comunque, non ha impedito di ottenere un significativo miglioramento. Il miglioramento della funzione visiva, valutata attraverso test oggettivi e soggettivi, come pupillometria, esame del nistagmo, acuità visiva, campo visivo e test di mobilità, già dimostrato dopo il primo mese dall’iniezione, risulta ancora evidente a 13,5 mesi. Tale risultato suggerisce che la terapia genica, in pazienti con Amaurosi congenita di Leber, consente di ristabilire l’attività del gene RPE65, riattivando il ciclo visivo. Inoltre, la stabilità del miglioramento della funzione visiva indica l’avvenuta replicazione del gene RPE65 con una conseguente inibizione della progressione della malattia. La persistenza a lungo termine del miglioramento visivo nei tre pazienti trattati, dimostra, in conclusione, che il trasferimento genico mediato da un AAV nella retina umana, non determina alcuna risposta immunologica, dimostrando, quindi, che l’occhio è un sito ideale per la terapia genica tramite AAV.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/209295
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