La vita contemporanea è caratterizzata dalla ricerca – verrebbe di dire: spasmodica – di legalità. La società odierna impone a ciascuno di impegnarsi per essa, essendo largamente diffuso (e presente in ogni riflessione d’ordine sociale e politico) il relativo bisogno. La legalità, oltre ad essere principio che informa i comportamenti dei cittadini, può ben dirsi la coordinata fondamentale ed imprescindibile cui deve essere improntata l’azione della Pubblica Amministrazione, insieme a quelle prescritte dall’art. 97 Cost. di imparzialità ed efficienza. Invero, di legalità si sente parlare molto, forse troppo, peraltro spesso in maniera impropria, da ciò nascendo l’esigenza di chiarire preliminarmente la nozione di legalità, nel suo significato attuale. Proprio perciò il lavoro è diviso in due parti: nella prima, viene offerta, appunto, una chiarificazione definitoria del principio di legalità, spiegando cioè cosa oggi si intende per legalità nello Stato di diritto democratico, e in particolare in quello italiano (che si caratterizza per essere ad un tempo, sociale, per un verso, e pluralistico/autonomistico, per un altro), e come, secondo la Costituzione, la legalità va coniugata con l’efficienza; nella seconda, il principio di legalità viene ‘calato’ nell’ambito dei beni culturali, illustrandone l’attuale quadro di riferimento normativo (costituzionale e legislativo). Nella prima parte, l’A. – nel riferire che il principio di legalità nasce storicamente per rispondere a due grandi istanze: quella democratica e quella garantistica –, spiega che ‘dentro’ di esso deve oggi comprendersi, non solo la legge formale, ma l’intero sistema delle fonti del diritto, così dando brevemente conto del rapporto che v’è, nella Repubblica italiana, fra la sovranità nazionale e le autonomie territoriali locali. Una volta chiarito che il principio di legalità, in via generale, sta ad indicare il primato dell’insieme delle fonti del diritto nella regolazione della convivenza, nella seconda parte, l’A. lo ‘cala’ all’ambito dei beni culturali, ricostruendo, in sintesi, il complesso quadro di riferimento normativo, sia costituzionale sia legislativo, che disciplina il settore. Egli, analizzando il ‘modello’ costituzionale prescritto per l’arte e la cultura, ricorda che la Carta, da un lato, stabilisce il fondamento dell’intervento pubblico in questo campo (art. 9), e, dall’altro, riconosce la libertà della cultura, e più precisamente dell’arte e della scienza (art. 33), come aspetti peculiari della libertà di manifestazione del pensiero (art. 21). Di seguito, Egli chiarisce a chi spetti nell’ordinamento italiano la titolarità dell’intervento pubblico in campo culturale: l’art. 9 Cost. affida alla ‘Repubblica’ il compito di promozione della cultura e di tutela del patrimonio culturale, e, stando agli artt. 5 e 114 Cost., la Repubblica coincide con l’insieme complesso delle articolazioni territoriali della sovranità popolare, e cioè con lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni. Infine, analizza brevemente il paradigma legislativo di riferimento in materia di beni culturali, il «Codice dei beni culturali e del paesaggio», il quale ha trovato la sua ragion d’essere nella necessità di adeguare la normativa in materia di beni culturali vigente alla data di entrata in vigore della L. cost. 3/2001 (il D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, contenente il «Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali») ai nuovi artt. 117 e 118 Cost., ed al riformato riparto, che la novella aveva disegnato, della potestà legislativa ed amministrativa nella materia de qua. L’A. conclude proponendo alcune considerazioni – solo a prima vista eccentriche rispetto al tema affrontato – sull’etica della P.A., che, nella prospettiva politico-culturale delle democrazie occidentali, è quella immanente nel vigente ordinamento giuridico positivo, e dunque coincide, e non può non coincidere, con il modello di legalità in esso codificato.

La legalità e i beni culturali

CLEMENTE DI SAN LUCA, Guido
2010

Abstract

La vita contemporanea è caratterizzata dalla ricerca – verrebbe di dire: spasmodica – di legalità. La società odierna impone a ciascuno di impegnarsi per essa, essendo largamente diffuso (e presente in ogni riflessione d’ordine sociale e politico) il relativo bisogno. La legalità, oltre ad essere principio che informa i comportamenti dei cittadini, può ben dirsi la coordinata fondamentale ed imprescindibile cui deve essere improntata l’azione della Pubblica Amministrazione, insieme a quelle prescritte dall’art. 97 Cost. di imparzialità ed efficienza. Invero, di legalità si sente parlare molto, forse troppo, peraltro spesso in maniera impropria, da ciò nascendo l’esigenza di chiarire preliminarmente la nozione di legalità, nel suo significato attuale. Proprio perciò il lavoro è diviso in due parti: nella prima, viene offerta, appunto, una chiarificazione definitoria del principio di legalità, spiegando cioè cosa oggi si intende per legalità nello Stato di diritto democratico, e in particolare in quello italiano (che si caratterizza per essere ad un tempo, sociale, per un verso, e pluralistico/autonomistico, per un altro), e come, secondo la Costituzione, la legalità va coniugata con l’efficienza; nella seconda, il principio di legalità viene ‘calato’ nell’ambito dei beni culturali, illustrandone l’attuale quadro di riferimento normativo (costituzionale e legislativo). Nella prima parte, l’A. – nel riferire che il principio di legalità nasce storicamente per rispondere a due grandi istanze: quella democratica e quella garantistica –, spiega che ‘dentro’ di esso deve oggi comprendersi, non solo la legge formale, ma l’intero sistema delle fonti del diritto, così dando brevemente conto del rapporto che v’è, nella Repubblica italiana, fra la sovranità nazionale e le autonomie territoriali locali. Una volta chiarito che il principio di legalità, in via generale, sta ad indicare il primato dell’insieme delle fonti del diritto nella regolazione della convivenza, nella seconda parte, l’A. lo ‘cala’ all’ambito dei beni culturali, ricostruendo, in sintesi, il complesso quadro di riferimento normativo, sia costituzionale sia legislativo, che disciplina il settore. Egli, analizzando il ‘modello’ costituzionale prescritto per l’arte e la cultura, ricorda che la Carta, da un lato, stabilisce il fondamento dell’intervento pubblico in questo campo (art. 9), e, dall’altro, riconosce la libertà della cultura, e più precisamente dell’arte e della scienza (art. 33), come aspetti peculiari della libertà di manifestazione del pensiero (art. 21). Di seguito, Egli chiarisce a chi spetti nell’ordinamento italiano la titolarità dell’intervento pubblico in campo culturale: l’art. 9 Cost. affida alla ‘Repubblica’ il compito di promozione della cultura e di tutela del patrimonio culturale, e, stando agli artt. 5 e 114 Cost., la Repubblica coincide con l’insieme complesso delle articolazioni territoriali della sovranità popolare, e cioè con lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni. Infine, analizza brevemente il paradigma legislativo di riferimento in materia di beni culturali, il «Codice dei beni culturali e del paesaggio», il quale ha trovato la sua ragion d’essere nella necessità di adeguare la normativa in materia di beni culturali vigente alla data di entrata in vigore della L. cost. 3/2001 (il D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, contenente il «Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali») ai nuovi artt. 117 e 118 Cost., ed al riformato riparto, che la novella aveva disegnato, della potestà legislativa ed amministrativa nella materia de qua. L’A. conclude proponendo alcune considerazioni – solo a prima vista eccentriche rispetto al tema affrontato – sull’etica della P.A., che, nella prospettiva politico-culturale delle democrazie occidentali, è quella immanente nel vigente ordinamento giuridico positivo, e dunque coincide, e non può non coincidere, con il modello di legalità in esso codificato.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/204494
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