L’introduzione della tutela cautelare nel rito tributario dopo essere stata salutata come uno dei punti di forza della riforma, ha suscitato più di una perplessità nella sua applicazione pratica. Infatti, non v’è dubbio che la tutela per il contribuente risulta sicuramente allargata e maggiormente garantita solo sotto l’aspetto dell’organo decidente, la Commissione Tributaria Provinciale, neutrale e indipendente, rispetto alla Direzione Regionale delle Entrate, incardinata gerarchicamente nella struttura dell’Amministrazione finanziaria. Ma, sotto altro aspetto, si determina in concreto una riduzione della possibilità della tutela giurisdizionale, in quanto con la vigenza della normativa abrogata il potere della concessione della sospensione non era sottoposto a particolari vincoli, incontrando l’unico limite nella ragionevolezza e nella documentabilità della richiesta, a fronte dei requisiti tassativi previsti nella formulazione dell’art.47 del D.Lgs. n. 546/92 ed in particolare la sussistenza del danno grave e irreparabile, la cui dimostrazione in concreto risulta quasi sempre estremamente difficoltosa se non addirittura proibitiva. Troppo spesso, infatti, si rivela ostacolo insormontabile per il contribuente la necessità di offrire valida prova documentale del pregiudizio irreparabile, derivante dal pagamento di somme di denaro atteso che l’obbligazione di natura monetaria, infatti, anche nel procedimento cautelare civilistico, non rientra fra quelle che normalmente comportano un danno grave ed irreparabile. Occorre, quindi, di fatto l’esistenza di un’istanza di fallimento, l’esistenza di procedure esecutive, un venir meno di alimenti o altro danno grave ed irreparabile tale da comportare un vero e proprio “disastro”. Non assume alcuna rilevanza giuridica nel procedimento, l’id quod plerumque accidit e cioè che il contribuente possa rischiare il dissesto per pagare un debito tributario non dovuto ed ottenga poi la restituzione dopo anni dall’esito favorevole del ricorso. La previsione della sospensione, pertanto, così come congegnata, rischia di rivelarsi un rimedio meramente ipotetico e residuale che non consente al contribuente alcuna efficacia tutela cautelare. Alla luce delle non trascurabili criticità appena evidenziate che rischiano, almeno in parte, di vanificare la sicura portata innovativa dell‘istituto, la finalità del presente lavoro è appunto quella di evidenziare le peculiarità della fase cautelare del processo tributario, per analizzarne il contenuto e verificarne la legittimità in relazione ai principi generali del sistema processuale e procedimentale vigente.

La Sospensione Cautelare nel Giudizio Tributario

DAL NEGRO, Giovanni Maria
2011

Abstract

L’introduzione della tutela cautelare nel rito tributario dopo essere stata salutata come uno dei punti di forza della riforma, ha suscitato più di una perplessità nella sua applicazione pratica. Infatti, non v’è dubbio che la tutela per il contribuente risulta sicuramente allargata e maggiormente garantita solo sotto l’aspetto dell’organo decidente, la Commissione Tributaria Provinciale, neutrale e indipendente, rispetto alla Direzione Regionale delle Entrate, incardinata gerarchicamente nella struttura dell’Amministrazione finanziaria. Ma, sotto altro aspetto, si determina in concreto una riduzione della possibilità della tutela giurisdizionale, in quanto con la vigenza della normativa abrogata il potere della concessione della sospensione non era sottoposto a particolari vincoli, incontrando l’unico limite nella ragionevolezza e nella documentabilità della richiesta, a fronte dei requisiti tassativi previsti nella formulazione dell’art.47 del D.Lgs. n. 546/92 ed in particolare la sussistenza del danno grave e irreparabile, la cui dimostrazione in concreto risulta quasi sempre estremamente difficoltosa se non addirittura proibitiva. Troppo spesso, infatti, si rivela ostacolo insormontabile per il contribuente la necessità di offrire valida prova documentale del pregiudizio irreparabile, derivante dal pagamento di somme di denaro atteso che l’obbligazione di natura monetaria, infatti, anche nel procedimento cautelare civilistico, non rientra fra quelle che normalmente comportano un danno grave ed irreparabile. Occorre, quindi, di fatto l’esistenza di un’istanza di fallimento, l’esistenza di procedure esecutive, un venir meno di alimenti o altro danno grave ed irreparabile tale da comportare un vero e proprio “disastro”. Non assume alcuna rilevanza giuridica nel procedimento, l’id quod plerumque accidit e cioè che il contribuente possa rischiare il dissesto per pagare un debito tributario non dovuto ed ottenga poi la restituzione dopo anni dall’esito favorevole del ricorso. La previsione della sospensione, pertanto, così come congegnata, rischia di rivelarsi un rimedio meramente ipotetico e residuale che non consente al contribuente alcuna efficacia tutela cautelare. Alla luce delle non trascurabili criticità appena evidenziate che rischiano, almeno in parte, di vanificare la sicura portata innovativa dell‘istituto, la finalità del presente lavoro è appunto quella di evidenziare le peculiarità della fase cautelare del processo tributario, per analizzarne il contenuto e verificarne la legittimità in relazione ai principi generali del sistema processuale e procedimentale vigente.
2011
9788889677827
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/160673
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