La terminologia adottata dal Codice dei beni culturali rappresenta un’istanza di sintesi di nomenclature diversificate ed esprime anche una spinta concettuale alla considerazione il più possibile coordinata, se non effettivamente unitaria, della materia. Il riferimento al valore culturale segna, in ogni caso, l’abbandono della concezione estetizzante della «cosa d’arte», che è alla base della legge n. 1089 del 1939, e l’assunzione di un concezione storica ed antropologica. In questa prospettiva, ai beni culturali, a prescindere dalla natura del soggetto a cui appartengono, si appuntano una molteplicità di interessi e, di conseguenza, nei loro confronti, si pone l’esigenza di offrire un’adeguata tutela. In particolare, dalla combinazione degli strumenti di protezione degli interessi coinvolti, discende la peculiare ontologia giuridica dei beni culturali: all’interesse individuale fa riscontro un interesse collettivo, universale, talché il diritto soggettivo viene pervaso da tale peculiarità. I beni culturali, in questo senso, sono caratterizzati da un’evidente complessità che è immanente alla personalità dei soggetti i quali aspirano al godimento della cultura. Sul piano giuridico, dunque, il bene culturale acquista uno status peculiare, rispetto al quale il profilo dell’appartenenza ha solo carattere relativo e variabile. Così, si apre la strada alla nozione di bene comune che, sviluppatasi, inizialmente, nel diritto internazionale, trova oggi, nel nostro ordinamento, ragioni concrete di recepimento e di elaborazione. Tale categoria evoca uno statuto normativo, trasversale alla proprietà pubblica e a quella privata, rintracciabile, in via interpretativa, anche nella vigente disciplina delle risorse idriche oltre che in quella dei beni culturali e ambientali. Di conseguenza, la proprietà culturale andrebbe considerata un tertium genus di proprietà, né pubblica né privata, modellata sul regime del demanio, con la conseguenza che i beni non sarebbero solo dei mezzi dell’attività dell’amministrazione, ma costituirebbero gli oggetti destinati alla fruizione generale della collettività, funzionali alla formazione e all’arricchimento della personalità umana, come sancito dalla Costituzione.

La proprietà dei beni artistici

RUGGIERO, Domenico Giovanni
2012

Abstract

La terminologia adottata dal Codice dei beni culturali rappresenta un’istanza di sintesi di nomenclature diversificate ed esprime anche una spinta concettuale alla considerazione il più possibile coordinata, se non effettivamente unitaria, della materia. Il riferimento al valore culturale segna, in ogni caso, l’abbandono della concezione estetizzante della «cosa d’arte», che è alla base della legge n. 1089 del 1939, e l’assunzione di un concezione storica ed antropologica. In questa prospettiva, ai beni culturali, a prescindere dalla natura del soggetto a cui appartengono, si appuntano una molteplicità di interessi e, di conseguenza, nei loro confronti, si pone l’esigenza di offrire un’adeguata tutela. In particolare, dalla combinazione degli strumenti di protezione degli interessi coinvolti, discende la peculiare ontologia giuridica dei beni culturali: all’interesse individuale fa riscontro un interesse collettivo, universale, talché il diritto soggettivo viene pervaso da tale peculiarità. I beni culturali, in questo senso, sono caratterizzati da un’evidente complessità che è immanente alla personalità dei soggetti i quali aspirano al godimento della cultura. Sul piano giuridico, dunque, il bene culturale acquista uno status peculiare, rispetto al quale il profilo dell’appartenenza ha solo carattere relativo e variabile. Così, si apre la strada alla nozione di bene comune che, sviluppatasi, inizialmente, nel diritto internazionale, trova oggi, nel nostro ordinamento, ragioni concrete di recepimento e di elaborazione. Tale categoria evoca uno statuto normativo, trasversale alla proprietà pubblica e a quella privata, rintracciabile, in via interpretativa, anche nella vigente disciplina delle risorse idriche oltre che in quella dei beni culturali e ambientali. Di conseguenza, la proprietà culturale andrebbe considerata un tertium genus di proprietà, né pubblica né privata, modellata sul regime del demanio, con la conseguenza che i beni non sarebbero solo dei mezzi dell’attività dell’amministrazione, ma costituirebbero gli oggetti destinati alla fruizione generale della collettività, funzionali alla formazione e all’arricchimento della personalità umana, come sancito dalla Costituzione.
2012
978-88-495-2422-2
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11591/160466
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